Rai: 43 dirigenti incassano lo stesso stipendio dell’amministratore delegato

di Milena Gabanelli

Non sono riuscita a trovare, in nessuna parte del mondo, un amministratore delegato di una società in regime di competizione che percepisca lo stesso stipendio di un dirigente suo sottoposto. Venendo meno il principio dell’equità e della motivazione, manderebbe l’azienda fuori mercato. In Italia questo avviene. La storia inizia con una buona legge, quella che ha mosso i primi passi nel 2011, mettendo un tetto ai dirigenti della Pubblica Amministrazione. Il decreto, che alla fine coinvolge Ministeri, Enti Pubblici e Autorità indipendenti, entra in vigore il primo maggio 2014: il più alto in carica non deve superare i 240.000 euro lordi l’anno. Carlo Cottarelli, però, sa che il grosso del problema è più nascosto e propone la necessità di adeguare verso il basso gli stipendi delle fasce sotto le figure apicali, ma la ragioneria dello Stato ha stimato che avrebbe coinvolto circa 50.000 dirigenti (46.051 per la precisione). Matteo Renzi ha preferito fermarsi lì e rimandare ad un secondo decreto l’eliminazione delle sacche di privilegi. Intanto la retribuzione media delle nostre figure apicali è scesa da 339.000 a 212.000 euro lordi; nonostante la sforbiciata, però, siamo ancora ben al di sopra della media dei Paesi sviluppati che aderiscono all’Ocse, fissata, secondo la rilevazione che va dal 2011 al 2015, in 132.315 euro lordi. A conti fatti, quanto si è risparmiato? La Ragioneria un dato certo non ce l’ha; si parla di una «stima» complessiva di 30 milioni di euro l’anno.

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