Archive for Gennaio, 2021

Zona gialla, Miozzo (Cts): “Evitare assembramenti, rischio che la curva esploda”

domenica, Gennaio 31st, 2021

Roma, 31 gennaio 2021 – Covid: si moltiplicano gli appelli a non abbassare la guardia, in un weekend che ha visto che ha visto nuovi assembramenti nelle grandi città, da Milano a Napoli, da Roma a Bologna, complice qualche squarcio di bel tempo e soprattutto la prospettiva del cambio di fascia per molte regioni.

Avvertimenti del Cts e di Speranza

Il ritorno in area gialla “non significa normalità”. È necessario “evitare assembramenti” poiché c’è il rischio “assolutamente reale che la curva schizzi rapidamente verso numeri difficilmente gestibili”. Così il coordinatore del Cts Agostino Miozzo sottolineando che è fondamentale ricordare cosa è successo la scorsa estate quando “molti si sono proiettati al ritorno alla normalità senza comprendere che il virus era, come oggi, attorno a noi”.

A settembre scorso, sottolinea ancora Mizzo, “abbiamo visto la curva schizzare rapidamente verso numeri difficilmente gestibili” e “oggi quel rischio è ancora assolutamente reale”, senza dimenticare “l’incognita ‘varianti’, di cui si sa ancora poco circa la presenza sul nostro territorio ma abbastanza sulla loro velocità di diffusione”. Dunque, conclude il coordinatore del Cts, “essere rientrati in area gialla non significa normalità e gli assembramenti visti ieri paiono essere solo la premessa di una esasperata, benché comprensibile, necessità di ritorno alla vita di tutti i giorni che purtroppo non ci possiamo ancora permettere”.

Covid, Ricciardi invoca la zona rossa: “Politici abbiano il coraggio”

Anche il ministro della Salute Roberto Speranza, oggi, ha avvertito: “Zona gialla non significa scampato pericolo. Serve ancora la massima prudenza se non vogliamo tornare indietro rispetto ai passi avanti delle ultime settimane”.

Gli assembramenti

Ma la ‘febbre gialla’ però è già scattata da Nord a Sud. Si sono riempite nel pomeriggio le strade del centro di Milano complice anche il bel tempo e, soprattutto nella zona dei Navigli, si sono creati assembramenti di giovani che si sono fermati a gruppi nella zona pedonale lungo la Darsena. Molta gente in giro anche in corso Vittorio Emanuele e a Porta Nuova, tra piazza Gae Aulenti e corso Como.

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 31 gennaio: 11.252 nuovi casi e 237 morti

domenica, Gennaio 31st, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 31 gennaio: 11.252 nuovi casi e 237 morti

In Italia, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, almeno 2.553.032 persone (compresi guariti e morti) hanno contratto il virus Sars-CoV-2: i nuovi casi sono 11.252, +0,4%* sul totale contagiati — vedi sopra — (ieri erano +12.715, qui il bollettino). I decessi odierni sono 237, +0,3%* (ieri erano +421), per un totale di 88.516 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono 2.010.548 complessivamente: 20.396 quelle uscite oggi dall’incubo Covid, +1%* (ieri erano +16.764). E gli attuali positivi — i soggetti che adesso hanno il virus — risultano essere in tutto 453.968 (sotto la soglia di 500 mila dal 23 gennaio), pari a -9.384 rispetto a ieri, -1%* (ieri erano -4.472). La flessione degli attuali positivi di oggi — con il segno meno davanti — dipende dal fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi.

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 213.364, ovvero 84.646 in meno rispetto a ieri quando erano stati 298.010. Mentre il tasso di positività è 5,3% (l’approssimazione di 5,27%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti più di 5 sono risultati positivi; ieri era 4,3%.
Dal 15 gennaio questa percentuale casi/tamponi è calcolata contando anche i test rapidi, di conseguenza è più bassa rispetto a quella dei bollettini precedenti al 15 gennaio e non è possibile fare confronti con lo storico. Qui la mappa del contagio in Italia.

