Per Mosca – parole dell’ambasciatore russo a Washington
Anatoly Antonov – l’invio di cari armati americani Abrams in Ucraina è
una «sfacciata provocazione», la prova che gli Stati Uniti vogliono
infliggere una «sconfitta strategica» alla Russia.
Secondo diverse fonti convergenti, Washington dovrebbe
annunciare mercoledì ufficialmente l’invio di carri armati M1 Abrams, e
anche il dettaglio sui numeri. Berlino ha infine deciso di inviare i
suoi carri armati Leopard 2, e anche qui si attendono dettagli sulle
quantità (si ritiene che in tutto, anche a breve, possa no arrivare una
sessantina di mezzi, equamente divisi). Si tratterebbe di un’inversione
di rotta nella politica che, secondo Kyiv, contribuirà a rimodellare il
conflitto. Un game changer, come lo furono gli Himars.
In realtà sottotraccia esistono già diversi elementi – nella comunità
osint – per provare a ricostruire come sta avvenendo il trasferimento
degli Abrams e dei Leopard verso la frontiera occidentale dell’Ucraina,
principalmente dalla Polonia.
I mezzi vengono per lo più spostati in treno, e negli ultimi due
giorni hanno cominciato a emergere, soprattutto sui canali telegram più
vicini al mondo dell’intelligence, specialmente militari russi, dei
brevi video che lo testimoniano. Qui siamo in grado di farvene vedere
qualcuno.
In uno è possibile osservare il movimento di attrezzature nell’Europa
orientale, tra queste carri armati Abrams M1 e Leopard 2, cannoni
semoventi M109 Paladin e anche il veicolo da combattimento di fanteria
M2 Bradley. Si tratta di video non ripresi in Ucraina, stando alle fonti
che le hanno postate (per esempio il canale telegram “Supernova”, o il
Canale Grey Zone, il più vicino al Gruppo Wagner), ma nelle zone
orientali dei paesi europei confinanti, in direzione Ucraina.
Dimissioni importanti nel governo ucraino. Nelle ultime ore sia Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio della presidenza ucraina, sia Vyacheslav Shapovalov, vice ministro della Difesa, hanno deciso di lasciare. Il primo ha scritto: “Ringrazio il presidente Volodymyr Zelensky per
la fiducia e l’opportunità di compiere buone azioni ogni giorno ed ogni
minuto”. Lo ha annunciato su Telegram, specificando di aver chiesto al
presidente di sollevarlo dall’incarico.
Per quanto riguarda Shapovalov, invece, la notizia è apparsa sul sito
web del ministero della Difesa di Kiev. Secondo la nota ufficiale, il
vice del ministro avrebbe chiesto di lasciare il suo incarico per non
“creare minacce alle Forze armate in seguito alle accuse sull’acquisto
dei servizi di ristorazione”. Il riferimento è a un’inchiesta
giornalistica, da cui è emersa l’accusa nei confronti del ministero
della Difesa di aver pagato prezzi eccessivi per le
razioni di cibo dei soldati. Anche se il fornitore ha risposto parlando
di errore tecnico e ha escluso passaggi di denaro. “Nonostante il fatto
che le accuse annunciate siano prive di fondamento, le dimissioni sono
un atto degno nelle tradizioni della politica europea e
democratica, dimostrazione che gli interessi della Difesa sono
superiori a qualsiasi gabinetto o presidenza”, si legge sul sito del
ministero.
La guerra in Ucraina avrà una soluzione militare o non ne avrà.
Immaginare una soluzione diplomatica è buono e giusto. Lavorarci in
segreto, come stanno tentando da mesi emissari russi e americani più
qualche mediatore sparso, è necessario per mantenere oggi i contatti e
preparare una tregua domani, fors’anche una miracolosa pace dopodomani.
Ma il negoziato serio sarà frutto della vittoria di una parte o
dell’altra. O dell’esaurimento materiale e spirituale di entrambe.
Il conflitto è ormai esistenziale per i russi come per gli ucraini.
Chi perde non perde una guerra ma la patria. Come minimo, ne riduce
formato, benessere e prestigio a dimensioni inconcepibili prima del 24
febbraio scorso. Dunque inaccettabili dai rispettivi popoli e regimi.
