Archive for Maggio, 2021

La Cina è sempre meno vicina

lunedì, Maggio 31st, 2021

La scorsa settimana il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria, ha approvato a stragrande maggioranza  (599 Si; 30 No; 58 astenuti)  la Risoluzione che congela e non ratifica l’Accordo sugli Investimenti fra Unione Europea e Repubblica Popolare Cinese. L’EU-China Comprehensive Agreement on Investment-CAI era stato siglato fra la Commissione Europea e gli inviati di Pechino lo scorso dicembre e la presidente Ursula von der Leyen lo aveva salutato come un’intesa in grado “riequilibrare i rapporti economici fra Ue e Cina”, impegnando la Cina ad aderire a “principi ambiziosi in materia di sostenibilità, trasparenza e non discriminazione”.

L’ottimismo della Commissione per l’apertura di una nuova stagione delle relazioni economiche e commerciali con Pechino non ha però tenuto conto della svolta radicale impressa da Xi-Jinping nella politica cinese, che ha già trasformato sia la Cina al suo interno che i rapporti fra la Cina e il resto del mondo.

La progressiva riduzione delle libertà interne, le carcerazioni di massa e il genocidio della minoranza uigura in Xinjiang; la negazione di ogni forma di libertà politica e religiosa per la minoranza tibetana; la fine del modello “una Cina, due sistemi”, con il tradimento del patto sino-britannico, gli arresti indiscriminati e la “normalizzazione” della città di Hong Kong; l’occupazione del mar Cinese Meridionale; l’aumento della tensione nello stretto con Taiwan; una diplomazia sempre più aggressiva e assertiva (i cosiddetti “wolf warrior”); la poca trasparenza nella gestione della pandemia, hanno lasciato il segno.

E cosi, anche grazie al ritorno degli Usa di Joe Biden sulla scena diplomatica mondiale, Usa, Unione Europea, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno promosso lo scorso marzo un pacchetto di sanzioni mirate nei confronti di Pechino per denunciare le massicce violazioni dei diritti umani nei confronti della minoranza uigura nella regione del Xinjiang.

Era dai tempi del massacro di Tienanmen che l’Europa non imponeva sanzioni alla Repubblica Popolare Cinese.

La reazione di Pechino è stata immediata e molto dura, con sanzioni nei confronti di 5 parlamentari europei impegnati nella difesa dei diritti umani, il Sottocomitato del Parlamento Europeo sui Diritti Umani, diverse Fondazioni e Associazioni che si occupano di diritti e democrazia (come la Alliance of Democracies dell’ex premier danese Anders Fogh Rasmussen) e infine il Comitato Politico e di Sicurezza (CPS) dell’Unione, l’organismo che riunisce gli ambasciatori dei 27 paesi membri e che definisce le linee guida e gli indirizzi in materia di politica estera e di sicurezza comune. 

Un attacco diretto dunque al cuore dell’Europa.

E mentre le sanzioni europee, nella filosofia del Magnitsky Act, colpivano singoli esponenti del regime coinvolti nella repressione della minoranza uigura, le contro-sanzioni cinesi sono state generalizzate ed hanno colpito parlamentari democraticamente eletti, ricercatori ed enti che negli anni hanno liberamente criticato le scelte politiche in materia di democrazia e diritti del regime cinese.

Il Parlamento Europeo ha quindi giudicato le sanzioni di Pechino una “minaccia totalitaria” messa in atto da un regime che vuole decidere ed autorizzare a livello globale cosa si possa o non si possa dire sul regime stesso.

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Processo Ilva. Condanna 22 e 20 anni a Fabio e Nicola Riva, 3 anni e mezzo a Vendola

lunedì, Maggio 31st, 2021

La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva. 

Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e all’ex presidente della Provincia Gianni Florido per il presunto disastro ambientale negli anni di gestione della famiglia Riva. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.

Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, ed attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia (societa’ tra ArcelorMittal Italia e Invitalia), è stato condannato a 4 anni. Per Buffo, i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni. A Buffo era contestata anche la responsabilita’ di due incidenti mortali sul lavoro. Ventuno anni di reclusione sono stati invece inflitti all’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso (28 la richiesta dei pm) e 21 anni anche per Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per le relazioni istituzionali (28 la richiesta dei pm).

