Massimo Gramellini: “Cogito ergo sum è la frase più truffaldina della storia”

Prevede già che nei commenti a questa intervista si scateneranno gli spiriti bipolari del nostro tempo: “Ci sarà chi urlerà che sono uno stronzo, un buono a nulla, un ciarlatano; chi controbatterà che non hanno capito niente, che la mia è una voce da ascoltare, a differenza della loro che non ha nulla da dire. Ogni mattina alle 7 e 30 succede la stessa cosa appena la rubrica che scrivo sul Corriere della Sera, il Caffè, viene pubblicata online. Sembra che per affermare il proprio punto di vista sia diventato necessario contrapporlo a quello dell’altro, almeno sui social. Credo sia stato Voltaire a dire che dovremmo essere capaci di nutrire dei dubbi, senza farci paralizzare dall’incertezza. Invece, siamo diventati insuperabili nel farci paralizzare dalle certezze”.

Il giorno prima di incontrarlo a casa sua, a Roma, mi scrive di non spaventarmi quando lo vedrò: “Mi troverai influenzato e scatarrante, ma ho fatto il tampone un’ora fa e sono negativo”. La febbre che in questo momento mi sembra gli faccia più paura è quella che sale online. “Non mi capita mai di scendere giù in strada e di sentir gente che mi insulta, come accade quotidianamente online. Finire in pasto al pubblico ludibrio della rete è un fenomeno tipico del nostro tempo. Nel mondo reale magari le persone vorrebbero sbranarsi allo stesso modo. Però, le regole della convivenza glielo impediscono. E sapere che esiste ancora al mondo un po’ di sana ipocrisia è un sollievo. Se la vita vera fosse come quella che si vive online ci sarebbero risse a ogni angolo di strada, episodi di guerriglia urbana nei centri commerciali, gli uffici postali dovrebbero essere presidiati dai caschi blu dell’Onu. Sarebbe un inferno”.

Sapevo che Gramellini era un lettore di Carl Gustav Jung, l’iniziatore della psicoanalisi del profondo. Mi racconta che per alcuni anni è stato in analisi con un junghiano, “allievo del padre di Emanuele Trevi, un pioniere della materia”. Non sospettavo però il suo interesse per il pensiero esoterico. “Questo è l’angolo della mia libreria dedicato all’esoterismo” dice, cercando un libro di un autore di cui mi ha parlato, Georges Ivanovič Gurdjieff. “Franco Battiato l’ha studiato molto. Deve a lui l’idea del centro di gravità permanente. Io l’ho conosciuto grazie a Jovanotti. Sostiene che noi uomini siamo veramente noi stessi solo quando siamo completamente immersi in quello che stiamo facendo nel momento preciso in cui lo stiamo facendo. In tutti gli altri momenti in cui ricordiamo il passato, oppure fantastichiamo il futuro, siamo vissuti da un’entità esterna che in realtà ci governa. Oggi è un concetto alla moda, ma rimane un’esperienza che, quando si traduce in parole, dice sempre meno di quel che veramente è. Una prova della sua validità l’abbiamo avuta durante la pandemia. Quanto siamo riusciti a stare nel presente, in quello che succedeva, anziché dedicarci col pensiero a quel che verrà, o a quello che non è più? Non guardarmi così. Nemmeno io ci riesco per più di trenta secondi al giorno. Però Gurdjieff scriveva che ciò che ti fa bene non è il risultato, ma lo sforzo per raggiungerlo.”

Durante quest’anno, Gramellini è andato nel futuro sino al dicembre del 2080 per scrivere C’era una volta adesso (Longanesi), un romanzo che racconta questi mesi dal punto di vista di un vecchio che ricorda cosa è stato viverlo da bambino.  

Due anni fa sei diventato padre, perché hai scritto da figlio?

In realtà, il vero protagonista non sono io. Con me e mia moglie Simona vive anche suo figlio di nove anni, a cui sono molto legato. Quando ha capito che avrei dato la sua voce a quella del protagonista, mi ha detto: “Guai a te!” Poi se n’è fatta una ragione: ormai ha capito che vivere in casa con due scrittori è una iattura. 

Ipotizzo fosse perché diventare padre non fa smettere di essere figli.

Se intendi dire che essere padri ti fa smettere immediatamente di porre te stesso al primo posto posso confermare che è successo anche a me. Mio padre è cresciuto durante la guerra, aveva sempre paura che io non mangiassi. Noi oggi, invece, siamo ossessionati dal dolore. Una parte di me già si preoccupa di come proteggere mio figlio da qualsiasi cosa possa fargli male. Anche se un’altra parte sa che il dolore è una condizione inevitabile della vita e che sperimentare è il miglior modo per imparare a non farsi travolgere.  

Cosa ti ha reso così diverso da tuo padre?

Mentre aspettavo la nascita di Tommaso, ho letto “Il codice dell’anima” di James Hillman. Hillman dice che noi non siamo fatti solo dai cromosomi che abbiamo ereditato dai nostri genitori, né dall’ambiente che ci ha formato – che, naturalmente, sono molto importanti. Ognuno di noi, sostiene, ha dentro un daimon, un demone, parola che per i greci aveva un’accezione positiva. Riuscire a riconoscerlo e, soprattutto, a seguirlo è ciò che fa di una persona indiscutibilmente quella persona, e non un’altra. Credo sia grazie a lui che ognuno di noi è diverso dai suoi genitori. E questo spesso i genitori fanno fatica ad accettarlo.

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