Archive for the ‘Sanità’ Category

Il Viagra online illegale: 2,4 milioni di clienti italiani. Ecco dove si vende e tutti i rischi

lunedì, Febbraio 21st, 2022

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

La paura degli effetti collaterali è esplosa con la campagna vaccinale, spinta dall’attenzione verso un farmaco messo inizialmente sul mercato con un’autorizzazione in via emergenziale, tant’è che i vaccini contro il Covid sono i più osservati di sempre, e ogni minimo sintomo viene segnalato al medico e alla farmacovigilanza. Su altri medicinali la preoccupazione sta a zero. Prendiamo quelli contro la disfunzione erettile: Viagra (a base di Sildenafil), Cialis (a base di Tadalafil) e Levitra (a base di Vardenafil), e i generici con gli stessi principi attivi. Nel 2020, ultimi dati Aifa disponibili, le vendite ufficiali ammontano a 212,9 milioni di euro per 41,4 milioni di dosi, collocandoli tra i farmaci più venduti di fascia C (ossia non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale) dopo il paracetamolo e gli ansiolitici a base di benzodiazepine. L’Italia è il secondo Paese al mondo per consumo dopo la Gran Bretagna.

In farmacia e solo con ricetta: gli effetti collaterali

Devono essere venduti solo in farmacia e su prescrizione medica, perché rischiosi (d.lgs. 219/2016, art. 112-quater comma 1). Le reazioni avverse del Viagra sono segnalate da Ema. Quelle molto comuni (più di 1 su 10): mal di testa. Le comuni (1 su 100): vertigini, disturbi visivi, vampate di calore, congestioni nasali e nausea. Uno su 1.000: rinite, sonnolenza, congiuntiviti, vertigini, tachicardia, palpitazioni, ipertensione, epistassi, vomito, dolori addominali e dolori al petto, frequenza cardiaca aumentata. Uno su 10.000: morte cardiaca improvvisa, infarto, aritmia e fibrillazione atriale.

Chi li compra: i numeri del sommerso

Dalle statistiche della Società italiana di Urologia su 3 milioni di maschi italiani che hanno il problema il 13% del totale, solo 600 mila, seguono una terapia; vuol dire che gli altri 2,4 milioni sono potenzialmente gli acquirenti che si rivolgono al mercato web illegale. Lo sono, come confermano urologi e andrologi, soprattutto i giovani che assumono la pillola per fare fronte all’ansia da prestazione, e per i quali sarebbe più utile invece un colloquio con uno psicologo. A questi numeri si sommano quelli che sfuggono alle statistiche: i consumatori di serate hard, dove insieme alla pillola blu si assumono anche stupefacenti.

(…) su 3 milioni di maschi italiani che hanno il problema il 13% del totale, solo 600 mila, seguono una terapia; (…) altri 2,4 milioni sono potenzialmente gli acquirenti che si rivolgono al mercato web illegale

Le farmacie online: come funzionano

Online possono essere venduti solo medicinali senza obbligo di ricetta e solo da farmacie o «corner della salute» autorizzati. Per rendere immediatamente riconoscibili gli esercizi commerciali con il permesso di vendere farmaci, il ministero della Salute ha predisposto un «logo identificativo» da esporre sulla pagina web: all’utente basta cliccare sul logo e, se tutto è in regola, viene rinviato all’elenco delle farmacie autorizzate. Tutte le altre sono fuorilegge. A metà febbraio ne abbiamo contate almeno 46 che offrono illegalmente in Italia il Viagra e gli altri farmaci contro la disfunzione erettile: non viene chiesta la ricetta medica, il prezzo è più basso di almeno il 30% (intorno ai 10 euro a pillola spacciata per una compressa da 100 mg di Viagra contro i 15-16 euro di quella originale Pfizer), tempo per completare l’ordine 3 minuti, consegna in 4-7 giorni, pagamento anche in bitcoin, garanzia di anonimato, recapito in busta non identificabile. Ma chi c’è dietro a queste farmacie che operano spudoratamente alla luce del sole? Vediamolo, con l’aiuto della società milanese di cyber security Swascan (gruppo Tinexta spa) guidata dal ceo Pierguido Iezzi.