La Corte d’Assise di Taranto ha disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto per il reato di disastro ambientale imputato alla gestione Riva. La confisca era stata chiesta dai pm.

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Di impunitisti neanche l’ombra, di giustizialisti un esercito

lunedì, Maggio 31st, 2021
Funivia

Il rincrescimento di Luigi Di Maio per dieci anni abbondanti di politica dell’onestà giocata sulle manette degli altri, ha rinfocolato uno strano dibattito a proposito del derby fra giustizialisti e garantisti. Detto così suona molto male: se ne deduce che i primi sostengano il primato dell’azione giudiziaria e i secondi il primato delle garanzie costituzionali, e il derby sarebbe già finito poiché la Costituzione prevale su tutto. Infatti il segretario del Pd, Enrico Letta, ha proposto un neologismo, impunitisti, per contrapporre ai giustizialisti una categoria simmetrica. Poi, sarò particolarmente miope io, ma di impunitisti non ne conosco. Conosco moltissimi capi di partito (e giornalisti) garantisti con sé e con gli alleati e giustizialisti con gli altri, e conosco il Pd, che per inscenare una garbata equanimità ha finito con l’essere giustizialista anche coi suoi. In ogni caso il racconto del derby è tornato di prepotenza sui giornali, come fossero alla ricerca di un terzismo a mezza strada fra giustizialisti e garantisti di cui è complicato pure dare una definizione. E infatti la definizione non c’è.

Ma lo straordinario del dibattito è stato il suo rianimarsi nelle ore in cui l’inchiesta sullo straziante disastro della funivia del Mottarone si faceva da molto semplice a dannatamente complicata, con le scarcerazioni disposte dal giudice. In un paio di giorni la procura di Verbania aveva fermato i tre principali colpevoli e individuato il movente, e sull’ipotesi investigativa i giornali si erano buttati con spettacolare smodatezza. Soprattutto a proposito dell’abiezione del movente, l’avidità, ispiratrice di una quantità di articoli al limite del savonarolesco. Noi qui ad Huffpost siamo contenti della nostra prudenza. La teoria dell’avidità non reggeva. Gli stessi fermati viaggiavano normalmente sulla funivia manomessa, e i figli del proprietario ci erano saliti un’ora prima del disastro. Nessuno per avidità mette a rischio la vita dei figli o addirittura la propria. Senza considerare che uno dei tre fermati, e ora scarcerato, dipendente dell’azienda manutentrice, dalla manomissione aveva niente da guadagnare. Doveva esserci dell’altro. Magari qualcosa di peggio, ma non l’avidità.

E tuttavia abbiamo letto anche degli articoli in compiaciuto elogio alla solerzia della procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, notata anche nelle interviste concesse in un numero competitivo con quello dei Måneskin dopo la vittoria all’Eurovision. E nonostante contengano alcuni strafalcioni (dice di avere disposto il fermo per rischio di inquinamento delle prove, e non si può, il fermo è  lecito solo per pericolo di fuga) così macroscopici che viene da attribuirli all’imperizia dei giornalisti. Qua e là si leggono dichiarazioni abnormi, eppure le si riportano con la tranquillità di chi considera tutto normale, perché è così, tutto l’anormale è diventato normale.

Non potevano non sapere, dice pressoché testuale la procuratrice, come prova a carico degli indagati, a riportarci al fondo del problema vecchio ormai di trent’anni. E da ora in poi, dice, non andrà più a prendere il caffè con la gip che le ha ridimensionato dell’inchiesta, e in nessun paese al mondo il magistrato inquirente e il magistrato giudicante vanno a prendere il caffè assieme. Non ci può essere familiarità o amicizia fra i due, dovrebbero essere due mondi separati (stavo scrivendo due carriere separate). Ma da noi è la norma, è la quotidianità eterna, quando ero un cronista di giudiziaria vedevo sempre i pm e i gip andare a prendere il caffè assieme, e gli avvocati spiegavano desolati che loro per ottenere un appuntamento ne avevano da fare di anticamera.

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COMUNICATO STAMPA : OMRON Electronics Spa e ITS SISTEMA MECCANICA alleati per le competenze meccatroniche

lunedì, Maggio 31st, 2021

Siglata un’intesa tra Fondazione ITS SISTEMA MECCANICA di Lanciano (CH) e OMRON Electronics Spa, la multinazionale giapponese leader globale nel settore dei componenti per l’automazione industriale, nei prodotti elettromedicali e nei componenti per l’elettronica.

