Parlamento, salta tetto degli stipendi Alla Camera in 60 guadagnano sopra 240 mila euro

ROMA Da un lato, arrivano gli 85 euro di aumento mensili per gli statali, ancora in forse per i professori. E, dall’altro lato, salta il «tetto» dei 240 mila euro annui che tra il 2014 e il 2017 ha ridotto i trattamenti stipendiali dei dipendenti di Camera e Senato. Certo, i lavoratori della Pubblica amministrazione sono oltre 3 milioni e quelli del Parlamento meno di duemila: ma, ora che gli stipendi del «Palazzo» tornano al 2014, le differenze retributive tra i «tanti» e i «pochi» sono più accentuate.

A mezzanotte del 31 dicembre, per i 1.126 dipendenti della Camera dei Deputati (al Senato sono circa la metà) è finito il triennio di «contributo di solidarietà» che ha alleggerito in particolare le buste paga dei dipendenti con oltre 23 anni di anzianità. Il «tetto» di 240 mila euro lordi per gli stipendi dei consiglieri parlamentari fu deliberato nel 2014 dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato — grazie anche all’impegno delle vicepresidenti dem Marina Sereni e Valeria Fedeli — e avrebbe dovuto stabilizzarsi a regime proprio il 1° gennaio 2018. Invece, una valanga di ricorsi (1.012 solo alla Camera) accolti parzialmente dalle Commissioni giurisdizionali per il personale (che agiscono in regime di autodichia, nei due rami del Parlamento) hanno sancito, con tre sentenze, l’assoluta temporaneità dei tagli alla parte fissa dello stipendio. E la prima sentenza, la numero 7 del 2015, porta la firma del presidente del collegio, relatore ed estensore, Francesco Bonifazi. Che poi è il tesoriere renziano del Pd.

Insieme al «tetto» permanente, per gli stipendi più alti, erano previsti una serie di «sottotetti»: 240 mila euro per i consiglieri (segretario generale e per i suoi vice, capo servizio, capo ufficio, consigliere); 166 mila per i documentaristi e i ragionieri; 115 mila per i segretari parlamentari; 99 mila per assistenti parlamentari (commessi), tecnici, ex addetti alla buvette e al ristorante, barbieri (solo alla Camera). Dal 2014 al 2107, grazie ai tagli sono tornati nelle casse dello Stato, almeno per quel che riguarda la Camera, 24 milioni di euro.

Ora la spesa per il personale torna a correre. Alla Camera, nel 2018 sono previsti 175 milioni per gli stipendi (4,5 in più rispetto al 2017) perché la retribuzione di circa un dipendente su due supera i «tetti» e ben 60 consiglieri su 137 hanno una busta paga superiore ai 240 mila euro. Eppure, assicurano a Montecitorio, la spesa tornerà a flettere grazie al blocco del turnover e agli stipendi meno pesanti degli ultimi assunti: 168 milioni nel 2019 e 162 nel 2020.

A Camere sciolte è da escludere che gli Uffici di presidenza riaprano la pratica anche perché in due mesi sarebbe difficile chiudere la trattativa sindacale. In occasione della sentenza d’appello che bocciò i tagli strutturali, la presidente Laura Boldrini manifestò tutta la sua «irritazione» ma ora toccherà al prossimo Parlamento ricostruire (o insabbiare) un nuovo contributo di solidarietà temporaneo per i dipendenti di Camera e Senato. Ed è pure difficile che prima del 4 marzo anche l’Ufficio di presidenza del Senato, guidato da Piero Grasso, blocchi i vitalizi per gli ex parlamentari. Di sicuro però, di questi due temi, si parlerà a lungo in campagna elettorale.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.