Archive for Marzo, 2023

Gentiloni: “Sul Pnrr lavoriamo per superare le difficoltà. Subito le modifiche al piano

venerdì, Marzo 31st, 2023

Gian Maria De Francesco

Il crinale è scosceso ma non è detta l’ultima parola. «Stiamo lavorando con il ministro Fitto e con il governo per superare le difficoltà che tutti conosciamo», ha detto ieri il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, a proposito dei ritardi del nostro Paese nella realizzazione del Pnrr. Una lentezza che il titolare del dicastero degli Affari Ue ha denunciato annunciando di fatto che «alcuni interventi al 2026 non potranno essere realizzati». L’ex premier ora a Bruxelles ha cercato di sdrammatizzare la questione relativa al rinvio di un mese nell’erogazione della terza tranche da 19 miliardi inizialmente attesa per oggi. «Una decisione analoga è già stata presa per altri 7-8 Paesi; non enfatizzerei questa decisione», ha evidenziato Gentiloni aggiungendo che «la sfida per attuare un piano di queste dimensioni (191,5 miliardi) è molto seria per le nostre capacità di assorbire la spesa». Per questo, «dobbiamo concentrarci nello sforzo di superare questa sfida», ha concluso. Ma perché la situazione è così preoccupante? Fondamentalmente per la stessa impostazione del Piano che è rimasto sostanzialmente identico nel passaggio dal governo Conte II a quello Draghi. Si tratta di 191,5 miliardi (cui si aggiungono i 30,6 miliardi del Fondo complementare) che si distribuiscono su 6 missioni, 16 componenti e ben 151 investimenti che, a loro volta, richiedono l’indizione di gare pubbliche con annessa valutazione di fattibilità dei progetti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la spesa è ferma al 12% di cui la metà è relativa a crediti di imposta, ossia a provvedimenti fiscali varati prima del Pnrr stesso oppure rifinanziati. Basti pensare che l’omologo transalpino da 100 miliardi, France Relance, si declina su tre assi ed è già al 62% di spesa.

Per l’Italia tutto è perduto, quindi? La risposta è negativa. Non è il caso di fasciarsi la testa purché si vada a Bruxelles con idee molto chiare. In primo luogo, entro la fine del mese prossimo bisogna presentare le modifiche al piano in modo da aver tempo di ridisegnare l’impianto entro l’estate eliminando ciò che non è fattibile. In seconda istanza, occorrerebbe battersi (obiettivo che Fitto si è assegnato) per cercare di ricomprendere i fondi del Pnrr nella programmazione comunitaria 2021-2027 la cui scadenza è nel 2029 per «guadagnare» tre anni di tempo.

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“E chissenefrega”. Bocchino zittisce Boldrini: “Sai perché parli di fascismo?”

venerdì, Marzo 31st, 2023
"E chissenefrega". Bocchino zittisce Boldrini: "Sai perché parli di fascismo?"

Volano stracci a PiazzaPulita. Protagonisti del dibattito della puntata di giovedì 30 marzo su La7, Italo Bocchino e Laura Boldrini. A iniziare è il primo che contesta alla sinistra di “attaccarsi sempre al fascismo, perché non ha più gli argomenti per contrastare la Meloni, perché si è schierata dalla parte dei ricchi contro i deboli, perché non riesce più a contrastare l’elettorato che va dalla parte della Meloni. E cosa fa? Urla al fascismo. Ma chi se ne frega del fascismo“.

Va a Cutro, guarda la spiaggia e... ma come si fa?: Boldrini ossessionata da Piantedosi

Immediata la replica della deputata del Partito democratico: “Ce ne frega eccome, perché la nostra Costituzione è anti-fascista”. La Boldrini dunque si arrampica sugli specchi e non replica alle accuse contro la sinistra. Ma la dem non è l’unica ad urlare al fascismo. Non a caso altro scontro acceso Bocchino lo tiene con Christian Raimo. Al centro le Fosse Ardeatine.