L’intesa ha lo scopo di offrire alla formazione degli allievi dei corsi ITS, dei docenti, ma anche delle aziende il livello più alto di aggiornamento delle competenze in ambito tecnologico, per meglio rispondere alle evoluzioni del mondo del lavoro e ispirandosi ai principi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.  

“La formazione tecnologica – ha affermato Paolo Raschiatore, Presidente dell’ITS – è sottoposta ad un continuo cambiamento per aspetti contenutistici, curriculari e laboratoriali grazie al grande impulso dell’Industria 4.0 ed al vasto tessuto manifatturiero che caratterizza l’economia italiana e abruzzese; è in questo quadro che va vista la partnership con player internazionali di alto profilo e che consente la formazione di tecnici sempre più preparati e sviluppare competenze adeguate per tutto il contesto territoriale”.

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Salvini: «Prorogare lo stop ai licenziamenti, ne parlerò con Letta. Giustizia, avanti con i referendum»

lunedì, Maggio 31st, 2021

di Marco Cremonesi

«Sto lavorando a un asse euro africano, un’alleanza tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Incontro ambasciatori e mi confronto con primi ministri, l’obiettivo è evitare che nei prossimi mesi gli arrivi siano nell’ordine delle centinaia di migliaia…». Matteo Salvini non è ancora ripartito da Coimbra, in Portogallo, dove ha partecipato al congresso del partito di destra Chega!. Sulle ginocchia ha il libro che sta leggendo: «Fatima. Tutta la verità», in preparazione della visita che farà questa mattina al Santuario, prima di tornare in Italia: «A questa visita tenevo. Ma tengo anche a essere in Italia oggi, il giorno della gioia e delle riaperture, della ripartenza e della fine del coprifuoco per alcune Regioni».

Segretario, non è felice delle parole di Enrico Letta? «Ho trovato un volto vero in Salvini. Con lui ho rapporti franchi, sappiamo che rappresentiamo due Italie diverse ma tutti e due sappiamo che abbiamo una grande responsabilità». Non era scontato…
«Beh, è lo spirito con cui io sono entrato nel governo Draghi. Probabilmente ha capito che andare avanti a insultare la Lega quotidianamente non è quello che serve all’Italia. Se la finiamo con Ius soli e felpe pro sbarchi, potremo dedicarci, anziché al litigio, al grande problema di questo momento: il lavoro».

E con Letta su che cosa potreste confrontarvi?
«Per esempio, sulla possibilità di prorogare il blocco dei licenziamenti. Noi siamo convinti che si possa fare».

Non teme che il suo elettorato produttivo, non solo al nord, possa essere decisamente contrario?
«Io incontro domani il presidente di Confindustria e peraltro gli imprenditori li sento quotidianamente. Loro chiedono di poter tornare a lavorare a parità di condizioni con una concorrenza spesso straniera. Se lo Stato aiuta i lavoratori prolungando le casse integrazione e mette finalmente regole al commercio online e fa pagare le tasse ad Amazon, Google, e a tutte le altre multinazionali, credo che la possibilità di evitare i licenziamenti ci sia. In questi giorni ho sentito cose da matti…».

Per esempio?
«Ho fatto un incontro con i lavoratori dello spettacolo… A lei pare normale che durante il Covid si siano dati milioni di euro a giganti come Disney o Warner? Milioni. A multinazionali miliardarie. Io credo che Draghi potrebbe intestarsi un provvedimento che metta regole più certe sulla concorrenza, avrebbe la forza per farlo anche con l’Europa. Sarebbe bello se l’Italia fosse il paese che corregge la rotta di un’Europa fin qui forte con i deboli e debole con i forti».

Lei in Portogallo è tornato a proporre la costituzione di un gruppo unico delle destre europee. Ma i suoi alleati italiani non sembrano apprezzare.
«Se c’è una cosa che mi ha insegnato il Covid è che la politica deve essere diversa. È il momento dell’unione. Se fino a ieri ci potevano essere mille partiti e mille divisioni, dopo questa devastazione c’è bisogno di unità».