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Medici di base in crisi dopo la pandemia, sanità senza assistenza

domenica, Febbraio 20th, 2022

Paolo Russo

ROMA. Nell’agosto del 2019 il numero 2 della Lega, Giancarlo Giorgetti, la Caporetto dell’assistenza domiciliare dell’annus horribilis 2020 l’aveva a modo suo preannunciata, quando scatenando le ire dei diretti interessati disse: «Nei prossimi cinque anni mancheranno 45 mila medici di base, è vero. Ma chi va più da loro? Oggi nel mio paese vanno a farsi fare la ricetta, ma chi ha meno di 50 anni va su internet a cercarsi lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico di famiglia, quella roba lì, è finita». Parole coerenti con quello che proprio il Carroccio ha perseguito nei sui numerosi anni di governo della Lombardia, dove si è puntato forte sui super ospedali e poco sul territorio. Finendo per far travolgere il sistema sanitario lombardo dall’urto della prima ondata di Covid. Ma «quella roba lì», la prima trincea sanitaria dell’assistenza territoriale, alla lunga ha finito per essere spazzata via anche altrove. A dirlo sono i morti. In base all’andamento dei cinque anni precedenti, nel 2020 in Italia si sarebbero dovuti contare 645 mila decessi, ai quali sommare i 74 mila accertati per Covid dalla Protezione civile, per un totale di 719 mila. Alla fine ne risultarono 22 mila in più. Morti di altro? Difficile, visto che la mortalità per incidenti crollò con il lockdown, così come quella per malattie infettive varie. Secondo gli epidemiologi quelle morti occulte sono invece da attribuire al Covid. Persone decedute a casa senza assistenza e quindi nemmeno una diagnosi. Perché i medici di famiglia, senza protezioni e senza un minimo di coordinamento con chi ne sapeva più di loro negli ospedali, se ne rimasero asserragliati nei loro studi deserti. E chi invece andò ad affrontare il virus a mani nude pagò con la vita il proprio coraggio.

Ma anche in seguito, nell’era dei vaccini, il loro ruolo è rimasto sempre marginale. Basti ricordare quando nel 2021 si tentò di coinvolgerli a dare una mano con i tamponi. «Non abbiamo gli studi attrezzati per farli», fu il muro di gomma alzato dal potente sindacato di categoria, la Fimmg. Eppure per l’assistenza territoriale le Regioni schierano un esercito che non è da meno di quello in forza negli ospedali: 42 mila medici di famiglia, 7.400 pediatri di libera scelta, oltre 17 mila medici di continuità assistenziale (le ex guardie mediche), 2.900 medici di assistenza territoriale, altri 1.600 nella medicina dei servizi. In totale 72 mila camici bianchi, con la sicurezza dello stipendio fisso ma senza i vincoli dei dipendenti perché liberi professionisti in convenzione. Quella che ai medici di famiglia con 1.500 pazienti a carico consente di tenere aperti gli studi per 15 ore settimanali, quando la maggioranza dei loro colleghi ospedalieri, oberati di lavoro, ne fa 48.

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Patrizia Popoli (Aifa): «Il vaccino di Novavax da gennaio in Italia. Si conserva in frigo e per diversi mesi»

giovedì, Dicembre 23rd, 2021

di Margherita De Bac

Parla la residente commissione tecnico scientifica dell’agenzia Aifa, dopo l’approvazione del nuovo anti Covid

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Patrizia Popoli, presidente della commissione tecnico scientifica dell’agenzia del farmaco Aifa, direttore centro nazionale di ricerca e valutazione dei farmaci dell’Iss, è appena uscita dalla riunione dove è stato deciso il via libera al vaccino di Novavax.

