Il governo italiano si schiera con la Cina, gli Stati Uniti fanno sentire il dissenso


L’adesione italiana alla Via della seta è in discussione da tempo, ma con il governo gialloverde ha vissuto una decisa accelerazione. Durante la sua visita in Cina a ottobre, il vice premier Luigi Di Maio ha detto di voler chiudere a breve, invitando Xi Jinping a firmare in Sicilia. Il viaggio del presidente cinese, il primo in Italia, non è ancora ufficialmente confermato, ma pare quasi sicuro: il 22 marzo Xi dovrebbe arrivare a Roma, vedere Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, per poi spostarsi in Sicilia per un giorno di visita privata, prima di ripartire verso la Francia e quindi negli Stati Uniti, atteso da un decisivo incontro con Donald Trump. Il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci ha detto che le trattative per la firma sono ancora in corso: l’Italia sarebbe il primo Paese del G7 e il primo membro fondatore dell’Europa ad aderire al grande piano cinese. Finora hanno firmato quasi 70 Paesi nel mondo, ma in Europa solo governi della “periferia”, come Ungheria e Grecia.



Per questo, oltre agli Stati Uniti, anche diverse cancellerie europee e la Commissione sembrano guardare con preoccupazione a un’eventuale adesione italiana. Lo steso Geraci dice che le precedenti alleanze dell’Italia non sono in discussione, che firmare il memorandum è un’occasione per intensificare gli scambi commerciali con Pechino e attirare i suoi investimenti, il porto di Trieste è un primo serio candidato. Ma in questo momento l’Europa, guidata da Francia e Germania, sta cercando di adottare una posizione più asseriva nei confronti di Bruxelles. Un nuovo meccanismo di screening comunitari sugli investimenti esteri, che guarda soprattutto a Pechino, è stato appena approvato. Con il governo precedente l’Italia era uno dei promotori, salvo cambiare opinione con quello attuale. Il 21 marzo poi, un giorno prima del previsto arrivo in Italia di Xi, si terrà un consiglio dei capi di Stato e di governo che avrà per la prima volta in agenda i rapporti con la Cina. L’Europa vuole provare a contrastare la politica del “divide et impera” di Pechino, che cerca di stringere rapporti economici privilegiati con i membri più deboli del blocco. Un campo in cui sembra volersi schierare anche l’Italia.

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