Bisogna volerla tutti…
«Io ho fatto un ragionamento semplice. In Ue i gruppi del cosiddetto centrodestra sono divisi in tre. Credo che mettendo insieme le migliori energie, possiamo diventare molto più forti. In caso contrario, continueranno a decidere i socialisti per sempre. E lo stesso vale in Italia. Io non penso a partiti unici o forzature. Però, in Parlamento nasce un gruppetto alla settimana. Così non è utile».

Ma le sensibilità diverse non sono utili?
«Guardi, quando riunisco i vertici per le amministrative, le assicuro che siamo in un bel po’… Una semplificazione sarebbe più efficace e io continuerò a lavorare per questo. Una Federazione degli italiani oggi sarebbe la prima forza in Parlamento».

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Giudici, cosa succede quando sbagliano: magistratura, processi e carriere

lunedì, Maggio 31st, 2021

di Milena Gabanelli e Virginia Piccolillo

Credibili, capaci di riscuotere fiducia, senza ombre e sospetti. Così il capo dello Stato vorrebbe i giudici. E pronti ad affrontare le proprie responsabilità. Ma chi sbaglia paga? I magistrati che commettono reati affrontano i tre gradi di giudizio, come tutti i cittadini. Ma nel frattempo è il Consiglio Superiore della Magistratura a decidere se trasferirli, sospenderli, radiarli, o lasciarli al loro posto fino a sentenza definitiva. Ed è sempre il Csm a decidere se, e come sanzionare i comportamenti che non onorano la toga. Vediamo come funziona il sistema.

Rimozione: chi decide e quando

In casi gravi la rimozione arriva anche in tempi brevi. Silvana Saguto, presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Palermo è stata radiata nel marzo 2018 per l’uso della «posizione di magistrato per ottenere vantaggi ingiusti», 2 anni prima della condanna a 8 anni per il «patto corruttivo permanente» con avvocati, funzionari e ufficiali sulla gestione dei beni ai mafiosi. Per rimuovere Luca Palamara, accusato di «manovre occulte» per condizionare il Csm, sono bastate 9 sedute. Nel 2009 toccò a Edi Pinatto, che impiegò oltre 7 anni a scrivere la sentenza di un grosso processo di mafia, causando la scarcerazione di alcuni boss. La Corte dei Conti, colpita dai «compiti estremamente gravosi» per un magistrato non «idoneo a farvi fronte a causa della sua inesperienza», gli dimezzò la sanzione pecuniaria. Ma in altri, casi, altrettanto gravi, si viaggia più lenti. La legge Castelli, modificata dal governo Prodi, concede al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione un anno di tempo dalla notizia del fatto per promuovere l’azione disciplinare; un altro anno al Pg per le richieste; un altro ancora alla sezione disciplinare per pronunciarsi. Tra ricorsi e contro-ricorsi alle Sezioni Unite della Cassazione il meccanismo si inceppa. E scaduti quei tempi la malefatta resterà impunita.

Intanto la toga infangata resta indosso. La Cassazione ha disposto che venga giudicato di nuovo anche Davide Nalin, l’ex pm del pool dei reati sessuali di Rovigo, che pressava una studentessa del corso per magistrati affinché inviasse una foto hot a Francesco Bellomo, il consigliere di Stato destituito perché imponeva alle borsiste dress code con tacchi a spillo e regole vessatorie, anche lui in attesa di discutere il ricorso. Nel frattempo Nalin ha superato lo scritto per il concorso al Tar. Orali a luglio.

