Così la Francia ha sempre respinto le imprese italiane, mentre cerca di colonizzare la Penisola

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La situazione, però, cambia radicalmente quando gli investimenti sono diretti ad assumere quote di controllo in società. Secondo un calcolo di Kpmg, tra il 2006 e il 2016, la Francia ha investito in acquisizioni di aziende italiane 101,5 miliardi di euro. Quasi il doppio di quanto investito dalle imprese tricolori: 52,5 miliardi. Solo tra il 2008 e il 2017 il contro arriva a 32 miliardi di euro per 214 acquisizioni da parte dei francesi. E così la Francia è fra i paesi più impegnati in Italia dove controlla oltre 1.900 imprese in cui lavorano 250 mila dipendenti. L’Italia, invece, è all’ottavo posto fra gli investitori stranieri nelle imprese francesi: uno squilibrio, si legge nello studio del ministero degli Esteri francese citato da Repubblica, che dipende dalle “specificità economiche strutturali di ogni paese“. Secondo l’analisi del Quai d’Orsay, in particolare, “l’Italia ha un settore manifatturiero più importante (16% del Pil contro l’11% in Francia) che sostiene il suo saldo commerciale”.

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Tuttavia a fare la differenza sono i rapporti di forza tra i due Paesi. Parigi tratta l’Italia, e le sue imprese, come una colonia e di conseguenza non accetta ingerenze nella propria politica industriale. Se è vero che gli investimenti francesi in Italia, dalla moda all’alimentare fino al settore bancario, sono positivi con il mantenimento lungo la penisola della forza lavoro e del know how; è altrettanto vero che le imprese italiane in terra di Francia hanno spesso trovato muri invalicabili.

La debacle di Berlusconi

Silvio Berlusconi – foto di Cristiano Minichiello / Agf

Il primo a bruciarsi oltralpe è stato Silvio Berlusconi con LaCinq, il primo canale televisivo privato in Francia che replicava il modello di Canale5. La rete fu lanciata nel 1986 con il sostegno del governo socialista di Laurent Fabius, ma l’avvicendamento al vertice dell’esecutivo con la nomina a premier di Jacques Chirac cambiò le carte in tavola: “Dopo 15 giorni dall’elezione presidenziale – ricorda Fedele Confalonieri – fece una legge con cui privatizzò il più importante canale francese, l’equivalente di Rai Uno, che poi fu in grado di farci una concorrenza fortissima”. La Francia si mosse compatta contro lo straniero e LaCinq chiuse i battenti nel 1992.

Il muro contro Enel

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Non è andata meglio a Enel la cui scalata Suez fu bloccata per volere del primo ministro Dominique de Villepin: per impeditore il take over italiano, Parigi diede il via libera al matrimonio da Suez e Gaz de France. Ironia della sorte, anni dopo, la società ha cambiato nome in Engie ed è il primo azionista privato di Acea, la municipalizzata romana. Più recentemente è fallito l’assalto di Andrea Bonomi a Club Med: il presidente Henry Giscard d’Estaing, figlio di Valery, sostenne la cordata cinese di Fosun.

Perrier addio

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Insomma, in terra di Francia, per un motivo o per l’altro l’Italia raccoglie poco soddisfazioni, nel 1992 la famiglia Agnelli era convinta di riuscire a issare il proprio vessillo sulle acque Perrier con un’Opa amichevole. L’operazione non andò a buon perché all’ultimo momento l’establishment francese si rivoltò contro l’Avvocato e la palla passò a Nestlè.

Cantieri senza pace

I cantieri navali di Sainte Nazaire. Foto di Jean-Sebastien Evrard/Afp/Getty Images

Persino l’acquisizione di Stx da parte di Fincantieri è ancora in stand by dall’Ue dopo essere messa in costante dubbio da parte del governo di Parigi che pretendeva di mantenere il controllo dei cantieri anche dopo l’investimento degli italiani. E’ andata a segno, invece, l’acquisizione di Essilor da parte di Luxottica, ma nonostante Del Vecchio sia il primo azionista del nuovo colosso dell’occhialeria; i francesi vanno ripetendo di essersi comprati il meglio dell’Italia.

BUSINESS INSIDER

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