Archive for the ‘Ambiente’ Category

Maltempo Emilia-Romagna: treni sospesi per nuove esondazioni. Scuole chiuse e deviazioni

mercoledì, Maggio 3rd, 2023

di Silvia Maria Dubois, Federica Nannetti

La sindaca di Conselice: «Andate al palazzetto dello sport e portatevi una coperta». Fiorello: «Morandi non viene: ha la casa allagata»

esondazioni

La pioggia che non ha smesso per tutta la notte, fra martedì e mercoledì, l’avviso nelle stazioni dei treni di linee che saltano, bus sostitutivi, ritardi.  Ponti chiusi e deviazioni. E l’occhio di molti residenti fisso ai bordi di ponti e argini dei fiumi che salgono. Il day after di un surreale inizio di maggio sta creando ancora forti preoccupazioni in Emilia-Romagna dove l’allerta meteo resta alta.

Risveglio sotto la pioggia

Ed è proprio Bologna che si sveglia ancora sotto la pioggia: più acqua in 48 ore che in quattro mesi, da gennaio ad aprile, tanto che si aspetta l’allerta rossa per criticità idraulica attiva per tutta la giornata. Ma a essere colpite con precipitazioni incessanti, come riportato dal Centro Meteo dell’Emilia-Romagna, sono tutte le zone tra Reggiano, Modenese, Bolognese, Ferrarese, Ravennate e Forlivese, con una media di «80-90 millimetri per area tra est Emilia e ovest Romagna. Punte anche di 120-140 millimetri su collina e alta pianura Bolognese, Faentino, Imolese e Forlivese occidentale», continua il Centro Meteo. Le conseguenze, dunque, per questo 3 maggio, sono il portato di quanto successo ieri, ma almeno per le prime ore di oggi non sono attesi particolari miglioramenti: scuole chiuse, strade allagati, fiumi in piena che rompono gli argini. 

Esondazioni e treni sospesi

Nella notte si è ampliata la zona allagata per la rottura dell’argine del Sillaro a Conselice (Ravenna), ma è stata segnalata anche l’esondazione del Lamone in località Boncellino. Il Sillaro è osservato speciale già da ieri, in località San Salvatore a Sesto Imolese: zona rossa in cui tutti i corsi d’acqua sono sopra il livello idrografico tre. Alle 7,30 è stata chiusa la via Emilia in diversi punti, vicini a tratti di corsi d’acqua eccessivamente alti e pericolosi. Ma i disagi alla circolazione riguardano anche alcune linee ferroviarie: è al momento sospesa fra Faenza e Forlì (linea Bologna – Rimini), Russi e Lugo (linea Bologna – Ravenna), Russi e Granarolo (linea Faenza – Ravenna) e fra Lavezzola e Mezzano (linea Ferrara – Ravenna). La sospensione è stata resa necessaria per l’innalzamento del livello di guardia dei fiumi Montone, Lamone, Senio e Santerno dovuto alle forti e prolungate piogge. Sul posto già i tecnici di Rete Ferroviaria Italiana in costante contatto con Prefettura e Protezione Civile. 

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Le cinque tappe per aiutare il pianeta e superare la “policrisi”

sabato, Aprile 22nd, 2023

Sandrine Dixon-Declève

Dobbiamo affrontare una molteplicità di emergenze ambientali. Oltre al cambiamento del clima, anche le attività umane stanno avendo un impatto negativo sul terreno e sui corsi d’acqua terrestri con l’inquinamento chimico, l’urbanizzazione e la portata sempre crescente dell’agricoltura industriale. Al tempo stesso, i ghiacciai si stanno fondendo ed eventi meteorologici estremi, come siccità e alluvioni, sono sempre più familiari. Povertà e disuguaglianza continuano ad aumentare. Alle radici di questi problemi socioambientali c’è un modello economico globale basato sulla crescita infinita a qualunque costo.