Da indagato processa gli altri

La sospensione da funzioni e stipendio è obbligatoria solo in caso di arresto. È facoltativa, invece, per chi è sotto procedimento penale. Il ministro o il Procuratore Generale la devono chiedere, ma non sempre lo fanno, e il Csm la può comunque revocare. Così c’è chi, anche con accuse gravi pendenti, continua ad esercitare. Come Maurizio Musco, pm di Siracusa, accusato di favorire nelle indagini l’amico avvocato sbroglia-faccende Piero Amara e i suoi amici. Il Guardasigilli Paola Severino ne aveva chiesto e ottenuto «con urgenza» il trasferimento cautelare a Palermo già a fine 2011. Ma nel 2014 il gup lo assolve, la procura fa ricorso e il Csm lo rimanda a Siracusa, dove 8 magistrati su 11 denunciano il «rischio di inquinamento dell’azione della procura». Musco viene ritrasferito, a Sassari. Intanto fioccano le condanne in Appello, in Tribunale a Messina, alla Corte dei conti. Il Csm lo radia solo nel 2019. La Cassazione conferma nel 2020. In quegli otto anni Musco ha continuato a processare gli altri. O come Ferdinando Esposito, accusato di pressioni improprie fatte tra il 2012 e il 2014 per avere un attico a due passi dal Duomo di Milano a canone stracciato. Per lui, figlio di Antonio Esposito, che condannò Silvio Berlusconi, ci fu solo il trasferimento per abuso di potere. Chi avrebbe potuto chiederne la sospensione da funzioni e stipendio era la procura generale di Cassazione, a capo della quale, fino al 2012 c’era lo zio Vitaliano. Non lo fece. Ferdinando Esposito ha esercitato fino alla radiazione, avvenuta tre mesi fa. Il ruolo di quell’ufficio è cruciale. Se una pratica arriva istruita male il Csm non può che archiviare. Per questo dovrebbero esserci magistrati senza ombre. Ecco perché ha fatto scalpore che il pg Mario Fresa dopo aver sferrato, durante il lockdown, un pugno alla moglie causandole un «vistoso ematoma sull’arcata sopracciliare» non sia stato trasferito dal Csm lo scorso 19 maggio (9 voti pro, 8 contro, 8 astenuti). Lei ritira la querela e ritratta.

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Il dolore, la rabbia e la buona giustizia

lunedì, Maggio 31st, 2021

Gian Carlo Caselli

La tragedia del Mottarone ha provocato nel Paese rabbia e sdegno. A questi sentimenti si è ora aggiunto un diffuso sgomento, per il contrasto tra il pm di Verbania che ha incarcerato i tre attuali indagati e il gip che ne ha invece liberati due concedendo al terzo i domiciliari. Sono moltissimi, forse tutti, a chiedersi come sia stato possibile. Stessi fatti, stesse prove, due magistrati della stessa sede giudiziaria che giudicano a poche ore l’uno dall’altro: eppure un quadro nero in un caso, decisamente “sbianchettato” nell’altro. Difficile da accettare. Com’è difficile da spiegare che la quintessenza del mestiere del magistrato è l’interpretazione (cioè la ricostruzione dei fatti e l’individuazione della norma applicabile da adattare al caso concreto); e che i processi riguardano di solito vicende incerte, prospettate con versioni divergenti o contrastanti. In ogni caso si tratta di accertare fatti che il giudice non ha visto, di cui non è stato spettatore, per cui la sua conoscenza è per definizione “debole”. Quel che il sistema gli chiede è di valutare la persuasività (o la non persuasività) degli “indicatori” acquisiti con gli accertamenti. Indicatori che sono perlopiù controvertibili ma che, proprio per questo, richiedono la valutazione di un soggetto preposto per legge a prendere una decisione. L’accertamento deve avvenire secondo regole prefissate e stringenti, ma la valutazione del materiale raccolto è per sua stessa struttura opinabile: donde la necessità della motivazione, per consentire alle parti di contestarla e all’opinione pubblica di controllarla.

Negli ordinamenti che hanno più gradi di giudizio (come il nostro, dove pm e gip sono i primi due di una lunga serie) la possibilità di esiti contrastanti nei vari gradi è un dato, come dire, fisiologico. Comprensibilmente (soprattutto nei processi di maggior rilievo) può creare scandalo. E tuttavia, anche se può sembrare un intollerabile paradosso, la difformità di esiti può pure leggersi come segno di un sistema “sano”, in grado di correggere i propri (eventuali) errori.

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Covid, quali sono le varianti più diffuse e quanto ci dovrebbero preoccupare

lunedì, Maggio 31st, 2021

di Cristina Marrone

Covid, quali sono le varianti più diffuse e quanto ci dovrebbero preoccupare

1 Che cosa è una variante?
La variante è un virus che presenta un numero preciso di mutazioni rispetto al ceppo originario. Ci sono migliaia di varianti in circolazione fin dagli esordi della pandemia da coronavirus, ma la maggior parte sono «neutre» perché non portano un beneficio al patogeno. Altre potrebbero contenere caratteristiche più preoccupanti perché aumentano la trasmissibilità di Sars-CoV-2, la patogenicità (inducendo malattia più severa) o aggirano, almeno parzialmente, l’immunità acquisita in seguito ad un’infezione naturale o al vaccino.