Quanto ai decisori di ultima istanza, Putin e Zelensky, un passo
indietro e sono finiti.
Vittoria o sconfitta non si misurano nei metri quadri conquistati o
persi nel lungo fronte ucraino. La guerra è di taglia mondiale. Perché
vi si scontrano sempre meno indirettamente Russia e America. E perché la
Cina, partner insofferente e disilluso di Mosca, entra nell’equazione
principale – lo scontro con gli americani per il primato mondiale – ed è
trattata come tale da Washington, che non considera vitale il fronte
ucraino. Siccome gli europei non sono attrezzati alla guerra né i cinesi
vogliono entrarvi per i begli occhi dei russi, i gestori di questa
carneficina apparentemente interminabile sono Mosca, Washington e Kiev.
Tradotto: solo gli Stati Uniti sono in grado di imporre la fine della
guerra.
Tre possibili vie: ridurre il sostegno militare a Kiev fino a
convincere Zelensky dell’impossibilità di vincere, dunque della
necessità di compromettersi con Mosca; entrare in guerra per salvare
l’Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche sé
stessi; negoziare con i russi un cessate-il-fuoco alle spalle degli
ucraini per imporlo agli aggrediti. Scenari molto improbabili (primo e
terzo) o semplicemente assurdi (il secondo). Né la Casa Bianca ha fretta
di interrompere un duello nel quale la Russia, unico anche se non
spontaneo socio del nemico principale, paga ogni giorno un alto prezzo
materiale, umano e soprattutto immateriale, perdendo quota nella
gerarchia delle potenze.
Nella casa di Joe Biden nel Delaware sono stati trovati sei nuovi documenti classificati come riservati.
A dare l’annuncio l’avvocato personale di Biden, Bob Bauer, spiegando
che i documenti sono stati sequestrati dal dipartimento di Giustizia
degli Stati Uniti, dopo la perquisizione avvenuta venerdì 20. Il
Dipartimento ha anche preso per un’ulteriore revisione appunti scritti a
mano personalmente dagli anni della vicepresidenza, ha detto
l’avvocato. Agli investigatori è stato dato “pieno accesso” alla casa,
ha aggiunto Bauer.Scoperti altri documenti in casa Biden
Come
ha riferito l’avvocato, le ricerche della Fbi a casa di Joe Biden sono
durate 12 ore in presenza degli avvocati ma non dei coniugi Biden, che
non erano in casa in quel momento. Nonostante Jill e Joe Biden stiano
trascorrendo ogni weekend in Delaware ultimamente, la loro destinazione è
la casa al mare, a Rehoboth Beach. La perquisizione del dipartimento di
Giustizia nell’abitazione del presidente Biden, a Wilmington, è
iniziata venerdì alle 9.45 e si è conclusa alle 22.30. I sei documenti
risalgono alcuni al periodo in cui Biden era senatore (1973-2009) e
altri al periodo in cui è stato vicepresidente di Barack Obama (2009-2017).
Trecento carri armati occidentali moderni è la richiesta del capo
delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny. La guerra dei
tank è alle porte nel cuore dell’Europa, dove si è svolta durante la
seconda guerra mondiale la più grande battaglia di carri armati della
storia. Nel 1943, all’apice del carnaio di Kursk, in territorio russo a
nord di Kharkiv, erano impegnati tremila mezzi corazzati.
Anche se
arrivassero un centinaio di carri occidentali riuscirebbero a
sconfiggere l’armata di Putin? Forse no, ma potrebbero servire a
smorzare la temuta offensiva di Mosca, dopo un anno di guerra, che
punterà a conquistare tutto il Donbass o peggio. I tank occidentali
rischiano di non arrivare in tempo e di svuotare gran parte delle
riserve europee. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi difesa,
evidenzia che le forniture «presentano molti aspetti critici tra i quali
spicca innanzitutto il fatto che l’Europa dispone appena dei carri
armati sufficienti ad equipaggiare pochi reparti dei propri eserciti».
