Budrio, la moglie del barista ucciso «Me lo sono trovato davanti: non c’era nessuna pietà nei suoi occhi»

Maria che scende le scale con il cuore che batte veloce per la paura. Maria che afferra una scopa perché «almeno avevo qualcosa per difendermi». Maria che arriva all’ultimo gradino e incrocia l’uomo dei suoi futuri incubi. Quello ha una sciarpa avvolta sul viso, il cappello di una felpa calato in testa ma gli occhi si vedono («Non c’era nessuna pietà in quegli occhi»). E il coraggio arriva all’improvviso davanti a quello sguardo. Lui le punta al collo la pistola e lei gli urla in faccia: «Che fai? Vuoi ammazzare anche me?». Forse è il suo tono, forse la testa alta davanti alla pistola. Qualcosa della sua reazione disinnesca la miccia già accesa della morte e l’uomo scappa via senza dire una parola, senza premere il grilletto. Maria rimane lì in piedi, a tremare e a pregare il cielo che Davide, l’uomo della sua vita, per terra in mezzo al sangue, sia ancora vivo. Non le ci vuole molto a capire che ogni preghiera è vana. Davide non respira più. Tutto questo sabato sera, soltanto due giorni fa per il mondo intero, una vita fa per lei perché senza più il suo Davide l’esistenza non è la stessa.
Budrio, rapinatore uccide barista

«Dio dov’era ieri sera, eh? Dov’era mentre lui moriva?»

«Dio dov’era ieri sera, eh? Dov’era mentre lui moriva?», ha chiesto a una delle amiche che ieri mattina è passata ad abbracciarla. Maria, dice chiunque passi da quella casa, sembra invecchiata di colpo di dieci anni. Il maresciallo della stazione dei carabinieri locale ha provato a dirle più volte «vedrà che lo prenderemo, e lei: “Lo so che siete bravi, so che state facendo il possibile ma tanto anche se lo prendete…». Parole sospese e altre buttate lì contro «il sistema che non va in questo Paese», contro le pene mai certe: «Questa è l’Italia, così vano le cose…». Qualcuno le ha detto della fiaccolata. Lei ha capito che la stessero invitando: «Io non mi muovo. Voglio restare qui dove c’è la mia vita, in questa casa dove c’era lui e dov’è suo padre che ora più di sempre ha bisogno di me».

Giornate spese a servire caffè

Assistere gli altri, soprattutto gli anziani, per Maria (campana originaria di Sarno e un tempo infermiera) è una specie di missione e non importa che sia suo suocero o qualcuno dei vecchi che hanno fatto del suo bar una specie di casa. Questo è sempre stato, il bar Gallo: un po’ più di un punto di ritrovo — l’unico tra l’altro — in un posto in mezzo al verde scintillante dell’erba. Venivano dalle frazioni vicine per bere un caffè, giocare a carte, fare due chiacchiere. Lei era dietro il banco di giorno, lui di sera. Giornate spese a servire caffè o a i clienti del negozio di famiglia, proprio accanto al bar. Un solo svago, la domenica. Davide era collezionista di orologi e spesso girava per fiere e mercatini, qualche volta lei lo accompagnava.

Una vita che più anonima non si può

Una vita che più anonima non si può, fino a sabato sera, fino a quello sparo e alle gambe di Maria che tremano mentre scendeva dalle scale. Ha fatto in tempo a vedere lo sconosciuto che gli ha cambiato la vita mentre si rialzava dopo aver lottato furiosamente con Davide. L’ha affrontato, l’ha visto scappare via, ha fissato la sua sagoma nella memoria. «Non è giusto. Perché ci è capitato tutto questo?», chiedeva ieri a se stessa e agli amici questa donna disperata. «Perché ammazzare così il mio Davide che era un uomo buono e non ha mai fatto niente di male nella vita?».
Ha lavorato e lavorato, Davide Fabbri. Praticamente nient’altro. Da queste parti tutti lo conoscevano soltanto come «il barista». Era il figlio del barista da piccolo, era dietro il banco da grande ed è morto nel bar che è stato il luogo della sua vita. Maria ieri chiedeva a se stessa: «E adesso io cosa faccio?». La risposta: «Per me finisce tutto qui».

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