Meno contagi in 24 ore rispetto a ieri. Il minor numero di nuove infezioni è condizionato dalla diminuizione di analisi processate, come accade ogni weekend (oggi si comunicano i test esaminati sabato). E così la curva si abbassa per il quarto giorno consecutivo. Il rapporto di casi su tamponi cresce di un punto, passando dal 4,3% di sabato al 5,3% attuale. In genere l’aumento della percentuale si osserva quando calano i test perché si tende a cercare in modo più focalizzato, tamponando chi ha sintomi o in prossimità di un focolaio. È vero che si osserva un lento miglioramento, ma senza cautele il virus ci mette un attimo a riprendere la corsa. «Il ritorno in area gialla non significa normalità», spiega Agostino Mizzo, coordinatore del Cts. Avvertendo: «È necessario evitare assembramenti, perché c’è il rischio, assolutamente reale, che la curva schizzi rapidamente verso numeri difficilmente gestibili». Di fatto, la quantità di casi quotidiani non permette ancora il tracciamento.

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Gamestop Robinhood o Burattini?

domenica, Gennaio 31st, 2021

Inchiesta di: Andrea Indini

Il movimento Occupy Wall Street contro Wall Street. I pesci piccoli, ovvero i millennial trader, contro l’establishment finanziario, ovvero gli hedge fund. Il populismo dei social media contro la spietatezza del sistema finanziario. Lo scontro, per ora, è oltreoceano, ma i suoi effetti nefasti rischiano di riverberarsi inesorabilmente anche di qua dell’Atlantico dove troppo spesso subiamo i contraccolpi dei tonfi degli Stati Uniti senza poi faticare a risollevarci. Se infatti gli indici americani salgono inesorabilmente (e senza alcun senso) da ormai una dozzina d’anni, i mercati del Vecchio Continente hanno faticano molto di più a riprendersi da quella che nel 2008 iniziò come una bolla immobiliare e finì per trascinare giù l’Europa nella crisi dei debiti sovrani. Fu un bagno di sangue per cui molti investitori si leccano ancora oggi le vecchie ferite. Lo stesso potrebbe avvenire oggi con la bolla di GameStop e dei titoli gonfiati da piattaforme di investimento online come RobinHood. Quando capiremo che non è la rivincita dei piccoli investitori, ma solo un’altra faccia di un sistema che può esplodere da un momento all’altro, sarà probabilmente troppo tardi.

Facciamo un passo indietro. Agli anni Settanta. Al tempo le obbligazioni erano poca cosa. Un investimento sicuro che affascinava chi aveva qualche spicciolo da parte e che avrebbe fruttato poco in un futuro lontano. Poi arriva Lew Ranieri a inventarsi uno strumento molto semplice, ma altrettanto devastante. Cosa succede se i mutui degli americani con rendimenti davvero miseri vengono impacchettati in un unico prodotto? Il rendimento sale, ma il rischio resta sempre basso perché si basa sul principio che tutti lo pagano. Il rating, con cui viene venduto, è da tripla “A” e subito ci si fiondano tutti, persino i fondi pensione pubblici che non sono di certo degli squali. Semplice, no? Ma cosa succede se i mutui iniziano ad essere “regalati” a chi non ha soldi sufficienti a coprire la rata a inizio mese e le maxi rati non vengono più saldate? Ecco la bolla, trent’anni dopo. Ecco che le fondamenta di questi prodotti gonfiati all’inverosimile vengono giù. Prima o poi, vengono giù. È successo nel 2008 con la crisi dei mutui subprime, cartastraccia infilata in ogni genere di prodotto che ha trascinato nel baratro prima Wall Street e poi i principali listini di tutto il mondo.