Questa policrisi non è una minaccia lontana: già adesso sta avendo un impatto diretto sulle vite dei cittadini italiani e questo dovrebbe farci riflettere. La pandemia da Covid, il cambiamento del clima e l’invasione dell’Ucraina ci hanno aiutato a comprendere quello che conta davvero nella vita: la salute, la comunità, la natura, un reddito stabile, la cultura e la pace. In sintesi, il benessere per tutti. Eppure, le nostre economie non si stanno riprogrammando in linea con queste esigenze.

Nel 1970 si riunì per la prima volta il Club di Roma, guidato dall’industriale italiano Aurelio Peccei. Studiosi e scienziati si trovarono per discutere quella che Peccei definì la moderna «situazione difficile dell’umanità». Due anni dopo, fu pubblicato il primo importante rapporto del Club, il Rapporto sui limiti dello sviluppo. Il libro metteva in discussione l’idea che la crescita materiale continua e la ricerca di una espansione economica senza fine fossero compatibili con le risorse della Terra e il benessere umano. Questi avvertimenti passarono perlopiù inascoltati per il resto del ventesimo secolo ma, quando finalmente si percepirono le realtà del cambiamento del clima e della disuguaglianza sociale, alcuni leader e alcuni Paesi iniziarono a incentivare un nuovo tipo di economia, incentrata sul benessere più che sulla crescita. All’avanguardia di questa trasformazione ci furono nazioni guidate da donne come Jacinta Ardern in Nuova Zelanda e Nicola Sturgeon in Scozia.

Nonostante questo, il cambiamento incrementale in una manciata di piccoli Paesi non eviterà la catastrofe climatica né ridurrà le disuguaglianze sociali in Europa e tra nazioni più ricche e nazioni più povere. Quel che serve, invece, è un cambiamento della società su vasta scala, tale da poter proteggere meglio la natura, risanarla e portare benessere a molti. “Earth4All: A Survival Guide for Humanity”, l’ultimo rapporto pubblicato dal Club di Roma nel settembre 2022, illustra nei dettagli come raggiungere questo obiettivo.

Gli autori – scienziati, economisti e pensatori politici di tutto il mondo – individuano cinque straordinarie «inversioni di tendenza» per rendere realtà questa visione: porre fine alla povertà, risolvere la disuguaglianza, raggiungere l’equità di genere, effettuare la transizione verso l’energia pulita, rendere i sistemi alimentari salutari per gli esseri umani e per il pianeta. Queste inversioni di tendenza sono i requisiti minimi perché le nostre società possano creare economie in grado di sostenere il benessere per tutti e proteggere l’ambiente. Secondo la nostra analisi, gli investimenti dovrebbero essere pari ad appena il 2-4 per cento del reddito globale complessivo. Earth4All chiarisce anche come queste “inversioni di tendenza” siano collegate tra loro e spiega che il successo dipende dal fatto di affrontarle insieme e contemporaneamente. La redistribuzione della ricchezza è necessaria, per esempio, per rifondare la fiducia nei sistemi democratici essenziali affinché i governi diano vita a un ampio sostegno politico, necessario a prendere decisioni coraggiose. Nello stesso modo, diminuire l’uso da parte nostra di risorse naturali apporterà benefici all’ambiente e aumenterà la stabilità globale e la sicurezza riducendo il potenziale per conflitti e guerre.

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Emergenza clima in Europa, i dati allarmanti: “Nuovi record di caldo nel 2023 e 2024 con El Niño”