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Quando viene tolto il canone Rai: “Addio in 5 anni”

venerdì, Marzo 31st, 2023

Leonardo Ventura

La Lega presenta al Senato una proposta di legge per cancellare in cinque anni il canone Rai. Nella bozza si legge di “una progressiva riduzione dell’importo del canone Rai, con un taglio a cadenza annuale del 20 per cento, fino al suo totale azzeramento”. Nella bozza viene ridefinito anche il concetto di servizio pubblico “indispensabile per mantenere e affermare i valori culturali e sociali e difendere le identità locali”.

Previsto anche un nuovo canale «interamente dedicato alla trasmissione di programmi e rubriche di promozione culturale» in cui non sarà possibile trasmettere spot pubblicitari. Non solo, nel testo si legge che “laddove sussista ancora oggi l’impossibilità di accesso alla rete o l’impossibilità di fruizione del servizio da parte degli utenti per motivi estranei alla propria volontà, il pagamento del canone di abbonamento non è dovuto”.

Un articolo poi elenca le tipologie di trasmissioni da programmare tra cui quelle “idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale ed economica del Paese, nonché nelle istituzioni e nella famiglia, valorizzandone le opportunità, l’impegno e i successi conseguiti nei diversi settori, in adempimento ai principi costituzionali”.

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Decreto Schillaci, solo cipria sui mali profondi della Sanità

venerdì, Marzo 31st, 2023

Eugenia Tognotti

Una spolverata di cipria; o, si potrebbe dire, un pannicello caldo, per restare in tema. È quanto viene da pensare di fronte a una serie di articoli concernenti la sanità nel Decreto bollette, approvato dal Consiglio dei ministri. Quali effetti – viene spontaneo chiedersi – sono in grado di dispiegare quei provvedimenti di ordine normativo, che non prevedono impegni di spesa (o quasi) nel contesto di emergenza nazionale sanitaria in cui ci troviamo? E ancora. È pensabile che possano influire sull’efficienza del sistema e sulla qualità dell’assistenza in una condizione in cui la salvezza del Ssn e il sistema pubblico di cure richiedono adeguate risorse economiche e nuovi modelli organizzativi?

Nessuna meraviglia che l’Intersindacale medica abbia vigorosamente protestato, salvando le parti che riguardano il fenomeno dei “gettonisti” e l’anticipo delle indennità di straordinario per i pronto soccorso. Il ministro Schillaci ha assicurato che trattasi solo di un primo passo verso una riforma complessiva della sanità. Con la quale s’intende, tra l’altro, ridare al Servizio sanitario nazionale un appeal al cui crollo hanno contribuito le condizioni di lavoro e retributive nella sanità pubblica, con stipendi fino al 40 per cento più bassi degli altri Paesi europei.

Siamo di fronte a una delle tante promesse seriali di riforma; mentre – spinta da diversi fattori tra cui la pandemia e i ritardi della “Missione salute” prevista dal Pnrr – permane la mancanza di integrazione tra ospedali e servizi territoriali e la combinazione tossica tra calo progressivo del personale sanitario e aumento della popolazione anziana, con complesse multimorbidità che influiscono sulla domanda di cure.

Tra le novità contenute nel Decreto gli incentivi – peraltro già previsti da tempo – destinati agli operatori sanitari che lavorano nei reparti di urgenza/emergenza; una maggiore flessibilità per l’arruolamento degli specializzandi e dei camici bianchi stranieri e per la stabilizzazione di chi, per quanto privo di una specializzazione, ha maturato esperienza sul campo. Uno degli articoli prevede inoltre l’inasprimento delle pene e la procedibilità d’ufficio per chi aggredisce e minaccia gli operatori sanitari, un fenomeno in crescita, che riguarda in particolare gli infermieri/e.

