Patto tra italiani e albanesi per massacrare Emanuele

grazia longo
inviata ad alatri (frosinone)

C’è il mondo dello spaccio e delle alleanze tra bande di albanesi e italiani sullo sfondo della morte di Emanuele Morganti, massacrato di botte a 20 anni dopo una lite in discoteca. Tra i sette indagati del branco c’è solo un albanese, ma i due italiani che lo hanno sprangato a morte sono amici di un albanese che aveva spintonato Emanuele, “colpevole” di rubargli il posto nell’ordinazione di un drink. Due amici – non fratellastri, Paolo Palmisani, 20 anni, è fratello del fratellastro dell’altro fermato, Mario Castagnacci, 27 anni – con un difficile passato familiare alle spalle, disoccupati, un giro di facili guadagni, già noti alle forze dell’ordine per spaccio. Erano strafatti e ubriachi. «Volevano affermare il loro potere sul territorio», conferma il procuratore Giuseppe De Falco. In accordo con il clan albanese della zona.

Il fermo dei due giovani – altri 5 restano indagati a piede libero, tra cui i 4 buttafuori della discoteca compreso un albanese – è arrivato in tempo a bloccare le spedizione punitive che hanno alterato i già difficili equilibri sociali di Alatri.

L’altro ieri il padre di un indagato è stato insultato e spintonato da un parente di Emanuele Morganti, cori di protesta sotto casa della famiglia di Paolo Palmisani, che ha lasciato il paese. Ma anche un paio schiaffoni, da parte di un parente e un amico della vittima, all’avvocato di due indagati. Il legale non ha rinunciato all’incarico, mentre una decina di suoi colleghi di Frosinone e Alatri rifiutato la nomina. Per paura? O forse per non essere etichettati come coloro che difendono il branco assassino?

 

Intanto le indagini vanno avanti perché, come evidenzia il procuratore De Falco, «abbiamo raccolto molti indizi ma c’è ancora molto da investigare». Di sicuro, prosegue, «si é trattato di una vicenda di una gravità spaventosa perché per motivi banalissimi si é arrivati alla drammatica morte di un ragazzo innocente e perbene». Se all’accusa di omicidio volontario, venisse aggiunta l’aggravante dei futili motivi la pena prevista è l’ergastolo. Sia Castagnacci, sia Palmisani, si legge nel verbale del fermo di polizia giudiziaria, «non hanno ammesso le proprie responsabilità». Ma entrambi «sono stati notati da quattro testimoni, sui complessivi quaranta interrogati, colpire con diversi pugni al collo la vittima, la quale era stata riscontrata affetta dalla frattura delle vertebre cervicali».

 

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E se loro due sono quelli che materialmente hanno provocato il decesso, sarà ulteriormente approfondita la posizione degli altri cinque indagati per rissa aggravata. E inoltre «sarà verificato il possesso di requisiti per lo svolgimento della professione da parte dei buttafuori i quali, insieme al quinto indagato, prima dell’aggressione da parte di Castagnacci e Palmisani, avevano già colpito la vittima all’interno del locale». Castagnacci e Palmisani sono stati arrestati dai carabinieri del comando provinciale di Frosinone a Roma, «nel quartiere Montespaccato, a casa della sorella ventitreenne di Mario Castagnacci dove sono stati rintracciati grazie al servizio di positioning dei loro cellulari».

 

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Ieri sera gli amici e i familiari di Emanuele hanno sfilato in una fiaccolata a Tecchiena, la frazione di Alatri in cui abitava il giovane. E la pagina Facebook in memoria di Emanuele del Comune di Alatri, 25 mila residenti, ha registrato oltre 4 mila condivisioni e 2 mila like.

 

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