giovedì, Aprile 20th, 2023

L’anno più caldo e siccitoso di sempre. La situazione climatica del 2022 è stata caratterizzata da un caldo estremo senza precedenti e condizioni di siccità diffusa. Lo evidenzia il rapporto annuale sullo stato del clima europeo (ESOTC), pubblicato oggi sulla base dei dati raccolti dal servizio sui cambiamenti climatici di Copernicus. «I risultati – si legge nel rapporto – mostrano l’aumento delle temperature e l’intensificarsi degli eventi estremi e offrono una panoramica del clima dello scorso anno in un contesto a lungo termine». Stando a quanto emerge dall’indagine, in Europa è stato registrato il secondo anno più caldo mai registrato, mentre l’estate è stata caratterizzata dalle temperature più elevate dall’inizio dei record. Gran parte dell’Europa ha subito ondate di caldo intense e prolungate. Le scarse precipitazioni, inoltre, hanno portato a una diffusa siccità. “Le temperature in tutta Europa – riportano gli scienziati – stanno aumentando al doppio del tasso medio globale, più veloce rispetto a qualsiasi altro continente».
Caldo record quest’estate
E le emissioni sulle proiezioni per i prossimi mesi sono tutt’altro che entusiasmanti. I principali modelli matematici indicano che l’estate potrà essere torrida e siccitosa, con temperature che nel cuore dell’Europa e nel Mediterraneo potranno essere molto più elevate della media. Insomma, il trend di un incremento di caldo e siccità continuerà.
Emissioni record
Tornando ai dati 2022, il report evidenzia che le emissioni europee di carbonio associate agli incendi estivi sono state le più alte degli ultimi 15 anni, con alcuni paesi che hanno registrato i livelli di emissioni più elevati degli ultimi 20 anni. Questi, in estrema sintesi, sono i dati relativi al tasso di frequenza di incendi che emergono dal rapporto annuale sullo stato del clima europeo (ESOTC), divulgato oggi dagli scienziati del Copernicus Climate Change Service (C3S). I ricercatori hanno confrontato i dati raccolti dal 1850, quando e’ iniziato il monitoraggio, per ricostruire un quadro temporale accurato e puntuale dell’andamento dei fattori legati al cambiamento climatico in Europa. «I risultati – scrivono gli autori – hanno evidenziato aumenti significativi delle emissioni di carbonio associate agli incendi boschivi, specialmente nell’estate del 2022 e in particolare in determinate regioni europee. Il tasso di episodi e fenomeni naturali estremi è aumentato notevolmente anche a causa delle condizioni più calde e secche che si sono verificate nel continente».

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Terremoto: epicentro in Molise, magnitudo 4,6. Avvertita anche in Abruzzo, Campania e Puglia. Scuole chiuse a Campobasso

mercoledì, Marzo 29th, 2023

La terra torna a tremare in Molise. Una scossa di terremoto di magnitudo 4.6 è stata registrata ieri sera, alle 23.52, in provincia di Campobasso, ma è stata avvertita chiaramente anche in Abruzzo. Il sisma, secondo l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha avuto come epicentro il comune di Montagano (Cb), ad una profondità di 23 chilometri. Nei giorni precedenti, in provincia di Campobasso, c’erano state diverse scosse, di lieve entità.

Non sono stati segnalati danni a persone o cose, fa sapere la Protezione civile. Ma a Campobasso le scuole resteranno chiuse per verifiche. In molti hanno dormito in macchina. Scuole chiuse anche in tutti i Comuni dell’epicentro e anche in alcuni paesi del Fortore Molisano, già colpiti dal terremoto di San Giuliano di Puglia, dove la scossa è stata avvertita nitidamente e dove, nel 2002, nel crollo di una scuola elementare morirono 27 bambini e una maestra.

La scossa è stata avvertita in modo particolare nei Comuni di Montagano, Ripalimosani, Matrice, Castellino, Civitacampomarano, Lucido. Ma è stata sentita in tutta la regione e anche in Abruzzo, Campania, Puglia e Lazio.

«La gente è uscita di casa in pigiama, di corsa, c’è un grande spavento anche per il problema della frana del 2017 che ha compromesso già la stabilità della parte alta del paese», racconta il sindaco di Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, Paolo Manuele, in sopralluogo con il tecnico del Municipio per verificare eventuali crolli che al momento non si registrano nel borgo-museo del Molise, dove è interdetta la parte alta per la frana del 2017.