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Travaglio inguaia Conte e svela l’uso dei soldi pubblici per un sondaggio sul premier

domenica, Gennaio 31st, 2021

Elena Del Mastro

La Presidenza del Consiglio avrebbe commissionato a pagamento un sondaggio sul gradimento di Giuseppe Conte rispetto agli altri leader del partito. A renderlo noto è il Fatto Quotidiano che ne pubblica i risultati: Giuseppe Conte in testa, Matteo Renzi ultimo. È questo che emerge da un sondaggio Ipsos sul gradimento dei leader. Se la notizia fosse fondata, Palazzo Chigi (l’articolo recita già dall’occhiello “La rilevazione per Chigi”) avrebbe destinato fondi pubblici a scopi di propaganda. La questione non è passata inosservata ed è stata denunciata da Michele Anzaldi, segretario della Commissione di Vigilanza Rai e deputato di Italia Viva.

“Se fosse confermato quanto scrive Il Fatto Quotidiano, ovvero che la presidenza del Consiglio ha commissionato e pagato un sondaggio sul gradimento di Conte e il confronto con i leader dei partiti – scrive Anzaldi su Facebook – saremmo di fronte ad un gravissimo abuso che sconfina nel danno erariale. A che titolo Palazzo Chigi spende i soldi dei cittadini per testare il gradimento personale di Conte come leader politico?”

“A che titolo Palazzo Chigi – continua nel post – a maggior ragione in piena crisi di governo da oltre due settimane e con il presidente del Consiglio dimissionario, rileva il consenso dei singoli partiti? Mai nella storia della presidenza del Consiglio si era assistito ad un tale uso personalistico di risorse pubbliche, è urgente che se ne occupino il presidente dell’Anac Busia e la Corte dei Conti, presenterò un esposto”.

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Per uscire dalla crisi serve lo spirito del ‘46 con un governo di tutti

domenica, Gennaio 31st, 2021

Giovanni Guzzetta

Anche nella crisi l’Italia conferma la propria anomalia. Presi dalla rincorsa a ogni spiffero che proviene dalle stanze in cui si svolgono conciliaboli e trattative, e che talvolta nobilitano persino i pettegolezzi più triviali, ci dimostriamo ancora una volta una democrazia del terzo tipo. La crisi è stretta tra due vincoli.

Il primo è, che, a causa di un sistema elettorale prevalentemente proporzionale – e che qualcuno vorrebbe rendere ancora più proporzionale – le elezioni del 2018 non hanno prodotto un maggioranza parlamentare corrispondente alla volontà degli elettori. E dunque i governi succedutisi sinora sono frutto dell’accordo tra schieramenti fieramente antagonisti nella campagna elettorale.

Questa circostanza, che nelle grandi democrazie, è vista come una sciagura, con la conseguenza che i governi tra avversari sono un male necessario che nessuno si augura, da noi sono la normalità, che tolleriamo allargando le mani e raccontando agli elettori che purtroppo non si poteva fare altrimenti. In quel “purtroppo” c’è tutta l’ipocrisia di un sistema politico che non ha mai voluto veramente fare quelle riforme che ci allineassero agli altri paesi. È l’anomalia italiana, bellezza! E la questione viene subito archiviata. L’eccezione degli altri è la nostra regola. E, a quanto pare, va bene così.

Il secondo vincolo è quello di considerare le elezioni come extrema ratio. Una circostanza che, nel pieno di una pandemia, ha certamente ragioni a proprio sostegno. Ma ancora una volta dimentichiamo che da noi l’orrore delle elezioni è sempre stato un mantra che ha attraversato l’intera storia repubblicana. Le due cose si tengono. Se è scontato che le elezioni producano esiti incerti (e anzi si fa di tutto per evitare che questa situazione cambi) perché bisognerebbe anticiparle quando c’è una crisi di governo? E l’anomalia italiana, bellezza! Un solo governo per legislatura (la normalità altrove) da noi è considerata l’illusione naïv di qualche sognatore.

Tra questi due dogmi tranquillamente accettati non stupisce allora che la prima cosa a cui si pensi per risolvere la crisi sia un governo partigiano. Un governo cioè fatto da partiti più o meno vicini politicamente (benché siano stati acerrimi nemici alle elezioni) e comunque meno distanti dagli altri. In democrazia del resto che i governi siano “partigiani” è nelle cose. Dall’altra parte sta l’opposizione. Peccato però che nell’anomala democrazia italiana tutto ciò, nella situazione in cui siamo oggi, rasenti l’assurdo. Sono giorni che, per fare quel governo partigiano, si registra ogni genere di manovra per procacciare puntelli e sostegni alla “parte” che vuole governare. E vuole governare appunto come “parte”, con le idee (legittime) di parte, per fare una politica di parte.

