Dante, i tedeschi non lo infangano: storia (e bugie) di un blitz inventato

di Roberto Saviano

Dante, i tedeschi non lo infangano: storia (e bugie) di un blitz inventato

Un articolo intelligente ha scatenato l’ira di chi è abituato a fare della cultura l’occasione per un derby, allo scopo di farsi animatore della curva, perché più la tifoseria si arrabbia, più ti si stringe attorno. A nulla vale spiegare che la cultura non è né gara né derby né competizione né status symbol, perché è evidente che, in questa storia, la cultura non c’entra nulla. L’articolo in questione è dell’intellettuale tedesco Arno Widmann ed è uscito sul quotidiano Frankfurter Rundschau nel giorno più simbolico di questo settimo centenario della morte di Dante, il 25 marzo. Commenti indignati, sbigottiti, reazioni isteriche da ogni parte, su siti web, nei telegiornali, e poi prese di posizione scomposte di ministri ed ex ministri, e persino di giallisti, che si sono mobilitati contro il «tizio tedesco».

L’attacco truffa

Il motivo? Dante Alighieri sarebbe stato attaccato. E, all’apparenza si tratta quindi di un nobile motivo e potrebbe anche sembrare ottimo segno l’attività culturale che diventa dibattito, la politica che si nutre di letteratura, i telegiornali che danno finalmente spazio non residuale e notturno alla cultura. Ma è una truffa. Non c’è stato nessun attacco in quest’articolo tradotto qui, in modo che chiunque possa leggerlo e capire facilmente che non aggredisce Dante, non lo definisce plagiatore, non afferma che è anni luce dietro a Shakespeare, non dice che era un arrivista, non dichiara, infine, che gli italiani non hanno proprio niente da festeggiare. Nulla di tutto questo. L’autore dell’articolo vuole dire una cosa diversa sulla quale concorda ogni persona che abbia un minimo di reminiscenze di quello che ha studiato sui manuali di scuola: un testo letterario non nasce mai dal nulla, è come il buon vino, mantiene traccia degli umori della terra da cui è nato. L’idea del genio romantico che si sveglia una mattina e di colpo crea il capolavoro, senza aver prima letto, visto, studiato, approfondito, rimescolato, contaminato, è romantica, appunto!

Dante e l’Islam

La colpa di Widmann è di aver detto questo, che Dante non nasce dal nulla, ma nasce nel solco di diverse tradizioni, come quella della poesia provenzale, che inventa per prima la poesia in volgare. Un’operazione quella della poesia in volgare che, Widmann precisa, Dante fa lievitare. Il fatto che esistano dei precedenti, dice Widmann, non sminuisce Dante, così come non lo sminuisce il fatto che esista persino un testo arabo tra le possibili fonti d’ispirazione dantesca. A torto — ricorda Widmann — gli italiani credettero che Miguel Asìn Palacios volesse sminuire Dante, quando sostenne questo nel suo saggio, «Dante e l’Islam», pubblicato nel 1919. Palacios ipotizzava che tra i materiali che avevano ispirato Dante ci fosse il «Libro della Scala» o della ascesa di Maometto in cielo, un testo escatologico arabo, tradotto in castigliano da un medico ebreo, nel 1264. Proprio questo era del resto la cultura medievale: un ebreo che traduce dall’arabo, e un cristiano che trova la sua traduzione interessante! Nessuno però grida al tradimento della patria o di Dante, quando i nostri italianisti dicono che probabilmente tra le fonti d’ispirazione di Dante si deve considerare lo scrittore lombardo Bonvesin de la Riva, morto nel 1315, e autore di un poema in tre parti: la «scriptura negra», dove si descrivono le pene dell’Inferno, quella «rossa» dove si descrive la passione di Cristo e quella «dorata» dove si parla dei beati del cielo.

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