LA STAMPA

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«Terremoto nei Campi Flegrei, la camera magmatica si sta riempiendo. Non conosciamo il punto critico»

mercoledì, Marzo 15th, 2023

di Roberto Russo

Il professore Giuseppe De Natale: «In queste condizioni la sismicità potrà solo aumentare. La prevenzione? Consolidare gli edifici»

De Natale Campi Flegrei
Il professore Giuseppe De Natale

Professore Giuseppe De Natale, lei è vulcanologo dell’Ingv, (sezione  di Napoli dell’Osservatorio Vesuviano). Dunque: l’attività sismica nell’Area flegrea sta aumentando come lei stesso aveva ipotizzato in uno studio,  assistiamo a terremoti sempre più forti e con maggiore frequenza. Cosa sta succedendo?
«Innanzitutto voglio precisare che quanto dirò in questa intervista non rappresenta necessariamente la posizione ufficiale del mio istituto, né di qualunque altra istituzione. È semplicemente il mio personale pensiero, basato sulle mie ricerche e pubblicazioni da circa 40 anni. L’attività sismica può solo aumentare finché continua il sollevamento del suolo. Perché il sollevamento del suolo è un’indicazione dell’aumento di pressione nel sottosuolo. Lo scrivemmo già nel 2017, ed avvisammo che la sismicità, allora molto rara e di bassa magnitudo, sarebbe aumentata progressivamente: in numero ed in magnitudo. Oggi siamo quasi al livello della sismicità del periodo 1982-1984. Non siamo ancora a quel livello soltanto perché, come abbiamo osservato già dagli anni ’80, la sismicità in quest’area, oltre che dal livello di pressione interna, dipende anche dal tasso di incremento della pressione, ossia del sollevamento. Nel bradisisma degli anni ’80, il tasso di sollevamento era oltre 5 volte maggiore di oggi, e quindi anche la sismicità era maggiore». 

Abbiamo ormai superato il punto di massimo sollevamento registrato nel precedente bradisismo ma la terra continua a lievitare, se lo aspettava?
«Il sollevamento del suolo iniziato alla fine del 2005 è quasi perfettamente speculare all’abbassamento osservato dal 1985 al 2003 circa. Quindi, personalmente speravo che sarebbe terminato una volta raggiunto il livello del 1984. Negli ultimi mesi invece abbiamo superato la quota massima del 1984, ormai siamo diversi centimetri più sopra». 

Secondo lei ci troviamo adesso in una situazione più rischiosa rispetto a uno o due anni fa?
«Il problema è che oggi, superato il valore massimo recente ottenuto nel 1984, il livello del suolo, e quindi verosimilmente il livello della pressione interna, è il più alto che abbiamo mai sperimentato, almeno negli ultimi due secoli. È chiaro che la resistenza delle rocce non è infinita, ma noi non sappiamo con esattezza qual è il punto critico, di non ritorno. Ci troviamo dunque in una situazione non sperimentata prima. In ogni caso, il degassamento continuo che osserviamo da 17 anni, che provoca il riscaldamento degli acquiferi e dunque l’aumento di pressione interna, è quasi certamente dovuto ad un afflusso progressivo di magma più profondo nella camera magmatica principale, localizzata a 7-8 km di profondità». 

Che cosa può comportare il riempimento magmatico del serbatoio a 7/8 chilometri di profondità?
«Come mostrano i modelli teorici presenti in letteratura, per causare grandi eruzioni da una camera magmatica profonda, i processi di riempimento magmatico possono durare centinaia o migliaia di anni. È anche vero però che il magma può risalire a livelli più superficiali (circa 3 km, come molto probabilmente è accaduto tra l’82 e l’83) e rendere quindi più probabili eruzioni di piccola taglia. A mio parere, oggi non c’è evidenza della presenza di intrusioni magmatiche a bassa profondità».

So che è una domanda complicata, ma realisticamente quale scenario dobbiamo aspettarci a breve e medio termine? 
«Questo non può saperlo nessuno. Possiamo dire solo con certezza che, finché perdura il sollevamento del suolo, la sismicità potrà solo aumentare. Dopo di che, oggi non c’è evidenza di intrusioni magmatiche superficiali, e questo è un bene. Ma è chiaro che in futuro, anche a breve scadenza, non possiamo escludere che tali intrusioni non avvengano». 