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Sono tempi bui se Cospito al 41 bis non può leggere neanche la Bibbia

venerdì, Marzo 31st, 2023

Massimo Cacciari

Tempi bui per la nostra Patria. Tanto precario il suo stato di salute, tanto minacciata la sua sicurezza, da essere costretta a tenere in isolamento assoluto, in carceri inviolabili non solo mafiosi stragisti (i terroristi “in grande” degli anni di piombo – tra collaborazioni e pentimenti – se la sono quasi tutti cavata), ma anche un anarchico colpevole di reati che mai in passato avremmo immaginato capaci di ledere le fondamenta del nostro ordinamento. Ma non basta. A questo micidiale sovversivo, vicino per il lungo digiuno ormai alla agonia, è stata recentemente proibita anche la lettura della Bibbia. I miei connazionali devono sapere che un detenuto col 41 bis non può ricevere libri, ma solo ordinarli tramite la direzione del carcere che si riserva di decidere quali letture siano atte alla rieducazione del criminale e al suo reinserimento nel generoso grembo della comunità. Attenzione però, i libri non possono essere più di tre (incerta rimane l’interpretazione della norma, se i tre si riferiscano ai titoli o ai tomi). Ora poiché Bibbia è plurale, ta biblia, i libri, è evidente la ragione per cui la direzione del carcere, ben addentro alla grammatica greca, ha ritenuto di non poter concederne al Cospito la lettura.

Se i giuristi sembrano tacere da tempo su questa e altre vicende, bisognerebbe chiedere questa volta ai teologi di dire la loro. Siamo un Paese che per mezzo secolo è stato governato da una forza politica che aveva l’audacia di chiamarsi cristiana. Altrettanto audaci mi sembrano ora tanti suoi eredi a non gridare allo scandalo di fronte a comportamenti delle autorità politiche così radicalmente privi di ogni senso minimo di umanità. Profonde davvero le nostre radici cristiane, blasfemamente blaterate da schiere di politici nostrani. Altro che legge dell’amore, nomos tes agapes (lo dico nel greco del Vangelo in ossequio alla direzione del carcere-bara di Cospito). La legge da noi proibisce la lettura della Bibbia, impedisce di abbracciare per un minuto parenti e amici, rifiuta gli arresti domiciliari a un moribondo dichiarato. Se i giuristi tacciono, che gridino i teologi. E se tacciono anche loro grideranno le pietre (si diceva in uno di quei libri che a Cospito sono stati rifiutati – perché se ne sospetta il carattere rivoluzionario? Se sì, bene, per una volta i suoi così intelligenti e zelanti custodi hanno ragione).

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Mario Monti: “Il governo non incoraggi i furbi. Europa frugale, se salta il Pnrr”

venerdì, Marzo 31st, 2023

Fabio Martini

Ha guidato l’ultimo governo che in Italia abbia saputo – e voluto – prendere misure impopolari in tempi forzatamente austeri e quella esperienza consente a Mario Monti una distanza dalle parti e una libertà di giudizio che pochi altri protagonisti della Seconda Repubblica possono permettersi, come conferma in questa intervista a La Stampa. Definendo due questioni decisive: se l’Italia non riuscisse a far fruttare le risorse e la fiducia dell’Europa, ne riceverebbe «grande biasimo», inducendo l’Unione a tornare ad essere frugale nel concedere le proprie risorse. E quanto alle prime, fondamentali scelte del governo, Monti apprezza la guida impressa dalla presidente del Consiglio ma segnala una possibile contraddizione in alcune scelte fiscali, e non solo, assunte dall’esecutivo: chi crede nella Nazione non può incoraggiare i «furbi», perché così si rischia di «svendere» lo Stato.

Nei rapporti con l’Europa, nella gestione dei conti pubblici e nell’inversione di rotta sulla concezione dello Stato come bancomat, il governo è stato più attivo che su altri fronti, ma ciò basta a far pensare che questo esecutivo sarà capace di far uscire il Paese dallo stallo che, tra alti e bassi, lo paralizza da più di 20 anni?
«Diciamo anzitutto che proprio sull’Europa e sui conti pubblici il governo Meloni era atteso alla prova con trepidazione: dagli italiani, dai partner europei, dai mercati. La prova, diciamolo, è andata decisamente meglio del previsto, almeno fin qui…»