Gli
inglesi guidano il «partito dei tank». Polonia, Lettonia, Lituania,
Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Slovacchia ed Estonia hanno
siglato il patto di Tallinn per «la consegna di una serie senza
precedenti di donazioni tra cui carri armati, artiglieria pesante,
difesa aerea, munizioni e veicoli da combattimento di fanteria alla
difesa dell’Ucraina». Il tabù dei tank occidentali moderni è stato rotto
dal Regno Unito, che ha deciso di inviare 14 Challenger 2. La Germania
nicchia sui Leopard 2. Mezzi corazzati da 60 tonnellate con cannoni da
120 millimetri e sistemi di puntamento che danno filo da torcere a gran
parte dei tank russi. La Polonia che scalpita per fornirli all’Ucraina
ha bisogno dell’autorizzazione tedesca. Il viceministro degli Esteri,
Pawel Jablonski, ha dichiarato, però, che il suo paese «è pronto a
intraprendere azioni inusuali» per potenziare Kiev.
I russi stanno
preparando forze corazzate fresche composte dai T-14 Armata e da poco
hanno schierato nel Donbass i T-90, dopo aver perso migliaia di tank
meno avanzati.
Gli olandesi sono altrettanto decisi a partecipare
alla guerra dei tank, ma contribuendo al pagamento di nuovi carri
armati. Gaiani evidenzia che «di fatto nessun esercito Nato dispone di
flotte di tank in eccesso di cui potersi privare senza azzerare o quasi
le rispettive componenti carri continuamente ridotte negli ultimi 20
anni».
Lascerà l’incarico il 7 febbraio. In
una conferenza stampa a sorpresa la leader laburista ha detto: «Non ho
più l’energia per continuare». Poi la proposta al compagno: «Clarke,
sposiamoci». Le elezioni si terranno il 14 ottobre
Diventata premier a 37 anni,
progressista nelle scelte politiche, empatica e salda nella gestione
delle emergenze — dall’attentato terroristico di Christchurch alla
pandemia — la leader neozelandese Jacinda Ardern è per molti analisti
la premier più importante della storia del suo Paese. Dopo cinque anni e
mezzo di governo, «i più appaganti della mia vita», ha annunciato in
una conferenza stampa a sorpresa che si dimetterà il prossimo 7 febbraio,
alludendo ai sintomi di un burnout. Il suo secondo mandato dura da poco
meno di tre anni. Le prossime elezioni si terranno il 14 ottobre.
Davanti ai giornalisti, molto emozionata,
non è riuscita a trattenere la commozione e le lacrime. La 42enne
leader laburista ha detto che durante l’estate aveva sperato di trovare
l’energia per andare avanti «ma non sono stata in grado di farlo».
«Guidare un Paese», ha detto con voce strozzata, «è un compito di
massimo privilegio, ma anche uno tra i più faticosi», ha detto. «Non
puoi e non dovresti affrontarlo a meno di non avere un serbatoio pieno. E
un po’ di riserva per le sfide inaspettate».
Le sfide inaspettate non sono
mancate nei cinque anni di governo di Jacinda Ardern, e il mondo l’ha
osservata con crescente ammirazione mentre ne gestiva una dopo l’altra.
L’assalto alle due moschee di Christchurch nel 2019 è stata la prima: 51
fedeli musulmani uccisi, 40 feriti da un suprematista bianco
australiano. Ardern ha incontrato il giorno seguente la comunità
musulmana della città, indossando un hijab e proclamando due minuti di
silenzio nazionali. Empatia; ma anche fermezza. Sei giorni dopo ha
promulgato leggi decisive per un giro di vite sull’uso delle armi,
vietando del tutto l’uso delle semi-automatiche. E ha rifiutato di dire
il nome dell’attentatore: «Cercava molte cose in questo atto, tra cui la
notorietà. Ed è per questo che non me lo sentirete mai nominare». Pochi
mesi dopo il vulcano di Whaakari, un’isola del Paese, erutta e Ardern
si trova di nuovo a consolare una comunità; i morti questa volta sono
ventuno.