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Nuovo terremoto in Turchia, il momento in cui la terra trema ripreso dalla dashcam un’auto

martedì, Febbraio 21st, 2023

La prima scossa con epicentro nella provincia di Hanay alle ore 20 del 20 febbraio

Un nuovo terremoto di magnitudo 6.4 ha colpito la provincia di Hatay, nel sud della Turchia, al confine con la Siria. Diversi gli edifici crollati e le persone rimaste sotto le macerie: sarebbeo almeno 200 i feriti.
In queste immagini, il momento in cui la terra trema la prima volta ripreso dalla dash cam di un’auto: la scossa alle ore 20 del 20 febbraio.
Nemmeno tre minuti dopo, una seconda scossa di magnitudo 5.8 ha colpito le stesse zone. Il terremoto però è stato colpito anche ad Antalya e Adana, circa 200chilometri più a nord.


CorriereTv

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Siccità, dal Po al Garda, il Nord è già a secco. E scoppia la guerra dell’acqua

venerdì, Febbraio 17th, 2023

di Giampaolo Visetti

OSTIGLIA – Per secoli, sulle Alpi e in Pianura padana, la gente ha lottato per aiutare la corsa di torrenti e fiumi verso l’Adriatico. Questo mondo di neve e di acqua, sangue che nutriva ogni terra, oggi è una lontana nostalgia. “La siccità è così profonda – dice Fabio Dosoli, barcaiolo sul Po a Ostiglia – che perfino i letti vuoti ci lasciano indifferenti. Il dramma ormai è sotterraneo e purtroppo invisibile”.

Aridità senza precedenti

Un’aridità senza precedenti prosciuga sorgenti, risorgive, pozzi e bacini di Piemonte, Lombardia, Trentino e Veneto. L’ossessione non è più incanalare i flussi, ma fermare anche una goccia. Il primo febbraio senza pioggia e con temperature primaverili assedia la Food Valley italiana. Minaccia di privare le campagne di oltre il 40% della produzione nazionale, equivalente al crollo di un 2022 già in ginocchio causa siccità e caldo record: e innesca un’inedita “guerra dell’acqua” che oppone la montagna alla pianura, il cibo all’energia, le persone alle industrie, le regioni confinanti, non solo del Nordest. “Denunciare l’emergenza del cambiamento climatico – dice Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – non ci salverà. Dobbiamo realizzare subito migliaia di invasi per raccogliere l’acqua piovana. Siamo fermi all’11%, in Spagna sfiorano già il quadruplo. Sono interventi immediatamente realizzabili: se non agiamo, presto anche nell’ex giardino d’Europa mangiare sarà un lusso e bere un’utopia”.

Ambiente sconvolto

L’epicentro della crisi, che da Monviso, Monte Rosa e Cevedale, raggiunge i delta di Adige e Po, si trova tra le province di Mantova, Verona, Rovigo, Modena, e Reggio Emilia, cuore della produzione italiana di cereali, carne, latte, ortaggi e frutta. Nessuno, qui, ricorda un mondo più secco di quello di oggi. “Manca oltre un metro e mezzo di acqua – dice Orazio Baldessari, da mezzo secolo pescatore di tinche a Lazise sul Garda – i bulbi delle barche a vela, già prima del porto, toccano il fondo. Se a Peschiera non avessero chiuso la diga sul Mincio, saremmo già sotto il livello minimo toccato nel settembre scorso. Caldo e diminuzione della profondità sconvolgono l’ambiente: scompaiono canneti e grandi pesci, distese di alghe assorbono l’ossigeno”. Le rive del lago più grande del Paese si sono allargate di 16 metri, le scale dei moli e dei porti non toccano più la superficie.

