Scuola, si riapre: ecco tutte le incognite e i nodi ancora irrisolti

Flavia Amabile

Domani ci saranno otto milioni e mezzo di studentesse e studenti nelle scuole, secondo il sito Tuttoscuola. Non accadeva da febbraio dello scorso anno. Dal 26 aprile il numero dovrebbe ancora aumentare per effetto della riapertura al cento per cento delle lezioni in aula nelle regioni arancioni e gialle annunciata dal presidente del Cosiglio. Ma non ci sarà un «tutti a scuola». I presidi hanno trascorso la giornata di ieri a chiarire che non possono farcela. «È stato un annuncio ad effetto molto simpatico, ma nella realtà cambierà poco – spiega Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi del Lazio –. La gran parte dei miei colleghi delle superiori sottolinea di non poter garantire le misure di sicurezza in vigore con un rientro al 100%». Ad autorizzare le scuole a non modificare la situazione attuale dovrebbero essere le circolari che saranno emanate dagli Uffici Scolastici Regionali. «Inseriranno la possibilità di continuare al 50% se non riusciranno a rispettare i protocolli di sicurezza», spiega Rusconi. Lo stesso timore emerge anche nel commento dei sindacati, che affidano a una nota unitaria la richiesta di «aggiornare i protocolli di sicurezza, peraltro mai puntualmente applicati, che sono fermi all’estate del 2020». Chiedono di risolvere i problemi dei trasporti e del tracciamento, di proseguire i vaccini e comunque di «consentire» che le scuole «possano auto organizzarsi».

Il caso trasporti, seimila bus in più

Per la riapertura delle scuole «sono stati stanziati 390 milioni per un programma di trasporti pubblici locali da attuarsi con le Regioni», ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Draghi due giorni fa ricordando anche che però una parte dei fondi ancora non è stata spesa, e che ci sono dei limiti alla capienza al 50%, «ma è stato fatto molto». Secondo gli ultimi dati forniti dal ministro Enrico Giovannini dieci giorni fa «risultano programmati fino al mese di giugno 2021 servizi aggiuntivi che prevedono l’impiego di 6.144 mezzi, anche privati, con un onere finanziario complessivo di circa 320 milioni di euro». In totale «sono state stanziate dall’inizio della pandemia e fino ad oggi risorse pari a circa 2,3 miliardi di euro. Dette risorse sono destinate sia alla compensazione dei minori ricavi tariffari, sia, nella misura di circa 453 milioni come concordato in sede di Conferenza Unificata, al finanziamento dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico». Un potenziamento c’è stato ma ancora non sembra sufficiente se il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga nel commentare le riaperture in un’intervista a Radio24 ha ammesso di essere «perplesso» sulle scuole perché «ci sono dei problemi tecnici importanti». E si augura «una differenziazione molto ampia degli orari». Una scelta di cui si va discutendo dallo scorso autunno. 

I tamponi annunciati non sono mai arrivati

Era agosto quando si iniziò a parlare di tamponi per tornare in classe in sicurezza. Dei tamponi si persero le tracce in autunno. Riapparvero nelle discussioni sul rientro dopo le vacanze di Natale e sono diventati protagonisti del rientro dalle vacanze di Pasqua quando il governo era cambiato e Agostino Miozzo appena nominato consulente dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi per la gestione delle scuole aveva sottolineato la necessità di un piano tamponi regolare negli istituti. Miozzo aveva precisato di essersi ispirato all’esperimento della provincia autonoma di Bolzano che aveva deciso un tracciamento di massa dopo Pasqua con tamponi nasali «fai da te» per tutti gli studenti.

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