2 Quali sono le varianti che più preoccupano?
L’Organizzazione mondiale della Sanità e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)elencano quattro varianti che destano preoccupazione, le cosiddette Voc (Variants of concern). Sono la variante inglese (B.1.1.7)oggi dominante in Europa; la sudafricana (B.1.351); la brasiliana (P.1), e il secondo ceppo dell’indiana (B.1.617.2). Altre otto varianti (tra cui la nigeriana e altri due ceppi dell’indiana) sono classificate di interesse (VOI). Esistono ipotesi scientifiche, ma ancora incerte, che potrebbero avere un impatto sulla trasmissibilità, gravità e immunità del virus. Sotto monitoraggio un’altra ventina di varianti.

3 Quali sono le caratteristiche?
L’inglese e l’indiana hanno dimostrato di avere maggiore trasmissibilità; l’africana potrebbe indurre un parziale effetto di «immune escape» nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali che potrebbe interessare anche una lieve riduzione dell’efficacia dei vaccini; non ci sono invece certezze che la brasiliana possa causare un elevato numero di reinfezioni come emerso in un primo momento. Tuttavia le varianti che si sono generate finora sono figlie naturali dell’adattamento del virus all’uomo e nessuna di esse è particolarmente rilevante nel rendere i vaccini approvati meno efficaci. Se non fermiamo la circolazione del virus (grazie alla vaccinazione)non possiamo però escludere che in futuro possa comparire un ceppo parzialmente resistente ai vaccini che tenderebbe a diffondersi anche in un mondo vaccinato. Ma al momento questa variante fortunatamente non c’è.

4 Quanto sono diffuse le varianti in Italia?
L’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità datato 18 maggio segnala che la variante inglese è ancora prevalente (88,1%), ma in calo rispetto al 91,6% del 15 aprile. Cresce la diffusione della brasiliana (al 7,3% rispetto al 4,5%). L’indiana è all’1% (identificata in 16 casi totali). Nigeriana e sudafricana sono sotto l’1%. La fotografia della diffusione delle varianti è tuttavia parziale perché l’Italia sequenzia solo l’1% dei casi rispetto all’8-10% del Regno Unito.

5 Perché si parla tanto di variante indiana?
Perché contiene due mutazioni già note: la E484Q e la L452R che per la prima volta compaiono insieme. La prima aumenta la trasmissibilità di almeno il 50% secondo i primi dati disponibili. La seconda potrebbe conferirle il potere di aggirare l’effetto del vaccino.

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Un barboncino ha fatto tremare governo, scienziati e Cts. Brividi per la causa “animale”

lunedì, Maggio 31st, 2021

Franco Bechis

Non c’è riuscito Matteo Salvini anche quando batteva ogni giorno sullo stesso tasto. Non ci è riuscita Giorgia Meloni che da mesi ogni tipo di polemica ha provato a fare. Non ce l’hanno fatta i ristoratori che a momenti stavano per darsi fuoco in piazza come bonzi per ottenere una riaperturina o un allentamento del coprifuoco. Però a mettere in crisi mezzo governo, la schiera intera dei virologi, le direzioni del ministero della Salute, l’avvocatura dello Stato, la presidenza del Consiglio, l’intero Comitato tecnico-scientifico guidato dal professore Franco Locatelli è stato un barboncino. Simbolicamente, certo, perché le sue ragioni ha provato a farle valere una signora di Perugia, Luisa, che gestiva una “barberia” per cani e gatti proprio in quella città. E’ stata lei a prendere le parti del barboncino oltre di che sé stessa a fine febbraio, facendo una semplice domanda: “perché mai gli uomini e le donne anche nelle zone rosse possono tagliarsi il capello, aggiustarselo, lavarselo e poi portare le proprie vesti in tintoria e tutto questo è vietato a cani, gatti e altri animali che pure il virus non trasmettono fra loro e nemmeno agli umani?”.