Jacinda Ardern durante la conferenza stampa a Napier in cui ha annunciato le sue dimissioni da premier (Getty Images)
Eletta nel 2017, era la premier più giovane degli ultimi 150 anni nel Paese, nonché la terza donna in quel ruolo dopo Jenny Shipley (1997-1999) e Helen Clark (1999-2008).
Già dopo pochi mesi di governo aveva collezionato una serie di
apparizioni più che simboliche: è stata la prima premier del Paese a
partecipare a un Pride, nel 2018; a incontrare la regina Elisabetta, al
verti ce dei leader del Commonwealth dello stesso anno, è andata
indossando il korowai, abito
tradizionale Maori. A giugno del 2018 è diventata madre (prendendo sei
settimane di maternità): la figlia Neve è stata la prima bambina
allattata al seno da un leader nel palazzo delle Nazioni Unite, dove
all’Assemblea Generale di quell’anno ebbe persino il suo minuscolo pass.
Ma la massima popolarità
all’estero — in patria negli ultimi mesi i sondaggi continuano a
declinare — Jacinda Ardern l’ha guadagnata per la gestione, ferrea, della pandemia. Subito
chiusura delle frontiere e lockdown, già dopo i primi casi nel 2020;
emergenza contenuta efficacemente (nonostante qualche difficoltà nel
rimpatrio dei suoi connazionali dall’estero). Un anno fa, in piena
ondata di Omicron, ha posticipato le sue nozze: l’emergenza era ancora
alta.
Per decenni in Cina tutto è stato in ascesa. Qualcosa si è rotto? La
popolazione più numerosa del mondo è un gran punto di forza. Cosa
succede se diminuisce? Nel 2022 ha perso quasi un milione di abitanti.
Si sapeva del calo demografico in arrivo ma la spia si è accesa prima
del previsto. Le conseguenze vanno oltre i confini del Celeste Impero.
La Cina è la fabbrica del mondo, locomotiva dell’economia
internazionale, potenza planetaria seconda solo agli Stati Uniti e in
corsia di sorpasso, da ultimare nel 2050 – nei disegni cinesi almeno,
senza fare i conti con l’oste americano. Quanto cambia l’emorragia di
popolazione? Su 1400 milioni di abitanti un calo dello 0,0007% è
un’inezia statistica. Nessuno se ne accorge – quest’anno. Il problema
sorge nei prossimi decenni. È il primo calo netto ma le nascite sono in
diminuzione da sei anni. Dopo il tardivo abbandono della “one child
policy” Pechino è passata agli incentivi per tre figli. Hanno scarsa
presa sulla massa di popolazione nelle città dove per tirare avanti
servono due stipendi. La forbice si stava allargando da tempo.
L’allungamento della durata media della vita ha drasticamente ridotto la
mortalità e mascherato l’impatto del calo di natalità. L’invecchiamento
della popolazione porrà presto problemi di sicurezza sociale e capacità
lavorative, analoghi a quelli delle nostre società senza però
beneficiare di immigrazione. Il problema non è un milione di abitanti in
meno all’anno, è la bomba a scoppio ritardato della drastica riduzione
di forza lavoro nei prossimi due-tre decenni.
Nel 2022 ha rallentato anche la crescita: 3% secondo le statistiche
ufficiali. In Europa faremmo i salti di gioia. In Cina è il tasso più
basso in mezzo secolo. Non basta per continuare l’innalzamento delle
condizioni di vita e la sottrazione dalla povertà di larghi strati della
società cinese. Il modello cinese è basato sul binomio benessere
economico in cambio di ossequienza politica. Il 3% in più annuo del Pil
non lo garantisce. Xi Jing Ping si è appena aggiudicato il terzo mandato
quinquennale alla guida del Paese. Può anche riuscire a farlo
permanente come quello del suo idolo, Mao Zedong. Ma ha bisogno di
consenso e il consenso ha bisogno di crescita.
La pandemia, o meglio l’infelice strategia “zero Covid” di Xi, è
stata la causa principale del rallentamento economico. L’abbandono
dovrebbe permettere un rilancio a partire da quest’anno. Sono però
maturate altre difficoltà: le restrizioni americane all’esportazione di
tecnologie, le crescenti diffidenze europee e il disinvestimento di
operatori multinazionali a favore di altri Paesi asiatici politicamente
più sicuri. La Cina ha cavalcato brillantemente la globalizzazione.
