Torino, busta esplosiva alla sindaca Appendino

massimiliano peggio, andrea rossi torino

Quattordici grammi di polvere pirica. Una lampadina rotta come detonatore. Fili e una batteria. La busta esplosiva a strappo era indirizzata «all’ufficio della sindaca, piazza Palazzo di Città 1». Mittente: «la scuola Diaz». È la risposta dell’ala anarchica allo sgombero di un centro sociale dello scorso 7 febbraio, e alle tensioni successive, con cortei e proteste. Così Chiara Appendino è finita nel mirino.

Il plico, recapitato durante il Consiglio comunale, è stato messo in sicurezza, in una stanza del Comune dove non poteva provocare danni anche in caso di esplosione. Sono arrivati gli artificieri della polizia e gli investigatori della Digos.

In quel momento la sindaca era in ufficio, a pochi passi dall’aula dove l’attendevano per rispondere a due richieste di comunicazioni presentate dalle opposizioni. Molto scossa, non se l’è sentita di presentarsi in Sala Rossa. Si è affacciata invece alla conferenza dei capigruppo, dove si discuteva sul da farsi: tra chi riteneva che la seduta dovesse continuare per dare un segnale di fermezza e coesione, mostrando che Torino non cede alle intimidazioni, e chi sosteneva che fosse il caso di fermarsi. Ha prevalso la seconda tesi, il Consiglio comunale è stato rimandato. Appendino è tornata in ufficio dove ha ricevuto la visita del questore Francesco Messina. «Se qualcuno pensa di intimidirmi, si sbaglia di grosso. Avanti, più determinata di prima», ha poi scritto sui social.

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