Agricoltura in ginocchio

Alla vigilia della cruciale stagione padana delle semine, mentre in alta quota ghiaccio e inverno dovrebbero ancora regnare, numeri e orizzonti sono quelli della fine di un’estate nordafricana. Al Ponte della Becca, nel Pavese, il Po scorre 3,3 metri sotto lo zero idrometrico. Nelle ex paludi di Ostiglia, oggi un deserto, siamo sotto di 2 metri. Il riempimento del lago di Garda non arriva al 35%: il Maggiore è al 38%, il lago di Como è ridotto a un quinto. L’anno scorso le piogge sono crollate del 40%, da gennaio dell’87%. Già dimezzate, sulle Alpi, le riserve dei bacini artificiali che alimentano le centrali elettriche. L’apertura delle piste da sci, grazie ai cannoni, induce la percezione di montagne innevate. “Ma la realtà – dice Andrea Crestani, direttore dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione del territorio e delle acque irrigue – è che l’accumulo nivale è inferiore a quello catastrofico del 2022 e non raggiunge la metà di quello medio. Senza una primavera piena di neve, in estate alla pianura mancherà una massa impressionante d’acqua”.

Un deficit irrecuperabile

In Lombardia e Veneto le falde non hanno reagito alle scarse precipitazioni di autunno e inverno: la maggior parte non è nemmeno misurabile perché gli idrometri non scendono più fino a trovare acqua. “La visione del Po in secca a febbraio lascia sgomenti – dice Crestani – ma a noi preoccupa l’aridità invisibile della linea delle risorgive che dalla Valle d’Aosta al Friuli Venezia Giulia segue sotterranea l’arco alpino. Nel 2022 sono mancati 300 millimetri di pioggia, pari a 35 centimetri d’acqua sull’intera superficie del Nord Italia: se nei prossimi mesi non ne cadono 1000, la prospettiva è un deficit irrecuperabile”.

Indietro di venti anni

Il meteo, fino a marzo, annuncia sole. Per questo, tra Vercellese e Bassa Veronese, le risaie stanno rivoluzionando le coltivazioni. “Per raccolta e uso dell’acqua – dice Luca Melotti, simbolo del riso a Isola della Scala – siamo indietro di vent’anni. Fermi però, se non vogliamo vedere morire le nostre aziende, non possiamo stare. Dovremo arare meno in profondità, cambiare concimi, usare semi meno produttivi, irrigare in modo scientifico, rivoluzionare le colture preferendo il grano al mais. Siamo già in uno scenario israeliano: se però in inverno non nevica sulle Alpi e in primavera non piove sulla pianura Padana, la prospettiva di un esodo umano dal Nord va approfondita. Inutile nasconderlo, oggi l’acqua rende più soldi se è usata per energia e industrie: le necessità potabili, agricole e del futuro non mi pare riversino la folla in piazza”.

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Montagna senza neve e clima impazzito: così lo sci rischia di sparire entro 50 anni

domenica, Gennaio 8th, 2023

Filippo Fiorini

C’è una riga rossa che divide l’Italia e questa riga si chiama fiume Po. Sopra, si scia, sotto, no. O meglio, in tutte le località dell’arco alpino al di sopra dei 1.500 metri gli impianti sono aperti, funzionanti e gli operatori di settore dicono: «La stagione è salva». Sulle Prealpi e a Sud del grande fiume, le conseguenze del cambiamento climatico che lo stesso corso d’acqua aveva manifestato in estate, facendo registrare una siccità record, ora si vedono in quota. Niente neve nella media montagna del Nord, né in Appennino, dov’è troppo caldo per spararla (si scioglierebbe), dove gli operatori del settore dicono che «la stagione è a rischio» e i politici si sono schierati per chiedere ristori, in parte già promessi dal governo. Oltre l’emergenza, però, si sprecano i «che fare?» per il piano a lungo termine. Già, che fare? Nuove tecnologie per produrre neve anche con caldo e venti foehn o di libeccio? Polemiche. Sentieri da trekking, piste da bici assettate per la discesa, seggiovie coi ganci per riportarle a monte e spa in quota al posto di racchette, scarponi e lame sciolinate? Polemiche anche in questo caso ma sopprattutto rammarico, perché un Paese dalla cultura sciistica come il nostro non può che ribellarsi a una tradizione che rischia l’estinzione.

