Quella politica dal balcone che porta sempre alla disfatta

Avete presente le adunate fasciste davanti a Palazzo Venezia, a Roma, quando Benito Mussolini arringava la folla? Ecco, c’entrano nulla con l’adunata grillina di giovedì notte sotto Palazzo Chigi.

A Luigi Di Maio sarebbe piaciuto tenere un comizio dal balcone davanti a un pubblico adorante ma il popolo non si è presentato ai festeggiamenti della manovra economica «del popolo», come l’ha definita Di Maio stesso. C’erano solo deputati e senatori del Movimento, ciascuno con una bandiera da sventolare. Non a caso, girano quasi esclusivamente immagini scattate dalla piazza verso il balcone, e non viceversa. Capita. Capita che le fotografie del ministro del Lavoro in estasi cozzino con la cronaca del giorno seguente. Spread in risalita, Borsa in calo, banche verso il profondo rosso. Chissà cosa avevano da esultare Di Maio e gli altri ministri del Movimento… Capita anche che l’alleato di governo, Matteo Salvini, per una volta si sia eclissato e abbia concesso il palcoscenico, per intero, ai 5 stelle. Un bel gesto, visto che il Def pare targato soprattutto Di Maio? Ma va’, in quanto a furbizia, il leader della Lega mangia grillini a colazione. E quindi ha voluto dare un volto alla finanziaria dagli esiti più incerti di sempre: non il suo, per carità, è troppo intelligente. Ma quello di Luigi Di Maio, che scalpitava per avere il suo momento di celebrità dopo aver assistito alle vittorie leghiste nel campo dell’immigrazione.

Anche il premier Giuseppe Conte ha pensato bene di sparire ma questa non è una novità. Sembra quasi che nella vicenda Conte non abbia avuto altro ruolo che ratificare i desiderata dei Cinque stelle e poi telefonare a Sergio Mattarella. Possiamo immaginare come abbia allietato la serata del presidente della Repubblica. Le fotografie della baldoria grillina entreranno nella storia qualora le cose volgessero al peggio. La didascalia è già pronta: «Il ministro Luigi Di Maio festeggia mentre l’Italia cola a picco per colpa delle sue idee economiche». Idee che si possono riassumere così: picchiare duro su chi lavora per mantenere non i poveri, che potrebbe essere cosa buona e giusta, ma chi lavora in nero; e fare debito, scaricandolo sulle spalle dei nostri figli. Il reddito di cittadinanza, la prodigiosa trovata dei 5 stelle, è un incentivo: a smettere di lavorare. Eppure Di Maio, con sprezzo del ridicolo, ha dichiarato di aver «sconfitto la povertà». Addirittura. Se Di Maio si segnala per l’ingenuità di cantare vittoria prima del tempo, Salvini si segnala per la sua ambiguità: la manovra è anche sua ma non sembra.

La politica del balcone è sempre pericolosa. Il copyright appartiene alla Chiesa. Ancora oggi il pontefice si affaccia su Piazza San Pietro. Poi venne il momento dei dittatori del XX secolo: Benito Mussolini e Adolf Hitler. Ma anche Mao Tse Tung, che annunciò la nascita della Cina comunista dal balcone della Porta Celeste, a Pechino. Lasciando perdere i reali, ad esempio la regina Elisabetta d’Inghilterra, si arriva presto agli avventurieri sudamericani. Juan Domingo ed Evita Perón in Argentina. Il cubano Fidel Castro, circondato dai suoi fedeli barbudos. Più di recente, il dittatore comunista Hugo Chávez ha ballato sul «Balcone del Popolo» di Caracas mentre in Venezuela scoppiavano scontri a causa dei brogli filo-presidenziali. Se ci spostiamo in Bolivia, a La Paz, troviamo un altro grande frequentatore dei ballatoi di regime: Evo Morales, comunista in odore di populismo (se non di dittatura).

Insomma, dal balcone si è esibita una bella carrellata di personaggi in aperto contrasto con la libertà. I simboli sono importanti. Evocare proprio il balcone non è prudente: identifica subito il vincitore ma anche il momentaneo vincitore che ignora la batosta dietro l’angolo.

IL GIORNALE

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