Ora, ciò che è normale in situazioni normali (governare con una politica “di parte”) diventa, appunto, assurdo nel contesto in cui siamo. Perché la legittimazione a governare come parte non è stata decisa dagli elettori, che assistono impotenti e attoniti al susseguirsi di conversioni e transumanze motivate, nel migliore dei casi, dalla volontà di aiutare una “parte” a vincere, e molto più spesso dalla promessa di un ministero, di un sottosegretariato o un po’ di visibilità.
Ma l’assurdità vera in questo accanirsi nel formare un governo partigiano, sta nel fatto che oggi la posta in gioco non è partigiana affatto.

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Covid, da Nord a Sud sabato sera di folla nei centri storici e nelle vie dello shopping

domenica, Gennaio 31st, 2021

Un sabato pomeriggio (e sera) da “liberi tutti” in alcune città d’Italia. A Milano, nonostante la Lombardia abbia ancora le limitazioni della zona arancione, sono segnalati assembramenti alla Darsena sui Navigli. A Roma folla in via del Corso. A Napoli, dove c’è già la zona gialla, migliaia di persone hanno affollato le vie dello shopping. Nella zona dei “baretti” di Chiaia, centinaia di giovani – spesso senza mascherina – si sono incontrati davanti ai locali.

Milano e Roma: folle e assembramenti

“Live, via Bisignano 17:30 sabato 30 gennaio 2021. Non stupiamoci però se poi saremo costretti a nuove misure restrittive per la salvaguardia della salute pubblica. Eh no! Quelli che fuori un bar mangiano e bevono, ovviamente, senza la mascherina non si possono paragonare a quanti fanno la fila all’ufficio postale o sono in strada a guardare le vetrine. La discriminante? Primo, la mascherina, secondo la necessità (per chi vuole socializzare fuori un bar) di assembrarsi per definizione”, si legge sulla pagina Facebook “Comitato Chiaia Viva e Vivibile”, che ha postato un video della folla a Napoli.

TGCOM

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Quando le parole sono poco utili

domenica, Gennaio 31st, 2021

di Ernesto Galli della Loggia

La delegittimazione che colpisce la politica in Italia non è opera dei suoi critici, per quanto velenosi e calunniatori possano essere. Per lo più è un’autodelegittimazione. È il risultato di tutte le occasioni in cui la politica nostrana dà di sé un’immagine sciocca, goffa o grottesca. Il caso più comune è quello della comunicazione. Nove volte su dieci quando i politici italiani parlano l’effetto, si può essere sicuri, è catastrofico. Le modalità principali in cui essi si esprimono sono due: la battuta-pensierino e lo sproloquio. Nessuna via di mezzo: venti secondi o mezz’ora. Lo slogan imparato a memoria — da recitare tutto d’un fiato, seducente come l’etichetta di una confezione di surgelati, che andrà in onda nei tg della sera con altri tre quattro dello stesso tenore: effetto lo zero assoluto — ovvero una chiacchiera ampollosa e involuta, ossessivamente ripetitiva, concettosa, che suscita un immancabile «Va bene, abbiamo capito, adesso smettila».

Rimedio possibile? Fare tesoro delle pagine 199-200 del bellissimo Splendore e viltà, di Erik Larson (Neri Pozza) dedicato a Churchill durante il terribile biennio iniziale della II Guerra mondiale. Il 9 agosto 1940 (non so se mi spiego…) Winston trova il tempo di indirizzare una minuta ai membri del gabinetto intitolata Brevità. Nella quale prescrive come redigere relazioni e documenti interni (solo i «punti essenziali» in «paragrafi brevi e incisivi») e poi aggiunge: «La maggior parte delle frasi contorte sono mere chiacchiere che potrebbero essere rimpiazzate da un’unica parola. Non facciamoci scrupoli a utilizzare frasi brevi ed espressive, anche se dovessero sembrare colloquiali (…)