Un report pubblicato dalla Confartigianato a fine 2022 cita dati Eurostat per dare all’Italia il primato europeo nell’economia della montagna: 805,6 miliardi nel 2019 ci danno la pole su 27 Paesi. Certo, questi numeri comprendono non solo le attività turistiche ma anche quelle micro e piccole imprese del territorio che indirettamente ad esse contribuiscono. In montagna, nel 2021, è andato il 51,1% dei villeggianti italiani totali e il 50,7% degli stranieri arrivati in una nazione che è pianeggiante solo per il 23,3% dei suoi oltre 300 mila km quadrati di superficie. Per ripeterci anche nella stagione 2022/23, possiamo già contare per esempio su mete classiche come Sestriere e tutta la Via Lattea (Piemonte), Courmayeur, Cervinia, Monte Rosa e Gressoney (Valle d’Aosta), Santa Caterina Valfurva e Bormio (Lombardia), Madonna di Campiglio, Val di Fassa, Val Gardena e Alta Badia (Trentino), Cortina e le restanti Dolomiti venete, nonché le alture del Friuli. Ovunque, qui, è nevicato, fa freddo e i cannoni garantiscono gli impianti aperti.

Piste chiuse invece nelle stazioni minori del Piemonte, come a Piamprato, in Val Soana, dove la neve di inizio dicembre aveva promesso bene, poi il foehn ha sciolto tutto. Oppure, a Ceresole Reale e Balme, che non hanno mai aperto. A Limone, nella Riserva Bianca, aperte una dozzina delle 40 piste disponibili, mentre a Pian Muné, nel Saluzzese, non c’è abbastanza fondo per sciare. Situazione analoga negli impianti bassi della Lombardia. Scenario ancor più grave più a Sud: Cimone e Corno alle Scale (Emilia-Romagna), Abetone (Toscana), Campo Imperatore, Ovindoli, Pescasseroli e Roccaraso (Abruzzo) sono stati battuti dal libeccio, le temperature sono sopra la media e il panorama è desolante. I governatori di queste tre regioni e i loro assessori al turismo hanno rivolto un appello al referente dell’esecutivo nazionale, vale a dire la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Rappresentative della presa di posizione delle zone colpite, le dichiarazioni dell’assessore emiliano Andrea Corsini, che oltre a chiedere «un decreto per lo stato di crisi» ha detto: «Al Cimone e al Corno non puoi prescindere dall’offerta sci. Quindi, ci vuole un’alternativa in caso di condizioni anomale», riferendosi alla necessità di rinnovare i sistemi di innevamento.

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Dai delfini rosa ai gorilla di pianura, la grande scomparsa degli animali selvatici

venerdì, Ottobre 14th, 2022

Mario Tozzi

Verrà molto presto un giorno in cui i sapiens rimarranno gli unici animali del pianeta, insieme a quelli allevati o addomesticati, e non resterà nemmeno un animale selvatico. E non sarà un bel giorno, prima di tutto per gli stessi uomini che possono solo illudersi di vivere su un pianeta senza fauna selvatica, perché nessuna vita è possibile senza l’integrità degli ecosistemi, a meno che non si parli di nuovi parametri artificiali che di biologico conserverebbero solo le cellule.

Il Living Planet Report del WWF del 2022 è drammatico: le popolazioni di fauna selvatica della Terra dal 1970 sono calate del 69%, con punte del 94% in America Latina e nei Caraibi. Dai delfini rosa di acqua dolce dell’Amazzonia ai gorilla di pianura, dai leoni marini agli anfibi, la maggior parte dei nostri compagni di strada, quegli animali non umani che rendono possibile la vita anche ai sapiens, si sta perdendo per strada e la responsabilità è solo nostra.

Distruzione degli habitat per avere nuovi territori agricoli e allevamenti, caccia e bracconaggio, cambiamento climatico indotto dalle nostre attività, infrastrutturazione selvaggia, allargamento delle aree urbane: i sapiens sono l’unica specie che manda a gambe all’aria gli altri ecosistemi, incurante dei servizi gratuiti che ci offrono, dallo stoccaggio di anidride carbonica ai medicinali, dallo svago all’acqua pulita. Ma sull’impoverimento inarrestabile di biodiversità quasi non si sente una voce, come se ce ne prendessimo in silenzio la colpa, però senza soffrirne, almeno non per ora, tanto ci sembra lontano il destino di una scimmia dal nostro. Non capendo che si tratta esattamente dello stesso. E peggio avviene sul clima.