Negli ultimi giorni, proprio sul fronte europeo. si stanno addensando diverse nubi…
«Un Consiglio europeo non così soddisfacente come lo si è presentato al pubblico italiano e, soprattutto, crescenti preoccupazioni sul Pnrr. Questo ci porta dritti al cuore delle domande: saprà questo governo riportare l’Italia alla crescita dopo oltre venti anni? Ma non sarà troppo chiedere al governo Meloni quel che tanti governi non sono riusciti a fare? No, è un’esigenza assoluta. Questo governo può disporre, non per proprio merito, di risorse finanziarie senza precedenti, quelle appunto del Pnrr. Dispone, in virtù del successo elettorale, di una maggioranza ampia. E potrebbe disporre, se le capacità del capo del governo continueranno a prevalere sulle forze centrifughe presenti nella maggioranza, di cinque anni. Insomma, se questo governo riporterà l’Italia alla crescita, ne avrà grande riconoscimento, che dovrà condividere con l’Europa (un tempo detestata). Ma se non ci riuscisse, ne avrebbe grande biasimo: l’Italia avrebbe sprecato un’occasione unica e tanti Paesi europei additerebbero il caso italiano per indurre l’Europa ad essere più frugale nel mettere a disposizione le proprie risorse».

L’Italia è il Paese che ha ottenuto più risorse dal Pnrr, ma potrebbe rinunciare ad una quota significativa: un paradosso che rischia di diventare proverbiale? Questione che si accompagna ad una domanda antica: bastano ingenti risorse per generare la crescita?
«Qui arriviamo al punto dolente. Per dare a un Paese, a una comunità, diciamo pure a una Nazione, il soffio di una crescita durevole non basta immettervi capitale finanziario, denaro, soldi, vengano essi dal bilancio europeo o da quello dello Stato. No, è necessario creare le condizioni che favoriscano il capitale sociale, quello che tiene insieme una comunità, piccola e grande, che fa crescere la fiducia, che non porta i furbi a prevalere sistematicamente sugli onesti.

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Bonomi: «Recovery, errori a monte. Seguire il modello Biden. Nomine, conti il merito»

venerdì, Marzo 31st, 2023

di Federico Fubini

Presidente, sembra che il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbia difficoltà. Da dove nascono secondo lei?
«Dall’origine: a Villa Pamphili nel giugno del 2020. Lì ebbi un confronto con l’allora presidente del Consiglio, perché noi immaginavamo un Piano che si concentrasse a rafforzare il potenziale di crescita del Paese. Ci siamo invece ritrovati di fronte ad una serie di interventi a pioggia per rispondere alle varie costituency elettorali».

L’impianto del Pnrr resta quello?
«È arrivato il governo di Mario Draghi, certo. Ma dall’insediamento ebbe quaranta giorni per rifare il piano vaccinale e il Pnrr. Quindi non ci fu il tempo di cambiare molto, cambiò le prime 80 pagine su milestones e riforme, ma le sei missioni di destinazione delle risorse restarono quelle del governo Conte. Le riforme erano necessarie e fondamentali: a partire da quella della pubblica amministrazione. Eppure ancora oggi non le stiamo affrontando: per avere un passaporto ci vogliono ancora nove mesi e per realizzare un’opera pubblica da oltre cento milioni di euro, ci vogliono in media 15,7 anni».

Per salvare il Pnrr preferirebbe un sistema di crediti d’imposta per investimenti verdi o digitali, sul modello di Industria 4.0 o dell’Inflation Reduction Act americano?
«Sicuro, perché siamo a un bivio. O andiamo avanti rendicontando qualunque cosa e buttando via i soldi; oppure rinunciamo ai progetti inutili e ci concentriamo su ciò che si può realizzare e che serve davvero. Si può immaginare un sistema tipo Industria 5.0, basato su crediti d’imposta, nel quale la stazione appaltante finale è l’industria privata. Quella che investe. Sarebbe una politica industriale con la persona al centro, dal green, al digitale, al biotech, all’intelligenza artificiale, al lavoro, alla formazione. È il modello applicato da Joe Biden con l’Ira».

Sembra che uno dei problemi del Pnrr sia nel sistema di governo del piano, che resta incompiuto.
«Vedremo, ma il problema vero è la troppa burocrazia della pubblica amministrazione. Con il Pnrr ci era stato assicurato che le riforme sarebbero state attuate. Il risultato è sotto gli occhi di tutti».

Vuole dire che le riforme del Pnrr sono rimaste in superficie? Anche quella della giustizia?
«Anche quella in molte parti essenziali è stata fermata».

