L’Europa non esclude l’ipotesi bocciatura. Salvini: noi andiamo avanti in ogni caso

marco bresolin
inviato a bruxelles

Il clima (politico) è da guerra fredda. Sull’asse Roma-Bruxelles ieri il telefono è rimasto muto, ma la tensione altissima. Gli unici segnali sono arrivati a mezzo stampa, con il tentativo – reciproco – di non esasperare ulteriormente i toni. Almeno in questa fase. «Massimo dialogo con l’Ue» dice il premier Giuseppe Conte. «Non vogliamo andare allo scontro» assicura il suo vice Luigi Di Maio. Ma il nervosismo è palpabile. E limitare questa partita a una diatriba con Bruxelles è riduttivo perché la vicenda interessa e inquieta le principali capitali del Vecchio Continente. «Sono molto preoccupato» ammette il premier olandese Mark Rutte. Insomma: ieri l’Europa si è svegliata con un «caso-Italia».

Il ruolo dei mercati

Lunedì, all’Eurogruppo di Lussemburgo, il ministro Tria sarà chiamato a dare le prime spiegazioni ai partner. Pierre Moscovici ha assicurato di non avere «alcun interesse a provocare una crisi tra la Commissione e l’Italia». La vera notizia, però, sta nella sua avversativa: «Al tempo stesso non abbiamo interesse a consentire che l’Italia non rispetti le regole e non riduca il suo debito, che resta altissimo». Con un deficit al 2,4% del Pil, dice il commissario, la legge di bilancio «è fuori dai paletti». Opinione condivisa dal suo collega Valdis Dombrovskis: «Per l’Italia è importante attenersi a una politica fiscale responsabile per mantenere bassi i tassi di interesse. Ciò che emerge ora non sembra in linea con il Patto di Stabilità». E dunque cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane? Arrivati a questo punto, nei palazzi di Bruxelles c’è chi tifa per un intervento deciso dei mercati. Nella speranza che ciò possa convincere il governo al passo indietro.Consapevole del rischio, Arturo Artom, presidente della Confapri e vicino ai cinque stelle, lancia la proposta di «un road show per illustrare al mondo degli imprenditori i contenuti della manovra» con l’obiettivo di riguadagnare la fiducia degli investitori. Se invece l’Ue dovesse passare all’azione, tutto si giocherà nelle ultime due settimane di ottobre (quando, tra l’altro, è atteso il giudizio dell’agenzia di rating Moody’s).

La palla nelle mani di Conte

Il 15 ottobre Roma dovrà spedire a Bruxelles la bozza di bilancio. Tre giorni dopo Conte sarà al Consiglio europeo, dove è atteso il vero confronto politico. «Non vedo l’ora di poter andare a Bruxelles per illustrare questa manovra» spiega il premier. Molti suoi colleghi pensano la stessa cosa, ma probabilmente per ragioni opposte. La Commissione si muoverà di conseguenza, una volta ricevuto l’input dalle capitali: entro due settimane (29 ottobre), dopo aver consultato il governo, potrà emettere subito un’opinione negativa sulla manovra. Quindi rispedirla al mittente e chiedere all’Italia di riscriverla. Sarebbe un gesto estremo e assolutamente inedito. Ma Matteo Salvini ha già confermato che l’eventuale bocciatura non sortirebbe alcun effetto: «Noi andiamo avanti lo stesso». Si aprirebbe così uno scenario tutto da decifrare, con uno scontro frontale che potrebbe culminare con l’apertura di una procedura e le relative sanzioni. Il fatto che ieri Moscovici le abbia evocate, seppur a livello teorico, è significativo.

 

Ma in Italia sono convinti che l’Ue non voglia arrivare a quel punto. «L’Europa ha già un fronte molto difficile: la Brexit. Se vuole aprirne un altro con l’Italia, si accomodi pure» dice con atteggiamento di sfida Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze al Senato. «Alla fine Bruxelles ci invierà la solita letterina, ma eviterà lo scontro perché teme un’ondata populista alle Europee» aggiunge un esponente M5S del governo. Ma i populisti non sono tutti uguali. Per questo Bruxelles deve anche far fronte al rischio opposto: in molti Paesi Ue, soprattutto in Germania (Afd) e nel Nord Europa, le formazioni populiste accusano la Commissione di essere troppo morbida con gli Stati del Sud. Vogliono più rigore sui conti pubblici. Diversamente saranno loro ad avere buoni motivi per attaccare l’Ue.

LA STAMPA

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