Mattarella ha il potere di dire no

Ora la palla passa a Mattarella ed è avvelenata. Mentre i ministri 5 stelle festeggiavano la loro vittoria dalla finestra di palazzo Chigi, lo spread dei Btp aumentava portandosi verso i 280 punti.

La borsa andava verso la caduta del 4,36%, con i titoli bancari che registravano perdite molto elevate perché le nostre banche hanno nei loro portafogli 373 miliardi di debito pubblico italiano, il quale ammonta a circa 2.424 miliardi, di cui il 25% (circa 600 miliardi) in mano a soggetti esteri o estero vestiti. Esso supera il 130 del nostro prodotto interno lordo (Pil). Il Financial Times sotto la foto dei ministri pentastellati che festeggiano, scrive che lo spread sui titoli italiani salirà ancora. Invece il Wall Street Journal, registrano l’effetto negativo del deficit al 2,4% italiano, con la sfida a Bruxelles e ai mercati, si domanda se non si tratti di un bluff. In effetti, ora il presidente della Repubblica si trova di fronte alla violazione delle regole costituzionali italiane del bilancio e del debito pubblico: l’articolo 81, versione 2012, che stabilisce il pareggio, salvo la correzione per la capacità produttiva inutilizzata e per gli eventi eccezionali e l’articolo 97 che (nel testo 2012), dispone che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico».

Dunque il presidente Mattarella ha il compito di verificare se il bilancio del governo italiano che nel 2019 e nei biennio seguente ha un deficit del 2,4% sia coerente con la prescrizione dell’Unione europea per cui il deficit del 2019 deve essere dello 0,9 salvo margini di flessibilità dovuti a una capacità produttiva non utilizzata e a eventi eccezionali. La differenza fra 2,4% e 0,9% è di 1,5 punti e non è possibile dimostrare che la spesa per il reddito di cittadinanza, stimata in quasi 10 miliardi generi una nuova capacità produttiva per questo importo o serva per far fronte a un evento eccezionale. Anche la pensione di cittadinanza non è giustificabile con i criteri di flessibilità italiani ed europei. Soprattutto, Mattarella ha di fronte l’articolo 97, che riguarda la sostenibilità del debito pubblico. Nel 2019 finisce l’acquisto di debito sul mercato secondario da parte della Bce e Draghi termina il suo mandato. Mentre nel 2018 l’Italia non ha dovuto rinnovare una grossa quota del suo debito, nel 2019 vengono a scadenza 277 miliardi di titoli, lo 11,4% del totale. Ora se lo spread per questo rinnovo aumenta, c’è una maggior spesa per interessi sul debito, che porta il deficit complessivo sopra il 2,4%. Inoltre lo spread elevato può indurre le banche a vendere una parte del loro debito, appesantendo l’offerta di titoli rispetto alla domanda accrescendo lo spread. Un costoso circolo vizioso, che urta contro la norma sulla sostenibilità del debito di cui all’articolo 97. Insomma, occorre un deficit entro il 2% per far sì che il debito cali in misura adeguata a tranquillizzare i risparmiatori esteri e italiani e a rafforzare le banche, che debbono avere buon i parametri per espandere il credito all’economia. Ciò fa crescere il Pil, migliora il rapporto debito/Pil e dà più entrate, consentendo aliquote più basse. Ammesso che Mattarella firmasse il decreto col bilancio con deficit al 2,4%, ci sarebbe, poi, la procedura europea di infrazione. E per evitarla bisognerebbe aumentare l’Iva o ridurre la spesa di cittadinanza. Fine della corsa. Presidente Mattarella, salvaci tu.

IL GIORNALE

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