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La soluzione che il popolo non capirebbe

domenica, Gennaio 31st, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

Si dava per certo, l’altra sera, che la crisi di governo si concluderà con un Conte ter, che sarebbe poi una riedizione del governo precedente, cioè con lo stesso premier e la stessa maggioranza, Italia Viva compresa. Magari non se ne farà nulla e la crisi prenderà un’altra strada. Ma il solo fatto che si sia pensato a una soluzione del genere fa capire quanto il Palazzo sia – temo irrimediabilmente – disconnesso dalla realtà. E questo a prescindere dalla qualità di questo eventuale nuovo (si fa per dire) governo. Può anche darsi che si riveli, alla fine, il miglior esecutivo della storia. Non è questo il punto.

È che gli italiani resterebbero sbigottiti. Ma come: il Paese è allo stremo e questi pensano a far cadere un governo per rifarne uno uguale? “Non ci posso credere”, direbbe Aldo. E sarebbe curioso ascoltare che cosa avrebbero poi da comunicare al Paese Conte, Renzi e il Pd: cari concittadini, avevamo scherzato.

A nulla servirebbe cercare di spiegare che si è corretto il programma, che i propositi sono cambiati, che ci si è chiariti. Gli italiani non capirebbero: e se non fossero sfiniti dalla crisi li andrebbero a cercare, quei politici che fanno disfano e rifanno uguale un governo mentre il Paese è alle corde.

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“I politici italiani danzano. Crisi e ritardi, serve Draghi”

domenica, Gennaio 31st, 2021

di ELENA COMELLI

La buona notizia è che nel breve termine l’economia italiana non affonderà, anche se la crisi di governo dovesse prolungarsi. Per Bill Emmott, ex direttore dell’Economist e attento osservatore della politica nostrana, i nodi verranno al pettine, però, sul medio periodo. E qui l’Italia rischia grosso. A meno che non ci sia uno scatto d’orgoglio della classe politica e qualcuno riscriva il Recovery plan in maniera più circostanziata e trasparente. Per adesso scatti d’orgoglio non se ne vedono.

“È paradossale che un governo debole come quello di Conte sia stato così popolare fino ad ora, più popolare di altri primi ministri del passato molto più capaci di lui. Era prevedibile che prima o poi finisse così, data la frammentazione di questa maggioranza”.

All’inizio è sembrato efficace nel gestire la pandemia.

“La pandemia è stata gestita abbastanza bene nelle prime fasi, fino a settembre. Poi la questione si è complicata e il governo Conte, come molti altri, si è incartato. Ma non lo si può criticare troppo su questo punto, perché si tratta di una situazione oggettivamente molto difficile. Invece sul rilancio economico del Paese non sembra davvero all’altezza”.

Ora però tutti ce l’hanno con Matteo Renzi.

“Il Recovery plan italiano è troppo vago e questo è molto pericoloso per il Paese, perché si tratta di gestire un’enorme quantità di denaro e ne va del futuro dell’Italia e della sua reputazione, non solo in Europa ma anche sui mercati. Ora tutti se la prendono con Renzi, ma bisogna ammettere che la questione è cruciale e andava messa sul tavolo”.

Quali sono i rischi, se non si corregge il tiro?

“Sul breve termine molto dipende dalla campagna di vaccinazioni. Se nel giro di cinque-sei mesi l’Europa riuscirà a vaccinare una grande quantità di persone, si potrà tornare alle normali attività economiche e il massiccio intervento dello Stato sarà tollerato dai mercati finanziari grazie al paracadute europeo. Rimettere in moto l’Italia sul medio-lungo periodo, invece, è una questione molto più difficile. È probabile che emergano nuovi buchi nelle banche, con la necessità di altri salvataggi. C’è il rischio di un’ondata di fallimenti. E qui la gestione oculata dei soldi del Recovery plan sarà essenziale”.

Come uscirne?

