I “commandos Dibba” che spaccano il M5s

Francesco Maria Del Vigo

I Cinque Stelle sono sull’orlo dell’implosione. Una supernova che qualcuno festeggerà a champagne. Se avevamo dei dubbi, il sigillo di certificazione in ceralacca lo ha apposto il redivivo Alessandro Di Battista.

Alla fine, l’eroe dei due mondi, ha capito che con il suo peregrinare per le Americhe è rimasto fuori dal mondo. Almeno dal mondo pentastellato. Mentre lui era in movimento il Movimento si allontanava da lui. Meglio starsene in Italia e seminare un po’ di zizzania anziché giocare a fare l’hippie fuori tempo massimo con un nuovo viaggio in India. Il ritorno di Di Battista sulla scena politica, dopo mesi di silenzio, è un ritorno agrodolce. Che sa di rabbia e insoddisfazione, un ritorno più per risentimento che per sentimento. È un po’ come quello che parte per un lungo viaggio e quando torna trova la sua fidanzata tra le braccia di un altro. Lo ammette candidamente, d’altronde, che l’immagine dei suoi amici che firmano da ministri mentre lui è appena sbarcato per il suo erasmus equo e solidale, lo ha fatto «rosicare per un mese e mezzo». E ci auguriamo che Grillo gli abbia spedito l’ormai mitologico Maalox. Ce lo immaginiamo, il Dibba, a girare le periferie del mondo in Birkenstock ma con l’occhio fisso allo smartphone, per vedere quello che combinano i suoi in Italia. E rosicare. Salvo poi magnificare, nei suoi imperdibili reportage, la superiorità delle tribù del Guatemala e le miserie del sistema capitalistico.

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