Adesso dovrà accontentarsi di una globalizzazione meno ebulliente, prova
ne siano le diserzioni di quest’anno dal tempio della globalizzazione –
Davos. Come adombrato nel XX Congresso Xi intende compensare almeno in
parte col mercato interno.
di Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online
Le notizie sulla guerra di mercoledì
18 gennaio, in diretta. Incontro tra l capo della Casa Bianca lo ha
dichiarato al primo ministro olandese Mark Rutte in visita all’Ufficio
Ovale. Zelensky avvisa che la premier Meloni sarà «presto in Ucraina»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 329esimo giorno. • Meloni-Macron: «Sostegno economico e militare a Kiev fino a quando sarà necessario». • Soldati ucraini a lezione di Patriot a Fort Sill, in Oklahoma • Cosa serve all’Ucraina nei prossimi, decisivi mesi di guerra. • Olena Zelenska oggi al Forum economico di Davos (Svizzera). • Zelensky fa sapere che la premier Giorgia Meloni sarà presto in Ucraina. L’annuncio a Porta a Porta da Bruno Vespa. •
Gli Stati Uniti, rivela il New York Times, sta inviando munizioni
all’Ucraina prendendole dai depositi che ha in Israele e in Sud Corea
Ore 10:26 – Metsola: informati di schianto elicottero, vicini a Ucraina
Siamo appena stati
informati che il ministro degli Affari interni ucraino e la dirigenza
del suo ministero sono rimasti uccisi nello schianto dell’elicottero
vicino a Kiev. Penso di parlare a nome di tutti noi dicendo che i nostri
pensieri in questa Aula sono con il popolo coraggioso dell’Ucraina, le
famiglie e i cari del ministro Monastyrskyi e del suo vice». Lo ha detto
la presidente
dell’Eurocamera Roberta Metsola informando la Plenaria in corso a
Strasburgo dell’incidente avvenuto questa mattina nella regione di Kiev. «Continueremo a stare al fianco» dell’Ucraina, ha aggiunto Metsola.
Ore 10:22 – La nebbia e il buio: ecco la dinamica dello schianto dell’elicottero
Era buio e nebbioso al
momento dell’incidente dell’elicottero dei servizi di emergenza a
Brovary, nella regione di Kiev, in cui hanno perso la vita 18 persone,
tra cui il ministro degli interni ucraino Denys Monastyrskyi. Le prime
informazioni suggeriscono che l’elicottero abbia colpito l’asilo prima
di schiantarsi vicino a un edificio residenziale, riferisce la Bbc. Insieme a Monastyrsky sono rimaste uccise altre due figure di spicco del ministero degll’Interno: Yevgeny Yenin era il primo viceministro mentre Yuriy Lubkovich era segretario di Stato del ministero.
Per quanto riguarda le cause,
le forze dell’ordine ucraine stanno valutando tutte le possibilità
dell’incidente, ha spiegato il procuratore generale Andriy Kostin.
«Al momento, investigatori ed esperti stanno lavorando sul luogo della
tragedia. Sono in corso azioni investigative urgenti. Per ora stiamo
valutando tutte le possibili versioni dell’incidente dell’elicottero.
L’istruttoria è stata affidata agli investigatori dell’Sbu,» ha scritto
Kostin su Telegram.
Ore 10:18 – Il dramma dei bambini: 455 morti, 336 dispersi
L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk,
aggiorna i dati delle piccole vittime e dei bambini dispersi causati
dalla guerra: «Secondo i rapporti delle autorità statali ucraine, al 16 gennaio di quest’anno 336 bambini sono ufficialmente considerati dispersi; 455 bambini sono morti.
Sono solo casi documentati. 897 sono feriti. Ma grazie a Dio, 9.916
bambini in quei burrascosi eventi delle operazioni militari in Ucraina
sono stati alla fine ritrovati».
«C’è una sensazione
generale dell’escalation di questa guerra. Gli attacchi russi –
sottolinea Shevchuk in un videomessaggio- si stanno intensificando non
solo in prima linea, ma anche nelle nostre pacifiche cittàáe villaggi.
