Ancora effetto Powell sui listini Ue. A Milano (-0,5%) in rialzo Ferragamo

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Chiusura in calo per le Borse europee (segui qui i principali listini), nonostante il tentativo di rimbalzo di Wall Street (segui qui gli indici) . Gli investitori sono cauti nell’attesa di conoscere le prossime mosse delle principali banche centrali del mondo, soprattutto dopo che ieri il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha parlato chiaro asserendo che l’economia americana dallo scorso dicembre è più forte, complice la riforma Trump, nonostante per adesso sia «difficile anticipare quali saranno gli effetti fiscali sulla politica monetaria. Certo è – ha rimarcato Powell – che cambiamenti della politica fiscale possono avere conseguenze sulla rotta del costo del denaro». In Europa, ad ogni modo, il rallentamento dell’inflazione depone a favore dell’ipotesi che la Banca centrale europea andrà avanti con la propria condotta di politica monetaria espansiva: a febbraio l’indice dei prezzi al consumo su base annua è salito dell’1,2%, frenando rispetto al +1,3% di gennaio e all’1,4% di dicembre. Milano ha terminato le contrattazioni in ribasso dello 0,51%, mentre lo spread a pochi giorni dalle elezioni, si è portato in area 131 punti.

Fallito il tentativo di rimbalzo dopo il pil Usa

Le Borse europee hanno tentato di migliorare nel pomeriggio, subito dopo l’avvio di Wall Street, senza buon esito. I timori per un rialzo più deciso delle recenti attese dei tassi Usa sono stati in parte alleviati dal dato sul prodotto interno lordo del quarto trimestre, che secondo il Dipartimento del Commercio americano è salito del 2,5%, un po’ meno di quanto emerso dalla prima lettura, ossia di un +2,6%. Gli investitori hanno infatti tirato un sospiro di sollievo, dopo che ieri invece proprio il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, aveva dichiarato dinnanzi al Congresso che da dicembre lo scenario è cambiato e che l’economia americana sembra essere più robusta. Sul finele sono tuttavia tornate a prevalere le vendite.
Bene Ferragamo dopo annuncio uscita Poletto
A Piazza Affari si sono distinte le azioni diSalvatore Ferragamo , che hanno ingranato la marcia sin dalle prima battute sull’onda della notizia diffusa ieri in tarda serata che l’ad, Eraldo Poletto, lascerà il gruppo dopo l’approvazione del bilancio in calendario l’8 marzo. Il manager era entrato nella maison fiorentina,. Al posto di Michele Norsa, nell’agosto del 2016 e sin da subito ha promesso un rilancio del gruppo, puntando sul rafforzamento nel business delle scarpe, che tuttavia ancora non ha dato i propri frutti. Tant’è che lo scorso dicembre la casa di moda è stata costretta a lanciare un profit warning, per avvertire il mercato che di non poter confermare gli obiettivi di medio periodo annunciati in precedenza «in quanto più difficilmente perseguibili». Negli ultimi mesi la società ha annunciato anche un giro di poltrone agli uffici stile, con la nomina del creativo di scarpe, Paul Andrew, a capo della divisione donna, in sostituzione di Fulvio Rigoni. Mossa annunciata poco dopo la sfilata show organizzata dalla casa a fine settembre 2017.
Sebbene ancora non sia dato sapere quale sarà il manager che dirigerà Ferragamo, il mercato scommette in un nuovo cambio di rotta della strategia del gruppo. Gli analisti, tuttavia, Da Mediobanca a Equita, consigliano cautela, temendo che la decisione sull’amministratore delegato sia stata presa a seguito di conti deludenti del 2017. A inizio febbraio Ferragamo aveva già fatto sapere i ricavi dell’anno scorso sono calati del 3,1% portandosi a 1,39 miliardi di euro.

Tra i titoli della moda, lima Moncler, recupera Luxottica
Nel settore della moda le prese di beneficio hanno spinto già le quotazioni di Moncler, dopo la corsa delle ultime sedute, innescata sia dai conti in crescita del 2017 (+15% il fatturato a 1,1 miliardi di euro, +27% l’utile netto a 249,7 milioni), sia dalla presentazione delle strategie aziendali avvenuta nel corso dell’Investor Day che si è tenuto ieri. Presentazione che ha incassato giudizi favorevoli da parte degli esperti, positivamente colpiti dalle proposizioni del management e anche dal progetto Genius, con il quale l’azienda di moda conta di spingere la visibilità del marchio e conquistare nuove fasce di clienti. Il progetto, tra l’altro, non sarà costoso visto che il capex (spese in conto capitale, ndr) degli anni venturi rimarrà sotto controllo, spingendosi al massimo al 6% del fatturato. I vertici del gruppo hanno inoltre indicato di essere fiduciosi sul 2018, anche alla luce dell’andamento dei mesi di gennaio e febbraio, favoriti anche dal freddo polare.
Del comparto moda, sono inoltre rimbalzate le Luxottica, dopo lo scivolone di ieri, provocato dalle guidances per fine anno giudicate deludenti da parte degli analisti. L’azienda mette in conto un anno di crescita, ma abbastanza contenuta, con un rialzo delle vendite tra il 2 e il 4% e un miglioramento dell’utile netto adjusted allineato a quello del fatturato: nel 2017 la società fondata da Del Vecchio ha registrato un giro d’affari di 9,15 miliardi (+0,8% sul 2016) e un utile netto di 1,03 miliardi (+22,4%).