Qual è il suo valore aggiunto?
«Ha mostrato un’efficacia del 90% in diversi e ampi studi clinici, testato su 50 mila volontari, 30 mila dei quali hanno ricevuto il vaccino. È stato provato anche sugli anziani. L’efficacia si mantiene costante negli ultra 65enni. Nessun evento avverso preoccupante. Inoltre è un vaccino molto maneggevole, da conservare in frigo e per diversi mesi».

Potrebbe risultare più accettato da parte degli esitanti?
«Ha un meccanismo d’azione diverso. Contiene proteine ricombinanti del virus, cioè coltivate in laboratorio. È possibile che questa metodica tradizionale possa risultare più rassicurante per coloro che temono i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna)anche se non c’è nessuna ragione per diffidare degli altri anti Covid, altrettanto efficaci e sicuri».

Protegge dalla variante Omicron?
«I dati degli studi si riferiscono a una popolazione in cui questa variante non circolava. Abbiamo visto però che anche con i vaccini a mRNA, non testati in origine contro il nuovo ceppo virale, si è protetti dalla malattia grave».

Quando sarà disponibile in Italia?
«A partire da gennaio».

È un passo in avanti nella lotta contro la pandemia?
«Certamente. Ora abbiamo in mano uno strumento ideale per i Paesi dove è difficile mantenere la catena del freddo».

Cosa aspetta Aifa a partire con la campagna di terze dosi ai minorenni?
«Ne stiamo discutendo, è possibile che il parere sarà pronto a breve . L’agenzia americana Fda ha già autorizzato la terza dose nei 16-17enni, mentre l’ente europeo Ema ha autorizzato il richiamo solo per i maggiorenni .».

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Omicron, allarme Oms: “Diffusione molto più rapida di Delta”. Il 23 dicembre cabina di regia con Draghi, verso una nuova stretta

domenica, Dicembre 19th, 2021

«Omicron si sta diffondendo rapidamente nei Paesi con alti livelli di immunità della popolazione, molto più di Delta, ma non è chiaro se sia dovuto alla capacità del virus di eludere l’immunità, alla sua intrinseca maggiore trasmissibilità o a una combinazione di entrambi». L’allarme viene dall’Organizzazione mondiale della sanità in un ultimo aggiornamento tecnico sulla pandemia: la variante, si specifica, è ormai presente in 89 Paesi e il numero dei casi raddoppia in 1,5 – 3 giorni nelle zone in cui c’è trasmissione locale del virus. «Dato il numero di casi in rapido aumento, è possibile che molti sistemi sanitari vengano rapidamente sopraffatti».

Madre No Vax salvata nella terapia intensiva di Bolzano, il miracolo di due vite sottratte alla morte: “Non avrei mai perdonato me stessa”

La variante fa paura anche all’Italia, nonostante il nostro paese sia ancora messo meglio rispetto a molti altri europei: per questo il premier Draghi ha convocato una cabina di regia per il prossimo giovedì 23 dicembre a Palazzo Chigi, che lui stesso presiederà. L’ipotesi più probabile è che si vada verso nuove restrizioni, anche se non è chiaro se scatteranno già a Natale o a gennaio.

Favorevole a misure drastiche il virologo Fabrizio Pregliasco che invoca un nuovo lockdown: «Dobbiamo trovare dei modi per mitigare e diluire l’impatto sulla curva dei casi e assorbire al meglio le conseguenze, per questo tutti gli interventi possono aiutare e anche un lockdown ci permetterebbe di gestire meglio l’impatto. Capisco che non è facile ma dobbiamo essere flessibili». Sulla possibilità invece di preferire l’introduzione immediata dell’obbligo vaccinale, Pregliasco avverte che «occorre avere la forza e procedere poi con la fattibilità nell’eseguirlo, non è facile». 