Ma allora Bruxelles fa bene a bloccarci i fondi?
«Era sbagliato in origine il piano. Ma c’è un però. Capisco i dubbi sul finanziare col Pnrr gli stadi di Firenze e Venezia, ma la Commissione Ue aveva approvato. Scopre che non va bene solo ora?».

Davvero lei pensa che in Europa si facciano due pesi e due misure fra governo Draghi e governo Meloni?
«Non credo, ma a questo governo cosa posso imputare? Il Piano è stato predisposto da Conte ed è stato chiuso da Draghi, che più di tanto non ha potuto cambiarlo. L’attuale governo lo eredita e ha la responsabilità di realizzarlo con un’amministrazione pubblica che non sta funzionando. Ma deve a maggior ragione avere il coraggio di fare le riforme che servono».

Come quella del codice degli appalti? In base ad essa 98% delle opere si può assegnare senza gara. Difficile che giovi a concorrenza e produttività, non trova?
«Certo, ci sono dei grossi rischi. Da un lato molti enti possono decidere di assegnare i contratti solo alle grandi aziende per non esporsi a contestazioni, ma così si finisce per penalizzare le piccole e medie imprese. Dall’altro si aprono le porte alle decisioni discrezionali dei partiti e di chi premia gli amici degli amici. Un codice fatto così non incide sui problemi di produttività, trasparenza, chiarezza operativa».

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Ecco le sfide (vere) per l’Italia

venerdì, Marzo 31st, 2023

di Francesco Giavazzi

Chi critica i ritardi nel Pnrr ancora non ha capito che quel piano è costruito su due presupposti: riforme e investimenti. Le riforme devono essere attuate prima che partano gli investimenti onde evitare che gli investimenti appena avviati si fermino

Nelle prossime settimane la presidente del Consiglio dovrà prendere qualche decisione importante in campo economico: innanzitutto se chiudere le polemiche sul Pnrr e concentrarsi sull’attuazione del piano, oppure seguire chi, nella sua maggioranza, attribuisce i ritardi ad errori del precedente governo e chiede di spostare in là le scadenze. Poi decidere chi nominare al vertice di numerose aziende controllate dallo Stato, a cominciare da Enel, Eni e Leonardo. Infine, costruire alleanze con altri Paesi per non trovarsi isolata nei prossimi Consigli europei dove si discuterà di regole fiscali, di un nuovo Patto di stabilità e di come rispondere all’Inflation Reducion Act di Biden che ha stanziato circa 400 miliardi di dollari in sussidi per imprese americane e europee.

Chi critica i ritardi nel Pnrr ancora non ha capito che quel piano è costruito su due presupposti: riforme e investimenti. Le riforme devono essere attuate prima che partano gli investimenti onde evitare — è il caso ad esempio del nuovo Codice degli appalti approvato alcuni giorni fa dal Consiglio dei ministri — che gli stessi investimenti, come spesso accade in Italia, appena avviati si fermino. Non ritardi quindi, ma interventi che impediranno che le opere del Pnrr partano di corsa per poi fermarsi dopo poco.

La redazione del nuovo Codice degli appalti fu affidata al Consiglio di Stato, il nostro massimo organo amministrativo, pensando che i magistrati amministrativi, che un giorno potrebbero dover dirimere eventuali controversie, fossero le persone più adatte a scriverlo. Il codice approvato, che il ministro delle Infrastrutture ha impropriamente chiamato «Codice Salvini», ricopia quello redatto dal Consiglio di Stato, purtroppo con più di un elemento peggiorativo. Non sviste, ma modifiche ad hoc introdotte per accontentare richieste precise.

