La fantasiosa dottrina Fico

di ENRICO CISNETTO

All’inizio ci fu Adam Smith con la sua ‘Ricchezza delle Nazioni’. Poi arrivò John Maynard Keynes, quindi il Premio Nobel del 1971, Simon Kuznet. Il primo abbozzò il concetto di prodotto interno lordo, il secondo ci ha spiegato come farlo crescere, il terzo sviluppò il concetto, che tutto il mondo ha fatto proprio, di pil come misuratore della crescita. Oggi c’è Roberto Fico, a cui questo concetto appare astruso, e quindi sbagliato. “Grave errore considerare il pil come unico parametro del benessere”, dice il presidente della Camera. E fin qui si può anche convenire, basta aggiungere che è certamente il più importante. Invece, il novello economista aggiunge che “la prosperità dipende soprattutto dalla qualità della vita dei cittadini”, a sua volta “assicurata da attività e servizi non di mercato”.

E qui noi, poveretti abituati a far di conto, ci arrendiamo. Forse il sommo Fico pensa che dopo 243 anni dalla prima pubblicazione del tomo di Smith qualche concetto debba essere aggiornato. Ma sarebbe come dire agli studenti di Giurisprudenza di saltare l’esame di Istituzioni di Diritto Romano perché indica principi normativi vecchi di duemila anni. Non gli viene in mente che se a tutte le latitudini il pil nazionale e quello pro capite sono considerati da secoli lo strumento più efficace per misurare le condizioni di vita di paesi e persone, forse qualche ragione ci sarà? No, il neo-economista pentastellato vuole “indicatori più adeguati” per misurare “l’insicurezza delle persone”.

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