Eh sì, perché l’ultimo dpcm di Giuseppe Conte aveva allentato la presa anche in zona rossa sui cosiddetti “servizi alla persona”, concedendo l’apertura di alcuni esercizi che fin lì nei lockdown più duri erano stati chiusi. Porte aperte anche con i divieti più rigidi dunque per parrucchieri, barbieri, saloni di bellezza, tintorie ed affini. Ma serrande giù per tutti gli esercizi che facevano toelettatura per animali. Se il barboncino non vedeva più nemmeno a un metro per eccesso di frangia, doveva rassegnarsi all’attesa o al miglioramento della curva dei contagi, perché il parrucchiere per animali non poteva intervenire per decreto governativo. Ora la nostra tenace signora Lucia ha fatto una domanda secca secca che ha messo in imbarazzo tutto il vertice della emergenza sanitaria: “quale è la motivazione scientifica per cui io devo stare chiusa in zona rossa e gli altri esercizi no? Chi ha stabilito che da me che vedo solo bestie si rischiano più contagi che in parrucchieri e barbieri frequentati solo da umani? Mi fate vedere un verbale del comitato tecnico scientifico che stabilisce questo? Perché se non c’è, allora mi avete chiuso ingiustamente e arbitrariamente. E allora mi dovete dare un risarcimento per ogni giorno di ingiusta chiusura”.

Il ragionamento della signora Lucia non faceva una grinza. Dico subito che alla fine però la poveretta è restata a bocca asciutta, perché il Tar del Lazio dopo lunga attesa e lunghe discussioni l’ha risolta molto salomonica: quando si è arrivati alla decisione l’Umbria non era più in rosso, e quindi la signora Lucia aveva il suo esercizio regolarmente aperto e non aveva danni. Inoltre il dpcm di Conte era ormai decaduto e le regole cambiate. Sfortuna vuole che nella causa mancavano alcuni documenti della denunciante, e quindi non si poteva procedere e si è archiviato con la gioia di tutti. Ma non è stato così facile nelle settimane precedenti. Perché a tutti è venuto il sospetto di avere fatto una bella castroneria chiudendo quegli esercizi, così sulla schiena è corso un brivido: “e se domani ci chiedessero il risarcimento tutti i cani e i gatti di Italia?”. Grande agitazione, scambio di lettere fra presidenza del Consiglio e ministero della Salute, richiesta di parere (con risposta non tranquillizzante), all’Avvocatura dello Stato, e poi la scelta congiunta: “ributtiamola addosso al Cts, saranno stati loro i responsabili di questa sciocchezza. Magari c’è pure una ragione scientifica…”.

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Che Tempo Che Fa, il ministro Speranza: “Terza dose dai medici di base”. E insiste sulle mascherine al chiuso

lunedì, Maggio 31st, 2021

“Non dobbiamo avere fretta di togliere le mascherine al chiuso, siamo ancora in una fase di transizione”. Il ministro della Salute si collega con Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa e su Rai1 insiste sulle mascherine. Non è ancora l’ora di toglierle. Il ministro fa il punto sui vaccini e dopo aver speigato che “ad ore” dopo l’ok dell’Ema (l’agenzia europea per i medicinali), anche l’Agenzia italiana per i farmaci (Aifa) darà il via libera all’uso del vaccino Pfizer anche nella fascia tra i 12 e i 15 anni (qui i dati su sicurezza ed efficacia per quella fascia d’età) annuncia pure la terza dose di vaccino. “Sarà molto probabile dover fare una terza dose di vaccino, un richiamo che sarà probabilmente “modificato” per coprire le varianti. Bisognerà dunque passare da una fase straordinaria ad una fase ordinaria e penso che questa nuova ordinarietà possa essere affidata alla nostra straordinaria rete di medici di medicina generale”.

Sui vaccini ai giovani spiega anche che “i dodicenni saranno vaccinati dai pediatri”. “Io penso che a vaccinare i più piccoli, i ragazzini dai 12 ai 14 anni, debbano essere i pediatri. Perché c’è un rapporto di fiducia con i genitori che, visto che stiamo parlando di minorenni, è fondamentale. “Abbiamo costruito delle linee guida. In che fase siamo? Si torna all’attività, si riaprono attività anche che erano chiuse fino a poche settimane fa, ma lo fa con un elemento di cautela”, ha continuato il ministro, sottolineando la necessità di mantenere un approccio cauto: “Le mascherine sono e restano fondamentali. Il distanziamento resta ed è fondamentale.

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