Le nostre regioni di Donbas, Luhansk e Donetsk sono in fiamme. Pesanti
battaglie si stanno svolgendo intorno alle cittàádi Avdiivka, Bakhmut e
Soledar, ormai leggendarie».
Ore 10:10 – Michel, ci uniamo a dolore; Monastyrsky era amico Ue
«Ci uniamo all’Ucraina
nel dolore dopo il tragico incidente in elicottero a Brovary. Il
ministro Denys Monastyrsky era un grande amico dell’Ue». Lo scrive in un
tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
«Condividiamo le nostre più sentite condoglianze con le famiglie delle
vittime, con il presidente Volodmyr Zelensky, il premier Denys Shmyhal e
il popolo ucraino», si legge ancora.
Ore 09:35 – L’ira di Mosca: «Le azioni degli Stati Uniti? Come Hitler e Napoleone»
Nel corso della sua
conferenza stampa annuale, a Mosca, il ministro degli Esteri russo
Sergei Lavrov ha di nuovo attaccato duramente l’Occidente per il
sostegno all’Ucraina (senza notare, al solito, che l’Ucraina è uno stato
sovrano che la Russia ha invaso, il 24 febbraio scorso), e ha
paragonato il ruolo degli Stati Uniti in questa crisi alle mosse di
Adolf Hitler e di Napoleone Bonaparte.
«Washington, usando l’Ucraina come suo pupazzo, sta facendo guerra
alla Russia con lo stesso obiettivo che si erano posti loro: la
soluzione finale della questione russa», ha detto.
Secondo Lavrov, «è l’Occidente, e non l’Ucraina» a decidere
eventuali negoziati di pace con la Russia. E negoziati con l’Occidente
che riguardino solo l’Ucraina «non hanno senso» perché l’Occidente sta
usando l’Ucraina per ottenere un «dominio totale», con a capo gli Usa..
«Stanno cercando di indebolirci continuando a rifornire di armi
l’Ucraina», ha detto, «ma saremo pronti a rispondere».
Lavrov ha anche definito «insensati» e «impossibili» eventuali
colloqui con Zelensky, e ha chiarito che la «smilitarizzazione»
perseguita da Mosca in Ucraina è il completo annichilimento della
capacità militare di Kiev: «Non deve più esserci alcuna infrastruttura
militare in Ucraina che possa minacciare la sicurezza di Mosca», ha
detto, senza notare la totale inversione di ruoli tra Paese invasore e
Paese invaso che una posizione del genere tenta di mettere in campo.
Ore 09:24 – Nello schianto dell’elicottero è morto il ministro dell’Interno di Kiev
Si aggrava il bilancio
dello schianto dell’elicottero avvenuto nella mattinata di oggi a
Brovary, una cittadina nella regione di Kiev.
I morti — secondo quanto riferito dalla Reuters e dalla Agence
France Presse, che citano fonti di polizia — sarebbero almeno 18; e tra
loro ci sono anche il ministro dell’Interno ucraino Denys Monastyrskyi,
il vice ministro e altri funzionari del governo di Kiev.
Tre bambini sono morti nello schianto, avvenuto vicino a un asilo, e altri 10 sono stati trasportati in ospedale.
Guadagnerà anche 12 milioni di sterline al giorno, grazie al suo
memoir «Spare», «il figlio di scorta», ma sarà difficile che l’ex
principe Harry potrà goderseli in patria quei soldini. Al momento
infatti , secondo un autorevole sondaggio dio ,,, , è l’uomo più odiato
d’Inghilterra. E questo è soltanto l’ultimo degli effetti
negativi legati all’uscita della sua corposa autobiografia. Il primo è
che il figlio di Carlo III non è più gradito alla cerimonia di
incoronazione del sovrano prevista per il 6 maggio. Più il libro vende e
più – per assurdo – cresce la popolarità della famiglia reale che
anziché distrutta – a suon di «never complain and never explain» (mai
lamentarsi, ma spiegare) hanno ricevuto applausi e sorrisi a non finire.