Così in soli due minuti vengono smontate le bufale più frequenti dei No Vax

Nel frattempo, sono in aumento i ricoveri per Covid tra i bambini di età inferiore ai 3 anni: «Si osserva, nelle ultime settimane – si legge nel report dell’Iss – un aumento del tasso di ospedalizzazione nella fascia <3 anni (poco sopra i 4 ricoveri per 100.000 abitanti), mentre nelle altre fasce di età risulta stabile».

«La presenza della variante Omicron era largamente attesa, in linea con quanto osservato anche negli altri paesi, ed è probabile un aumento dei casi nei prossimi giorni» dice il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro che poi aggiunge: «La crescita del numero dei casi depositati testimonia l’efficienza della rete di monitoraggio e dei sistemi messi in campo per seguire l’evoluzione della variante. Restano fondamentali le raccomandazioni date finora, di iniziare o completare il ciclo vaccinale anche con la terza dose, usare la mascherina e seguire le misure individuali e collettive per ridurre al minimo la diffusione del virus».

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Le frustrazioni dentro il Cts e le accuse a Locatelli e Draghi: “Il confronto è solo tra loro”

giovedì, Dicembre 2nd, 2021

ILARIO LOMBARDO

Che qualcosa non abbia funzionato tra Palazzo Chigi, il ministero della Salute e quello dell’Istruzione è ormai chiaro. Meno lo è che lo stop di Mario Draghi alla circolare che avrebbe fatto scattare la didattica a distanza dopo un solo caso in classe di positività al coronavirus è avvenuto in un momento di tensione tra la presidenza del Consiglio e la struttura scientifica del ministero guidato da Roberto Speranza. Dalle confidenze raccolte dopo il pasticcio delle circolari (ricordiamo: la seconda che in meno di ventiquattr’ore smentisce la prima e conferma che non basterà un solo caso positivo per portare tutti, studenti e insegnanti, in Dad) è possibile ricostruire il senso di frustrazione prodotto all’interno del Comitato tecnico-scientifico dallo scollamento tra le decisioni del presidente del Consiglio e le indicazioni dei collaboratori scientifici del ministero. Nelle ultime ore la tensione è salita e tra gli sfoghi ci sarebbero state anche voci, non confermate, di possibili dimissioni tra i membri del Cts. La ragione è semplice e investe le responsabilità di coordinamento e di raccordo con Draghi del portavoce del Comitato, Franco Locatelli.

Spesso, ormai, il premier si confronta solo con il presidente del Consiglio superiore di sanità. Il resto del Cts si sente bypassato, si riunisce su aspetti considerati più marginali o viene chiamato a esprimersi sempre meno, anche sul monitoraggio settimanale dei contagi. Avrebbe dovuto essere Locatelli, sostengono le fonti contattate, a difendere la scelta dei colleghi sulle quarantene, a spiegare perché era necessario, visto l’aumento dei contagi, essere pronti in via prudenziale a una stretta maggiore sulla scuola. Invece, da quanto confermato a Palazzo Chigi, quando il premier lo ha chiamato per ricevere rassicurazioni, Locatelli ha sostenuto che lo stato epidemiologico della curva permetterebbe di evitare, al momento, misure più restrittive.

È quello che vuole sentirsi dire Draghi. La scuola è un tema che lo tocca più di altri: ha promesso niente più Dad generalizzata e finché è possibile vuole mantenere la parola. Il resto è noto: il premier chiama il commissario straordinario all’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, e costringe Speranza e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a far riscrivere la circolare. Insieme stabiliscono che saranno gli uomini e la struttura del commissario a intensificare il tracciamento. Con l’aumento dei casi, i test stanno ingolfando le Asl e aumentando il lavoro di insegnanti e presidi, obbligati a supplire alla mancanza di controlli.

