Quote, rimpatri e centri. Così Parigi e Berlino hanno spiazzato Roma

marco bresolin
inviato a bruxelles

Un accordo scritto sulla sabbia. Sventolato come un successo dal premier Giuseppe Conte alle cinque del mattino, dopo una notte di trattative estenuanti. Ma che con il passare delle ore si sgretola tra le puntualizzazioni dei vari capi di Stato e di governo. Tutti cantano vittoria, ognuno sostiene di aver portato a casa il risultato. E questo perché i punti-chiave dell’intesa sull’immigrazione ruotano attorno al concetto di «volontarietà». Uno stratagemma per uscire dall’impasse che vuol dire tutto e niente, ma che serve a salvare dal fallimento un summit carico di attese. E così, pur in assenza di risultati concreti, i leader riescono a non perdere la faccia. Mentre, dalla parte opposta del Mediterraneo, cento esseri umani perdono la vita.

L’Italia è stata indubbiamente la vera protagonista di questo Consiglio europeo estivo. L’esordiente Conte si è subito fatto avanti con prepotenza, giocando alla prima occasione il «jolly». La minaccia del veto ha costretto i 28 a un negoziato a oltranza che si è concluso soltanto alle 4.30 del mattino, con un risultato che «ci soddisfa all’80%», dice Conte. Eppure anche Viktor Orban considera l’esito del summit «una grande vittoria per i Paesi di Visegrad», ma per le ragioni opposte a quelle dell’Italia. Chi ha ragione?<

 

 

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Per trovare una risposta bisogna tornare alla notte tra giovedì e venerdì, con i 28 leader inchiodati sulla sedia, ostaggio del veto italiano. Un atteggiamento (tentato dal premier anche ieri durante l’Eurosummit, ma bloccato sul nascere e senza risultati concreti) che ha creato frizioni con diversi leader, Macron in primis. Poi però proprio il francese ha preso in mano la situazione e ha iniziato a lavorare con il collega, mettendo sul tavolo la proposta franco-spagnola di creare «centri sorvegliati» all’interno dell’Ue: punti di raccolta in cui distinguere gli aventi diritto all’asilo dagli «irregolari», per poi redistribuire tra gli Stati Ue i primi ed espellere gli altri.

 

 

Roma e Parigi hanno trovato un compromesso, ma poi è iniziata la parte più difficile della trattativa. Quella con gli altri partner. In particolare con Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. La distanza sembrava incolmabile e Donald Tusk ha proposto di fermarsi e riprendere i lavori al mattino. Angela Merkel è andata su tutte le furie: «Finché non c’è un’intesa nessuno esce da qui». I quattro di Visegrad si sono stretti attorno all’emendamento-Orban: «Accettiamo solo se scriviamo chiaramente che tutto è su base volontaria. E bisogna specificare che la riforma di Dublino va approvata all’unanimità, senza deadline» (un modo per non farla mai). Accontentati su tutti i fronti. Compromesso al ribasso? Per Merkel l’importante era evitare il peggio. L’irrituale abbraccio della Cancelliera con un membro del suo staff all’alba rappresenta bene il concetto di «pericolo scampato».

 

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Nelle conclusioni restano quindi scritti i principali punti dell’intesa, che ha visto Conte dare il via libera al rinnovo delle sanzioni alla Russia. Nel documento c’è il sostegno all’Italia in Libia, il progetto delle piattaforme di sbarco nei Paesi terzi (che però viene respinto dagli stessi), i 500 milioni per il fondo fiduciario per l’Africa e un richiamo alle Ong. Ma la sostanza è tutta sui nuovi centri di sbarco, «che però non cambiano in alcun modo le regole di Dublino – dice il premier belga Charles Michel -. Rimane la responsabilità per i Paesi di primo ingresso».

 

Macron ha ribadito che «le regole del diritto internazionale e di soccorso in mare sono chiare: è il Paese più vicino che deve essere scelto come punto di approdo». Una versione che fa a pugni con l’esultanza di Conte, convinto di aver cristallizzato il principio della «responsabilità condivisa».

 

A giochi fatti, Macron assicura che la Francia non ospiterà quei centri, la Spagna neppure e quindi il cerino resta nelle mani di Conte. Che a quel punto si sfila: «L’Italia non ha dato la sua disponibilità». Nessuna intesa nemmeno con la Merkel sui movimenti secondari. La Cancelliera incassa però l’accordo con Grecia e Spagna e fa capire che un patto con Roma è indispensabile per salvare Schengen e per accettare, su base volontaria, i richiedenti asilo sbarcati in Italia. Che si ritrova sempre più isolata, geograficamente e politicamente.

LA STAMPA

 

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