18 aprile 1948: gli italiani eleggono il primo Parlamento repubblicano

La «Storia d’Italia» di Indro Montanelli, insieme con Mario Cervi e Roberto Gervaso, torna in edicola con il Corriere della Sera: la presentazione del primo volume, oggi gratis in edicola, dedicato al Secondo dopoguerra

di Antonio Carioti

Sono in tutto 24 volumi. Partono dall’Alto Medioevo, perché prima non si può ragionevolmente parlare di Italia, ma ci sono anche due prologhi dedicati rispettivamente alla Roma antica e alla Grecia classica (in origine i primi due libri pubblicati). Si può ben dire che la Storia d’Italia di Indro Montanelli (realizzata con la collaborazione prima di Roberto Gervaso e poi di Mario Cervi) abbia un’ambizione quasi enciclopedica, anche se non è scritta certo con uno spirito nozionistico.

Tuttavia nel riproporla ai suoi lettori, a partire dal 18 aprile, il «Corriere della Sera» ha deciso di partire dal sedicesimo volume, L’Italia della Repubblica, che viene distribuito gratuitamente con il quotidiano. I motivi sono tanti, vanno oltre la pur importante coincidenza con il settantesimo anniversario del voto politico, datato appunto 18 aprile 1948, che non solo elesse il primo Parlamento repubblicano, ma definì un equilibrio politico, basato sull’egemonia della Democrazia cristiana, che era destinato a durare, pur fra alterne vicende, circa 45 anni.

Innanzitutto c’è il carattere dell’opera, scritta in questo caso assieme a Cervi, nella quale Montanelli riversa la passione intensa con cui visse quegli anni di transizione dalla fine della guerra al consolidamento del centrismo degasperiano. Avversario strenuo del Pci e del sistema sovietico, allergico alla retorica antifascista, l’autore ci offre uno sguardo molto critico su un periodo che a volte si tende a idealizzare in maniera esagerata, come se le grandi febbri ideologiche, che certo conferiscono alla politica una patina di nobiltà oggi difficilmente riscontrabile, non fossero spesso causa di immense catastrofi.

Montanelli prende le distanze dall’enfasi consueta, spiega per quali ragioni sia davvero eccessivo considerare la nostra Costituzione «la più bella del mondo». Si schiera per la solida concretezza dei suoi protagonisti prediletti, in primo luogo Alcide De Gasperi, poi Luigi Einaudi e Mario Scelba. Non è inutilmente tendenzioso: per esempio, pur avendo votato a favore dei Savoia nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946 (ma Cervi si era schierato per la Repubblica), precisa che le contestazioni monarchiche circa l’irregolarità del referendum erano infondate. Però la sua interpretazione dei fatti non è neutrale, come non lo è mai quella di nessuno storico, anche se non mancano qua e là riconoscimenti alla saggezza e all’equilibrio di Palmiro Togliatti.

Di certo il sano scetticismo montanelliano (ecco un altro motivo per partire da questo volume) è un efficace antidoto all’ansia di cambiamento non sempre razionale di cui gli italiani hanno dato prova alle recenti elezioni politiche. Spietato nell’indicare i vizi di partenza della nostra democrazia rappresentativa, Montanelli ci mette implicitamente in guardia dalle facili promesse e dall’emotività a buon mercato: il compito di ricostruzione che il nostro Paese ha di fronte, un po’ come nel 1948, necessita più di attiva sobrietà che di roboanti proclami.

D’altronde la passionalità esasperata è un difetto italiano su cui Montanelli torna a più riprese anche nei volumi precedenti e successivi, che saranno in vendita con il «Corriere» (ma anche con «La Gazzetta dello Sport» e il settimanale «Oggi») a partire da L’Italia dei secoli bui (25 aprile) al prezzo di € 8,90 più il costo del quotidiano. Un bel bagno di conoscenza e consapevolezza storica, filtrato attraverso una prosa sempre scorrevole e vivace, è quello che ci vuole per non ritrovarsi troppo delusi a confronto con la realtà dei fatti, che poco ha a che vedere con le narrazioni dell’odierno marketing politico.

CORRIERE.IT

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