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Speranza: “Ue in azione contro la variante. Lo stop dei voli ci consente di guadagnare tempo”

lunedì, Novembre 29th, 2021

Annalisa Cuzzocrea

Dice Roberto Speranza che l’Italia, da sola, non basta. E che se una cosa l’abbiamo finalmente imparata, in questa disperata e continua lotta contro un virus che muta forma e bersagli, è che l’azione comune – a livello europeo, prima, mondiale, subito dopo – è irrinunciabile.

Alle 13. 30 i ministri della Salute dei Paesi del G7, quindi Italia, Francia, Germania, Canada, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito, si riuniranno per esaminare tutti gli aspetti della variante Omicron. La sua pervasività, la sua forza, le misure da prendere per contrastarla. Subito dopo ci saranno nuove riunioni a livello europeo. «È la prima volta che c’è un coordinamento del genere a livello di Unione europea – fa notare Speranza – stiamo imparando che se chiude un solo Paese, non serve a nulla. L’Italia è stata la prima a fermare i voli dal Sudafrica di fronte alla minaccia di Omicron, ma Stella Kyriakides, la commissaria europea per la Sicurezza alimentare e la Salute pubblica, ha invitato tutti a fare lo stesso con l’appoggio della presidente von der Leyen». Nessuno, né a Roma né a Bruxelles, si illude che basti questo a fermare il Covid-19. «Quello che stiamo facendo – continua il ministro – è comprare tempo. L’effetto è quello di rallentare la variante in modo che i nostri scienziati possano studiarla». Cosa serve sapere, è presto detto: «Innanzi tutto dobbiamo scoprire se Omicron è davvero più veloce e se finirà per sopravanzare la Delta». Poi, «viste le tante mutazioni della proteina Spike, bisogna capire se Omicron indebolisce la protezione data dai vaccini. La nostra opinione, finora, è che i vaccini dovrebbero comunque reggere, ma per avere certezze occorre ancora un po’di tempo».

C’è un problema ulteriore che però Speranza intende porre alla riunione dei ministri della Salute G7. Riguarda l’Africa, il continente che troppo a lungo – nel mezzo della pandemia – abbiamo finto di non vedere. «Ci scambieremo tutte le informazioni che abbiamo su Omicron, ma anche il tema di Co-vax – il programma di aiuti grazie al quale bisognerebbe riuscire a portare i vaccini ai Paesi poveri – va posto con forza. Un’altra lezione imparata, con questa variante, è che bisogna accelerare nell’aiutare chi è indietro. Noi abbiamo spinto molto durante il G20 con l’obiettivo del 40% di vaccinati nel mondo entro il 2021 e del 70% entro i primi sei mesi del 2022». Con tutta evidenza, siamo lontani dall’obiettivo: in Africa solo 15 Paesi su 54 hanno raggiunto il 10% di popolazione vaccinata. Ci vivono 1,3 miliardi di persone, il 17% della popolazione mondiale che finora ha avuto accesso solo al 3% delle dosi di vaccino globali.

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Vaccino Pfizer per i bambini di 5-11 anni. Tutti i dati su rischi e benefici