Campari sotto lo schiaffo delle vendite sui timori dell’euro forte
Davide Campariha continuato a percorrere la strada del ribasso imboccata ieri, dopo la presentazione dei conti del 2017, nonostante le vendite siano salite del 5,2% a 1,8 miliardi di euro e l’utile netto rettificato del 17,5% a 233,4 milioni, spinto anche dagli effetti della riforma Trump. I titoli hanno accusato la performance peggiore del Ftse Mib scivolando di oltre il 3%. Gli analisti ritengono che le azioni siano correttamente valutate e in più temono l’effetto dell’euro forte. Per Mediobanca potrebbe pesare per circa 24 milioni sull’ebit atteso per il 2018.

Mediaset sugli scudi dopo conti della controllata spagnola

Mediasetha guadagnato l’1,4%, beneficiando non solamente del fermento nel settore dei media innescato dall’offerta di Comcast su Sky, ma anche dai conti migliori delle attese pubblicati dalla controllata Mediaset Espana. Risultati che hanno beneficiato di una raccolta pubblicitaria in crescita netta del 3% (+4% Gross) , contro il progresso dell’1% registrato dal mercato. Sullo sfondo rimane la guerra legare tra il gruppo del Biscione e Vivendi, che potrebbe tittavia terminare prima del previsto con un accordo, che magari coinvolgerà Telecom Italia. Quest’ultima, intanto, ha registrato un progresso dell’1% mentre sempre più si avvicina la data del consiglio di amministrazione, chiamato a riunirsi il 6 marzo per approvare i conti del 2017 e il piano industriale.

In retromarcia gli industriale, contrastate le banche

Sono satte venute le azioni delle aziende più cicliche, da Fiat Chrysler Automobiles (-15) a Ferrari(-1,5%), da Buzzi (-2%) a Pirelli & C (-2,7%). I titoli del comparto petrolifero hanno registrato un andamento debole, risentendo anche della frenata registrata dal valore del greggio. Le banche, che questa mattina erano ben impostate, hanno chiuso contrastate, con Banco Bpm in retromarcia di oltre l’1%.

St sotto la lente con le i novità da Barcellona
Stmicroelectronics ha registrato un lieve calo dello 0,2% a causa di una frenata sul finale. Le azioni sono rimaste sotto la lente mentre a Barcellona è incorso il Mobile World Congress 2018. Anche se per adesso non sono emerse grandi novità, dal congresso spagnolo sono state fornite indicazioni positive per l’azienda italo-francese, visto che i settori nei quali opera sono previsti in crescita. IN particolare il comparto dell’automotive, che pesa per il 30% circa sul fatturato di St, dovrebbe allungare il passo, salendo di oltre il 10%, dopo la crescita del 10% circa registrata nel 2017. Dovrebbe salire ancora il settore dei microcontrollori, nonostante la volata attorno al 30% messa a punto nel 2017: è revisto in miglioramento di un ulteriore 7%. Tutto fieno in cascina per St visto che tale settore pesa per il 20% sul fatturato. Infine anche il settore degli smartphone è stato indicato in miglioramento grazie all’apporto dei sensori di immagine: per St rappresenta il 20% delle vendite.

Euro-dollaro sotto 1,22

L’euro ha perso quota per tutta la seduta, tanto che nel pomeriggio ha violato al ribasso la soglia di 1,22 euro (segui qui l’andamento dell’euro contro le principali valute e qui quello del dollaro). Del resto mentre in Merica si profila una manovra decisa di ritocco del costo del denaro, con l’economia che da dicembre è più forte, come ha sottolineato anche Powell, in Europpa la Bce dovrebbe andare avanti con una politica monetaria espansiva. Anche perchè l’inflazione continua a rallentare il passo. Come certificato quest’oggo dalla stima flash di Eurostat, l’indice dei prezzi al consumo nel mese di febbraio su base annua è salito dell’1,2%, frenando rispetto al +1,3% di gennaio e all’1,4% di dicembre. Va ricordato che nel febbraio dell’anno scorso si attestava al 2%. Eurostat ha sottolineato che l’indice dei prezzi è stato trascinato più che altro dai prezzi dell’energia In Italia l’Istat ha rilevato che l’inflazione annua di febbraio è stata pari allo 0,6%, dopo lo 0,9% di gennaio. «La frenata dell’inflazione – ha spiegato l’Istituto di statistica – si deve quasi esclusivamente alle componenti più volatili e in particolare al calo dei prezzi degli alimentari e dei Beni energetici.

Petrolio in netto ribasso dopo dati su sorte americane

Il petrolio, che già questa mattina era partito debole, ha ampliato le perdite (segui qui l’andamento di Brent e Wti), dopo la diffusione dei dati sulle scorte settimanali americabe a di greggio, salite oltre il previsto. Anche gli stock di benzina sono cresciuti più delle attese. Stando all’Energy Information Administration americana, nella settimana al 23 febbraio scorso gli stock sono cresciuti di circa 3 milioni di barili contro attese per un incremento di 2 milioni di unità. Il balzo è risultato superiore anche ai calcoli dell’American Petroleum Institute, che come di consueto arrivano il giorno precedente al dato diffuso dal governo Usa. Stando al gruppo privato, nell’ultima settimana c’e’ stato un aumento delle scorte di petrolio di 933.000 unità. Il wti, contratto con consegna ad aprile, cede olte l’1% portandosi poco sopra la soglia di 62 dollari al barile.

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)

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