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Donald Trump incriminato, martedì in tribunale per le foto segnaletiche

venerdì, Marzo 31st, 2023

di Viviana Mazza

A due settimane dall’annuncio dell’ex presidente Usa, i giurati si sono riuniti e hanno votato per l’incriminazione. 34 capi di imputazione per falsificazione di documenti aziendali nel caso Stormy Daniels

Donald Trump incriminato, martedì in tribunale per le foto segnaletiche

A Mar-a-Lago il presidente Donald Trump e il suo team sono stati presi alla sprovvista. Dopo quasi due settimane di ansia per una imminente incriminazione, era stato annunciato dai media che ci sarebbe stato un mese di tempo prima della prossima riunione del grand jury, la giuria convocata dalla procura distrettuale di Manhattan. Trump, che aveva preannunciato che sarebbe stato arrestato martedì 21 marzo, poi aveva iniziato a dire che forse la procura ci stava ripensando. Invece ieri pomeriggio tra le 2 e le 5, i giurati si sono riuniti e hanno votato per l’incriminazione: una decisione senza precedenti, la prima volta che succede a un ex presidente americano.

La sua apparizione in tribunale è prevista martedì, scrive la tv CBS. Trump si presenterà probabilmente nell’ufficio del procuratore distrettuale, gli prenderanno le impronte e scatteranno la foto segnaletica, poi apparirà di fronte a un giudice che gli chiederà se si ritiene colpevole o innocente; poi è atteso che lo rilascerà in attesa dell’inizio del processo.

Sono 34 i capi di imputazione per falsificazione di documenti aziendali, secondo la Cnn. Non sono stati ancora resi noti ufficialmente. I media affermano che si tratti dei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels , che non sono illegali di per sé ma l’accusa tenterà di dimostrare che sono avvenuti falsificandone la natura nei libri contabili e usando fondi della campagna per la Casa Bianca del 2016, violando in tal modo le leggi sui finanziamenti elettorali. I reati di cui l’ex presidente è accusato potrebbero includere comunque anche altre vicende: il Wall Street Journal ha rivelato nei giorni scorsi che il grand jury ha anche esaminato le circostanze del pagamento di una seconda donna che affermava di avere avuto una relazione con Trump, Karen McDougal, ex modella di Playboy, la cui storia fu acquistata dal tabloid National Enquirer allo scopo di farla tacere (non fu mai pubblicata, data l’amicizia tra il proprietario del giornale e il tycoon).

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Le condizioni di Papa Francesco migliorano, ma ora c’è il rischio di un conclave ombra

venerdì, Marzo 31st, 2023

di Massimo Franco

«Il Papa sta lentamente migliorando. Ma emergerà da questo ricovero comunque infragilito. E il Conclave ombra impazzerà più che mai…». Gli effetti del ricovero di Francesco al Policlinico Agostino Gemelli in seguito alla crisi respiratoria di mercoledì già si fanno sentire. Ma non sono solo fisici.

Proiettano quasi per inerzia tutte le ombre che lo accompagnano da tempo; e che dopo la scomparsa di Benedetto XVI, il «Papa emerito», il 31 dicembre scorso, si sono inspessite. «Il tema non è questa permanenza in ospedale: il Pontefice non è in pericolo di vita. Il tema, piuttosto, è come lui stesso analizzerà quanto gli è accaduto, e quali conclusioni ne trarrà».

Le parole della fonte vaticana suonano lievemente anodine. Solo in parte, però. Il pudore lessicale lascia trasparire la grande domanda su una possibile rinuncia: questione irrisolta dal punto di vista legislativo, probabilmente perché irrisolvibile; ma tuttora in sospeso, per le indicazioni oscillanti arrivate in questi anni da Casa Santa Marta. Nei mesi scorsi, Francesco ha rilasciato una serie di interviste nelle quali ha lasciato intendere intenzioni non sempre coincidenti: fino a precisare, di fronte a voci interessate di possibili dimissioni, che il papato è tendenzialmente a vita.

Ma in precedenza aveva affermato che potrebbe dimettersi per motivi seri di salute, o se capisse di perdere lucidità; che se rinunciasse non resterebbe in Vaticano; che non andrebbe nemmeno in Argentina; che forse si ritirerebbe in una parrocchia romana, o nella basilica di San Giovanni in Laterano; che non si chiamerebbe «Papa emerito» come il predecessore ma «vescovo emerito di Roma»; e che non indosserebbe più l’abito bianco. Il problema è che di colpo, da due giorni queste ipotesi astratte debbono fare i conti con un cedimento fisico improvviso, non prevedibile. E dunque diventano speculazioni meno teoriche sul futuro prossimo del suo pontificato.

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