venerdì, Novembre 26th, 2021

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Ieri, 25 novembre, l’Ema ha dato il via libera in Europa alla vaccinazione sui bambini fra i 5 e gli 11 anni. E ora la domanda che assilla tutti i genitori è: conviene vaccinarli? Dal bollettino dell’Istituto superiore di Sanità risulta che da inizio epidemia al 17 novembre, su 3,2 milioni bambini dai 6 agli 11 anni (fascia di età disponibile dai report Iss) se ne sono contagiati 241.739, sono stati ricoverati 1.407, e sono finiti in Terapia intensiva in 36. Nove i deceduti. Fare due conti può aiutare a pesare meglio i dati: vuol dire che tra chi è risultato positivo al Covid tra i 6 e gli 11 anni, 6 su mille sono andati in ospedale, 1 su 10 mila in Terapia intensiva e 4 su 100 mila sono morti. Come effetto collaterale della malattia può comparire, poi, a settimane di distanza la sindrome infiammatoria multi-sistemica, caratterizzata da febbre alta, sintomi gastrointestinali (dolore addominale, nausea e vomito), insufficienza cardiaca e alterazioni neurologiche: 239 i casi di giovanissimi colpiti secondo il Gruppo di studio di reumatologia della Società italiana di pediatria. Rispetto alla fascia di età dei loro genitori se non vaccinati, i bambini tra i 6 e gli 11 anni rischiano di essere ricoverati 10 volte in meno, 70 volte in meno di finire in Terapia intensiva e 50 volte in meno di morire. Su 2,9 milioni di 40-59 enni oggi non ancora vaccinati, solo negli ultimi 30 giorni si sono contati 19.051 contagi, 1.055 ricoveri, 126 in Terapia intensiva, 46 decessi.

Bambini e adolescenti: qual è il rischio di ricovero

Per avere un quadro ancora più preciso i numeri vanno messi in relazione alla platea da cui provengono, ossia bisogna vedere cosa succede su ogni 100 mila bambini e ragazzi di una determinata fascia d’età. Dai 20 anni in giù: su 100 mila fra i 19-16 anni, 89 finiscono ricoverati e 3 in Terapia intensiva. Fra i 15 e i 12, i ricoverati sono 57, e 2 in Terapia intensiva. I bambini fra gli 11 e i 6 anni: 44 vengono ricoverati e 1 finisce in Terapia intensiva.

Le reazioni avverse negli adolescenti

Adesso vediamo cosa succede su 100 mila ragazzi vaccinati con Pfizer/BioNTech. Il vaccino è stato sperimentato su 1.100 12-15 enni e su 300 16-17 enni. Nel dossier Pfizer non compaiono il rischio di miocardite (un’infiammazione del cuore) e di pericardite (un’infiammazione della membrana che avvolge il cuore). Gli effetti collaterali si sono visti dopo la somministrazione su larga scala, partita a maggio negli Usa e a giugno in Europa: su 100 mila vaccinati da 1 a 4 miocarditi e pericarditi, colpiti nel 70% dei casi i maschi. Per Moderna fino a 10-13 su 100 mila (fonte Ema). Nessun decesso noto.

Il vaccino pediatrico

E siamo al vaccino per la fascia tra i 5 e gli 11 anni. È stato sperimentato con dose pediatrica, cioè un terzo rispetto agli over 12, su 3.116 bambini, e con il placebo su 1.500. L’efficacia riscontrata contro il contagio è del 90,7%. Contro il rischio di ricovero e di finire in Terapia intensiva la protezione è verosimilmente più alta (come dimostra il vaccino sugli adulti). L’Fda ha dato il via libera il 29 ottobre, scrivendo: «Il numero di partecipanti all’attuale programma di sviluppo clinico è troppo piccolo per essere rilevato qualsiasi potenziale rischio di miocardite associato alla vaccinazione. Il vaccino Covid-19 nei partecipanti di età compresa tra 5 e <12 anni sarà studiato in 5 studi sulla sicurezza post-autorizzazione, incluso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare a lungo termine le sequele di miocardite/pericardite post-vaccinazione». Sempre l’Fda specifica poi: «I database di sorveglianza sulla sicurezza dei farmaci israeliani suggeriscono che i tassi di incidenza di rari casi post-vaccinazione di miocardite raggiungono il picco negli individui di età compresa tra 16 e 19 anni, maschi, e diminuiscono negli adolescenti, dai 12 ai 15 anni. Inoltre, la dose per i bambini di età compresi tra 5 e <12 anni è 1/3 della dose somministrata ai vaccinati più adulti (10 mg contro 30 mg). Sulla base di queste informazioni, è ragionevole prevedere che i tassi di miocardite post-vaccino saranno probabilmente ancora più bassi tra 5 e <12 anni di età, rispetto a quelli osservati negli adolescenti di età compresa tra 12 e 15 anni».