Sembra che l’estate più calda di sempre, quella più secca, quella che ha funestato il pianeta di ondate di calore mortali, che ha crepato il terreno e prosciugato i fiumi e che rischia di essere, addirittura, ricordata come la più fresca e umida del prossimo futuro, non abbia portato tutti i sapiens allo stesso grado di consapevolezza sul cambiamento climatico. Che è anomalo rispetto al passato, accelerato e che dipende dalle attività produttive dei sapiens, come sostiene, praticamente all’unanimità, tutta la comunità scientifica mondiale degli specialisti del clima. Tranne qualche sporadica resistenza cui però viene data inspiegabile e eccessiva importanza da parte dei mezzi di comunicazione, tanto che parte dell’opinione pubblica è portata a ritenere che gli scienziati non abbiano tutti la stessa idea sul cambiamento climatico, come invece è, ma presentino diverse opinioni. Viene così dato rilievo a un negazionismo climatico che si impernia sulle responsabilità, che non sarebbero dei sapiens, ma del sole, dei vulcani, delle irregolarità dell’orbita terrestre e dei cicli naturali in generale.

Posizione dei continenti, correnti oceaniche, radiazione solare e orbita della Terra agiscono effettivamente sul clima su tempi lunghissimi, ma possono spiegare l’attuale cambiamento su tempi così accorciati? I dati della Nasa affermano che, dal 1900 fino agli Anni 50, l’irraggiamento solare è aumentato, ma ciò ha avuto un effetto modesto sul clima dell’inizio del XX secolo, spiegando fino al 10 percento del riscaldamento verificatosi dalla fine del 1800. Inoltre, nella seconda metà del secolo, quando si è verificato il maggior riscaldamento, l’attività solare è effettivamente diminuita. Dunque la radiazione solare non è la forza trainante del cambiamento climatico attuale. Infine, se fosse dipeso dal Sole, tutti gli strati dell’atmosfera avrebbero dovuto riscaldarsi, invece i dati mostrano che l’alta atmosfera si è effettivamente riscaldata relativamente meno negli ultimi decenni, un segno distintivo che il riscaldamento è dovuto all’effetto serra. Sole quindi “più fresco” e atmosfera più calda.

I vulcani possono influenzare il clima emettendo anidride carbonica, anzi è proprio per questo che la Terra è abitabile. Ma rispetto alle moderne emissioni antropogeniche, anche le grandi eruzioni sono solo una goccia nel mare: quella del Mount Saint’Helen (1980) ha rilasciato nell’atmosfera circa 10 milioni di tonnellate di CO2 in sole nove ore, ma attualmente l’umanità impiega solo 2,5 ore per emettere la stessa quantità, e le emissioni dei sapiens sono incessanti e incrementano ogni anno. Inoltre le eruzioni raffreddano l’atmosfera, liberando aerosol e particelle, non la riscaldano.

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Catanzaro, scossa di terremoto con magnitudo 4.3. Il sindaco: “Non ci sono danni”

giovedì, Ottobre 13th, 2022

Un terremoto di magnitudo 4.4 è avvenuto nella zona della Costa Ionica Catanzarese (Catanzaro), ed è stato avvertito intorno all’una di notte. Il terremoto è stato localizzato dalla Sala Sismica Ingv-Roma e ha avuto ipocentro a 36 km di profondità ed epicentro in mare in prossimità di Catanzaro Lido. La scossa, che al momento non avrebbe causato danni o feriti, è stata avvertita dalla popolazione che è scesa in strada. Il sindaco Nicola Fiorita dopo la forte scossa di terremoto con un’ordinanza ha chiuso le scuola confermando, però, che “Non si registrano danni”. Numerose le persone che si sono riversate fuori casa.

LA STAMPA

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