Blitz dell’ultradestra in Comune a Milano: tre ore di scontri con i centri sociali

Militanti di CasaPound in Consiglio per chiedere le dimissioni di Sala: saluti romani, rissa e insulti Il sindaco: non ci faremo intimidire. Blocco antagonista tra Scala e San Fedele. Cariche della polizia

Scontri tra CasaPound e centri sociali davanti a Palazzo Marino. Milano per tre ore è sembrata ripiombare negli anni bui della violenza politica con le forze dell’ordine in tenuta antisommossa a separare le due fazioni a suon di manganellate. Succede tutto in un fazzoletto di strade. Piazza della Scala, via Marino, piazza San Fedele. E chiaramente l’aula consiliare del Comune perché il prologo è proprio lì. Quando una ventina di esponenti di CasaPound si siedono nelle poltrone riservate al pubblico che assiste alla seduta del Consiglio. Nessuna irruzione. I rappresentanti dell’ultradestra entrano regolarmente dopo aver lasciato i documenti in portineria senza nessun controllo. Passano pochi minuti e scoppia il parapiglia.

Si alzano in piedi, urlano chiedono le dimissioni del sindaco Beppe Sala, lanciano volantini, tirano fuori uno striscione, scattano i saluti romani. Intervengono i consiglieri di sinistra, Paolo Limonta, Basilio Rizzo e Carlo Monguzzi. Intervengono i vigili e la Digos. Riescono a far uscire dall’aula gli scalmanati che si dirigono verso l’ingresso principale di Palazzo Marino nell’esatto istante in cui una delegazione dei centri sociali che stavano manifestando in piazza per i diritti degli immigrati se li trova davanti. Scoppia il primo disordine, spintoni, sputi. Polizia e vigili riescono a separare le due fazioni e fanno cordone davanti al cancello di Palazzo Marino sbarrato. Inspiegabilmente, il gruppetto di CasaPound viene lasciato davanti all’ingresso. Solo il cancello, la polizia e i vigili dividono i due schieramenti.

Gli animi si incendiano. Riecheggiano slogan degli anni 70. «Fascisti carogne, tornate nelle fogne». Dall’altra parte si risponde con «zecche», «merde» e gesti osceni. Partono i cori. «Siamo tutti antifascisti», «Bella ciao». Dopo una decina di minuti si cerca una via di fuga. Il piano è di far uscire gli esponenti dell’ultradestra dall’ingresso laterale che dà in via Case Rotte. Neanche il tempo di aprire il cancello che i manifestanti dei centri sociali avvertiti da vedette messe ai quattro angoli di Palazzo Marino, si riversano in massa davanti all’uscita. Strada sbarrata. Altro tentativo. Il cancello che dà su via Marino. Sembra praticabile. Le forze dell’ordine escono per prime seguite da CasaPound e si dirigono verso piazza San Fedele, ma dietro l’angolo arrivano gli antagonisti e sono i momenti più drammatici dello scontro. Le dua fazioni entrano in contatto. Calci, pugni. Una ragazza viene trascinata per terra. Un uomo si ritrova con il naso sanguinante. La polizia interviene. Manganellate da una parte e dall’altra. Riesce a separare i contendenti e fa cordone davanti agli estremisti di destra che si ritrovano con le spalle appoggiate al muro dell’ex sede di Bnp Paribas circondati da una parte e dall’altra. Ripartono i cori e gli insulti. La situazione si fa sempre più tesa. I neofascisti provano a lanciarsi contro gli antagonisti. La polizia li rimanda indietro con le maniere forti. Uno stallo che dura un’ora.

Fino a quando le forze dell’ordine non allargano il cordone fino a piazza della Scala permettendo così agli esponenti di CasaPound di infilarsi nel portone dei gruppi consigliari che ha un’uscita sul retro in via Foscolo, vicino al Savini. Ma non è finita, perché un piccolo gruppo dell’ultradestra cerca di superare il cordone di polizia per raggiungere piazza Scala. La polizia li respinge a spintoni. Dall’altra parte volano bottiglie, per fortuna di plastica. Ora sono tutti all’interno della sede dei gruppi. La polizia li fa uscire da via Foscolo e li scorta fino al metrò. La situazione torna alla tranquillità. Papà Francesco, il ristorante di via Marino, ritira fuori i tavoli. Un turista americano chiede che cosa sia successo. «Fascist and left» spiega un passante. Il turista non sembra aver capito. A tarda sera interviene il sindaco Beppe Sala: «Quanto accaduto in Consiglio è inaccettabile e di certo non ci faremo intimidire da nessuno, tantomeno da CasaPound. L’aula resterà sempre luogo di dialogo e di democrazia, non accetteremo ulteriori atti vili come quelli visti oggi (ieri per chi legge, ndr )». Ma per i consiglieri restano dei dubbi. In un comunicato abbastanza bipartisan, Franco D’Alfonso (Noi per Milano) Filippo Barberis (Pd) e Luigi Amicone (FI) chiedono al sindaco come sia possibile «che a siffatti gruppi sia permesso entrare nel cuore della casa dei milanesi e fare il saluto romano. Chiediamo al sindaco di appurare come sia stato possibile».

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