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Covid, pressing degli scienziati sul governo: “Una stretta ora per salvare il Natale”

lunedì, Novembre 15th, 2021

Grazia Longo

ROMA. Tra quaranta giorni è Natale e gli scienziati sono già in allarme per il rischio che la quarta ondata di Covid-19 possa allontanare la speranza di tornare a impacchettare i regali sotto l’albero come due anni fa. Gli esperti premono, dunque, sull’esigenza della terza dose di vaccino e sull’opportunità di ridurre la durata del Green Pass o di vincolarlo unicamente al vaccino e non ai tamponi.

Anche il ministro della Salute Roberto Speranza, dallo studio di “Che tempo che fa”, mette in guardia gli italiani: «Il Natale dipende da noi». La situazione richiede, oltre a un’accelerata sui richiami, allerta massima: «In Italia stanno crescendo i contagi ed è necessario alzare i livelli di attenzione. Manteniamo le regole esistenti, ma valuteremo». Il tema è ancora il Green Pass che, al momento, è valido fino alla scadenza dei 12 mesi dal richiamo: «Nessuno finora ha un intervallo di 12 mesi dalla seconda dose, per la durata del Green Pass valuteremo le indicazioni del Comitato tecnico scientifico». Nonostante l’impennata dei contagi siamo lontani dal punto in cui eravamo un anno fa, osserva il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri e rassicura, «Sarà un Natale libero». Ma la clessidra indica la necessità di fare presto.

«Preoccupato per i contagi in vista del Natale» si definisce anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che aggiunge: «Se la comunità scientifica mi dice che dobbiamo farci la terza dose, noi lo facciamo, siamo pronti». Non a caso, oltre che sulla terza dose, all’interno del governo si sta discutendo sulla possibilità di ridurre la durata del Green Pass da 12 a 9 mesi o addirittura a 6 mesi, ma soprattutto si pensa a escludere i tamponi dal certificato verde. In sostanza per avere il Green Pass bisognerà essere vaccinati o guariti.

E dal mondo della scienza arrivano segnali in questa direzione. Il professor Walter Ricciardi, è per il pugno duro: «Via il Green Pass a chi rifiuta la terza dose. E stop rapido ai sanitari No Vax». In un’intervista al Messaggero, il consulente del Ministero della Salute ribadisce che la terza dose al momento è necessaria solo per operatori sanitari, anziani e per tutti coloro che «lavorano a contatto con i fragili» come gli insegnanti visto che i bambini non possono essere vaccinati.

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Il conto della pandemia in terapia intensiva: 28 mila euro a ricovero

giovedì, Novembre 11th, 2021

ALESSANDRO MONDO

Aumentano i contagi e i ricoveri. Un rilancio, quello del virus mai domato, che ha implicazioni non soltanto sanitarie, dirimenti, ma economiche. Vale per le degenze nelle terapie intensive, nelle subintensive e nelle Medicine di urgenza degli ospedali. Nessun confronto con le prime, devastanti ondate della pandemia: certo. Ma nelle rianimazioni e nei reparti tornano ad affluire i malati. Non pazienti «normali»: pazienti Covid, più e meno gravi, bisognosi di trattamenti sofisticati, con costi proporzionali.

Singapore – dove dall’8 dicembre chi non si vaccina per scelta, e si ammala, dovrà pagare di tasca propria le spese mediche – è lontana. Distanza culturale, più che geografica. Così pure la Turingia, dove il presidente, Bodo Ramelow, ha minacciato di non curare più chi non accetterà la somministrazione del vaccino, se dovesse salire eccessivamente la pressione sulle strutture sanitarie. Una scelta precisa, nel primo caso, una minaccia nel secondo. Nessun dubbio, invece, che i trattamenti per strappare alla morsa del Covid chi ne è stato colpito impattano in termini di spese, oltre che per la pressione sulle strutture sanitarie.

