Bankitalia: “Rischi da bassa crescita e alto debito”. Ecco il conto del caro-spread

MILANO – Crescono i rischi sui mercati finanziari mondiali e anche l’Italia recita la sua parte nell’incrinare le sicurezze degli investitori. Secondo il Rapporto di Bankitalia, i problemi per la stabilità finanziaria tricolore in via maggiore “derivano dalla bassa crescita e dall’alto debito pubblico”. Ma a questi fattori ormai ‘storicì per il Belpaese si aggiunge una contingenza che non aiuta: “L’incertezza sull’orientamento delle politiche economiche e di bilancio ha determinato forti rialzi dei rendimenti dei titoli pubblici. Le condizioni di liquidità del mercato secondario dei titoli di Stato sono più tese rispetto ai primi mesi dell’anno”, annotano dalla Banca centrale.

Via Nazionale riflette anche della legge di Bilancio per ricordare i dubbi circa le stime del governo, visto che la maggiore crescita rispetto al tendenziale di circa 0,6 punti percentuali, prevista per il 2019, “presuppone moltiplicatori di bilancio piuttosto elevati”. Inoltre, il caro-spread “rischia di vanificare l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio”. Già il rincaro dei tassi all’emissione dei titoli di Stato visto negli ultimi sei mesi “ha determinato un’espansione della spesa per interessi di quasi 1,5 miliardi rispetto a quella che si sarebbe avuta con i tassi che i mercati si aspettavano in aprile; costerebbe oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020 se i tassi dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati. L’effetto sulla crescita su crescita e debito/Pil “dipenderà dunque dalle misure specifiche e dal mantenimento della fiducia degli investitori”.

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Eppure ci sono stati negli ultimi mesi parecchi indicatori del fatto che quest’ultima sia suscettibile. A maggio, ricostruisce il documento, la liquidità del mercato secondario dei titoli di Stato si è fortemente ridotta e – anche se nei mesi più recenti gli scambi sono aumentati e la capacità del mercato di assorbire ordini di importo significati o è notevolmente migliorata – “le quantità quotate rimangono tuttavia inferiori a quelle del primo trimestre dell’anno”. I cds, ovvero le assicurazioni per proteggersi dal rischio di insolvenza del Belpaese, sono ai massimi da cinque anni. Infine, Bankitalia ricorda come siano state “ingenti” le vendite da parte degli investitori esteri dei titoli di Stato italiani, portando la quota degli esteri in giù di circa tre punti percentuali, al 24%, nel secondo trimestre: “la variazione negativa più alta dal secondo trimestre 2012”, poi proseguita nel terzo trimestre “sebbene a un ritmo più moderato”.

La Banca centrale non dimentica di ricordare che c’è un ‘cordonè protettivo composto di diversi fattori, che “attenuano le ripercussioni delle turbolenze finanziarie sull’economia”. Si citano: “L’indebitamento del settore privato è basso, l’avanzo commerciale è ampio e la posizione debitoria netta verso l’estero si è pressoché azzerata. L’elevata vita media residua del debito pubblico rallenta la trasmissione dell’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato al costo medio del debito”.

In ogni caso, viene dedicato un focus a spiegare cosa succede con il rialzo dello spread. Se gli incrementi dei rendimenti dei titoli di Stato saranno “elevati e persistenti”, le conseguenze saranno negative in serie. I rincari dei rendimenti “ostacolano il calo del rapporto debito/PIL, riducono il valore della ricchezza delle famiglie, frenano e rendono più oneroso il credito al settore privato, peggiorano le condizioni di liquidità e la patrimonializzazione di banche e assicurazioni”.

Sono queste ultime in particolare ad essere individuate come particolarmente a rischio, “in ragione degli investimenti necessari a coprire gli impegni presi con la clientela e dell’elevata quota di titoli di Stato in portafoglio. Gli indici di solvibilità delle compagnie sono in media ampiamente al di sopra dei minimi regolamentari, ma hanno registrato una consistente riduzione”. Le famiglie sono descritte come solide, “benché il calo delle quotazioni dei titoli abbia già determinato una contrazione del valore della loro ricchezza”. Anche le condizioni “patrimoniali delle imprese sono migliorate negli ultimi anni, anche se il rallentamento ciclico frena la crescita degli utili”.

A livello globale, come si diceva, il documento riconosce che “i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dall’evoluzione dell’economia mondiale sono in aumento”. In cima alla lista c’è la ormai lunga guerra dei dazi: “Il protrarsi dei contrasti commerciali può avere conseguenze negative sulla crescita e le delle condizioni finanziarie a livello globale sono divenute meno espansive”. Nel Vecchio continente si annota che le”banche sono solide”, ma su tutto aleggia “l’levata l’incertezza sull’esito dei negoziati per la Brexit”.

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