“Quella a cui stiamo assistendo è una sorta di danza, molto italiana, che serve per trovare un governo più stabile. Ma a prescindere dal ‘pas de deux’ fra Conte e Renzi, ci si doveva arrivare comunque. C’è da sperare che Conte non ci riprovi, perché non ha i numeri. Questa danza dovrebbe portare il Pd e il M5s in una posizione tale da capire che non ci potrà essere un altro governo Conte”.

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Crisi di Governo, riprende quota il Conte ter, per Renzi c’è anche Draghi

domenica, Gennaio 31st, 2021

di Alberto Gentili

A dispetto dei timori di Giuseppe Conte e dei fantasmi del governo istituzionale o di larghe intese, il primo giorno dell’esplorazione di Roberto Fico nella giungla rosso-gialla ha fatto segnare un passo importante verso un nuovo governo guidato dall’avvocato. Matteo Renzi nell’incontro con il presidente della Camera ha dimostrato la disponibilità a trattare per il Conte-ter. Tant’è, che pur non facendo il nome dell’avvocato, ha chiesto un «patto scritto». Si è detto disponibile «a fare di tutto per trovare un accordo». E non è andato a testa bassa neppure sul Mes. Eppure, la prima scelta del leader di Italia Viva resta quella di sempre: ottenere lo scalpo di Conte, per poi incassare un governo guidato da Mario Draghi o da Marta Cartabia sostenuto anche da Forza Italia.

«Siamo 50 e 50», ha confidato ai suoi il senatore di Rignano che viene descritto «galvanizzato» per aver saputo che l’ex presidente della Banca centrale europea sarebbe disposto ad accettare palazzo Chigi (o l’Economia) se gli venisse rivolto un appello a «salvare la Patria». Insomma Renzi, come al solito, gioca su due tavoli. «Tanto più», ha puntualizzato, «che bisogna vedere cosa riuscirò a mettere nel patto scritto, il vero problema dei grillini sono i temi…». In estrema sintesi: «Non date per fatto il Conte-ter». Forse è anche un modo per alzare il prezzo.
Agli atti c’è però che Renzi tratta con Pd, 5Stelle e Leu.

La ragione è spiegata da un alto dirigente di Italia Viva: «Nessuno di noi vuole Conte e siamo convinti che riusciremmo a spingere i grillini, terrorizzati dalle urne, a sostenere un governo Cartabia-Draghi. Ma il Pd non si muove, non sente ragioni, e resta fermo sull’avvocato per preservare quella che chiamano “alleanza riformista” in vista dell’approdo elettorale, quando sarà. Così, valutata la situazione e per non rischiare di perdere qualche senatore nel caso di rottura, ora fissiamo un prezzo alto per il Conte-ter. Per avere discontinuità e un governo migliore. A questo scopo, se non riusciremo a fare come è probabile un esecutivo Draghi, dovrà cambiare il ministro della Giustizia, Bonafede. Gualtieri dovrebbe essere sostituito da un tecnico di altissimo livello per realizzare al meglio il Recovery Plan, Catalfo e De Micheli dovranno lasciare perché inadatte al ruolo. Noi? Il problema non sono i posti». Eppure, Italia Viva punta sui ministeri dello Sviluppo e delle Infrastrutture per avere un ruolo di primo piano nel Recovery Plan. Anche se non scarta affatto l’ambo Interni-Difesa. La ragione è spiegata da un alto dirigente di Italia Viva: «Nessuno di noi vuole Conte e siamo convinti che riusciremmo a spingere i grillini, terrorizzati dalle urne, a sostenere un governo Cartabia-Draghi. Ma il Pd non si muove, non sente ragioni, e resta fermo sull’avvocato per preservare quella che chiamano “alleanza riformista” in vista dell’approdo elettorale, quando sarà. Così, valutata la situazione e per non rischiare di perdere qualche senatore nel caso di rottura, ora fissiamo un prezzo alto per il Conte-ter. Per avere discontinuità e un governo migliore. A questo scopo, se non riusciremo a fare come è probabile un esecutivo Draghi, dovrà cambiare il ministro della Giustizia, Bonafede.

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