Carlo d’Inghilterra in Scozia e Kate e William a Londra per
inaugurare ufficialmente il Royal Liverpool University Hospital.
La lite con Meghan (divorzio in vista?) Nemmeno
il tempo di festeggiare per le vendite record di Spare, quasi 2 milione
di copie solo nel Regno Unito, e già il principe Harry con un feroce
gossip riguardante una furiosa lite con la moglie Meghan Markle. A
sganciare è stato il magazine tedesco «Frau Aktuell», secondo cui i
Duchi del Sussex (ribattezzati malignamente i duchi di Montecito)
sarebbero stati protagonisti di una discussione così accesa da
richiedere l’intervento della polizia della contea californiana dove
vivono. Ovviamente, conferme dai diretti interessati non ce ne sono,
prove fotografiche dell’arrivo delle volanti nemmeno, eppure
l’indiscrezione ha fatto il giro del mondo. Quale sia stato il motivo
scatenante non è dato saperlo, ma che tra i due le acque siano piuttosto
agitate è una di quelle voci che circolano con insistenza da mesi,
tanto che diverse fonti vicine all’ex attrice raccontano di come Meghan
starebbe pianificando nei dettagli le tappe verso il divorzio.
Bruxelles. Italiani ed europei fanno fatica a guardare con
ottimismo all’immediato futuro. Sono preoccupati per i rincari del costo
della vita, a cominciare dalle bollette e dagli scontrini al
supermercato, per cui non vedono a livello politico quella risposta che
pure si attendeva e auspicava. Il sondaggio Eurobarometro commissionato
dal Parlamento europeo è un misto di preoccupazione per ciò che potrebbe
essere e bocciature per ciò che è stato fin qui.
Caro-energia, europei ed italiani scontenti dei propri governi
In appena quattro Paesi su 27 (Malta, Lussemburgo, Irlanda e
Danimarca) c’è una chiara maggioranza che approva l’operato della
politica nazionale per cercare di rispondere ai rincari di energia e
generi alimentari. Nel clima di generale insoddisfazione c’è anche
l’Italia. Qui è il 60% a ritenere insufficienti misure e interventi di
protezione economica e sociale. Il sondaggio, essendo stato condotto tra
il 12 ottobre e 7 novembre 2022, è riferito all’azione del governo
Draghi. L’attuale esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha giurato il 21
ottobre, e non ha avuto tempo per poter gestire la questione del
caro-vita in modo da poter raccogliere opinioni e umori.
Per quanto riguarda l’Italia almeno due osservazioni sono d’obbligo.
La prima: l’operato di Mario Draghi di fronte alla crisi dei prezzi
trova comunque un apprezzamento (37%) maggiore di quello espresso per il
cancelliere tedesco (31%), del presidente francese (30%), e del primo
ministro spagnolo (28%). Tra i capi di Stato e di governo delle
principali economie dell’eurozona è dunque quello che, nella generale
situazione di crisi, ha riscosso i maggiori riconoscimenti.
La seconda considerazione è il messaggio politico che arriva
dall’indagine di Eurobarometro per il governo Meloni. A questo si chiede
di lavorare per migliorare le cose e soprattutto la percezione. Certo
lo stop al taglio delle accise sulla benzina non aiuta il compito della
maggioranza di centro-destra.
Italia, allarme povertà e questione salari
Il governo tricolore ha anche tra le mani una bomba sociale a
orologeria a cui deve far fronte. Praticamente tutti (98% degli
intervistati) si dichiarano «preoccupati» per il costo crescente della
vita, in particolare dagli scontrini della spesa e dalle bollette, ma
tra chi già denuncia «alcune difficoltà con il reddito attuale» ad
arrivare a fine mese (40%) e chi addirittura «molte difficoltà» (11%),
c’è una persona su due (51%) a sollevare la questione degli stipendi.
C’è mezza Italia a fare fatica, e l’aspetto della retribuzione se da una
parte suona come invito ad una riforma del mercato del lavoro,
dall’altra ripropone anche il dibattito sul reddito di cittadinanza,
misura rimessa in discussione dalla coalizione Fdi-Lega-Fi.