Una breve ricognizione sui costi delle degenze in terapia intensiva alla Città della Salute di Torino, tra le maggiori aziende ospedaliero-universitarie in Italia e in Europa, rende l’idea. Come riferimento per stimare il costo medio dei ricoveri è stato preso il periodo marzo–maggio 2020, quando le rianimazioni erano completamente assorbite dai pazienti Covid. Numeri validi anche oggi. La differenza sta nel quadro assai più favorevole, che sovente si sostanzia in degenze più brevi.

Maggioranza di non vaccinati

Restando al dato dell’anno scorso, e prendendo come base una degenza di 9-10 giorni, è stato calcolato un costo medio pari a circa 2.800 euro al giorno. La cifra, scorporata, rimanda al costo del personale (circa 1.108 euro), ai farmaci e al materiale sanitario (circa 624 euro), ad attività sanitarie di supporto (circa 724 euro), più 320 euro di altri costi.

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Covid: rebus anticorpi

martedì, Novembre 9th, 2021

Niccolò Carratelli

ROMA. Almeno una volta, dopo esservi vaccinati, ve lo sarete chiesto. Quanti anticorpi avrò sviluppato contro il Covid? Sarò abbastanza protetto? Dubbio legittimo, tanto più ora che dalla seconda iniezione sono passati magari 4 o 5 mesi. E nel momento in cui, per milioni di italiani, è tempo di programmare la terza dose. C’è chi, per valutare meglio come muoversi, ha pensato di fare un test sierologico, cercando riscontri sulla solidità della sua barriera contro il virus. Nelle ultime settimane la richiesta, nei laboratori privati, è aumentata, ma il problema è che il risultato del test, qualunque esso sia, non è attendibile per sentirsi più o meno al sicuro. La circolare diffusa dal ministero della Salute sulle certificazioni di esenzione alla vaccinazione non lascia dubbi: «Si ribadisce che l’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale – si legge nel documento firmato ad agosto dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza -. Per tale motivo la presenza di un titolo anticorpale non può di per sé essere considerata, al momento, alternativa al completamento del ciclo vaccinale». Insomma, inutile spendere 30-40 euro (o anche di più) per un esame privato in laboratorio: sapere il numero (approssimativo) degli anticorpi non darà certezze per rinviare o evitare il richiamo del vaccino. A oggi, infatti, non conosciamo il cosiddetto «correlato di protezione», cioè non sappiamo quale sia il livello di anticorpi minimo correlabile a un livello di protezione adeguato contro il virus. D’altra parte, non è stato dimostrato che, per una persona già parzialmente o totalmente immune, fare un’ulteriore vaccinazione possa essere pericoloso. Quindi, per la quasi totalità della comunità scientifica, prevedere test sierologici di massa propedeutici alla terza dose, come ha chiesto il presidente del Veneto Luca Zaia, non ha senso. «Sulle strutture sanitarie ricadrebbe un carico di lavoro non giustificato dalle evidenze scientifiche – ha spiegato Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Speranza -. La terza dose prima o poi dovrà essere raccomandata comunque a tutti, anche sotto i 60 anni». Senza contare il costo per lo Stato, da sommare a quello già sostenuto per garantire il vaccino. PUBBLICITÀ

L’ESAME – Metodi diversi in laboratorio oppure fai da te
Il test sierologico rileva la presenza nel sangue di anticorpi contro il Covid. Il nostro sistema immunitario li produce a distanza di 1-3 settimane dal contatto con il virus, sia a seguito di infezione naturale sia in caso di vaccinazione. Sono di vari tipi, con un’efficacia e una durata nel tempo diverse e con differenti bersagli da colpire nelle singole proteine del virus (ad esempio, la famosa Spike).

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