L’imboscata ad Attanasio in strada, volevano rapire gli «uomini bianchi»

di Francesco Battistini

L'imboscata ad Attanasio in strada, volevano rapire gli «uomini bianchi»

Ore 10,15, villaggio di Kibumba, tre chilometri da Goma. Nella savana più pericolosa del più pericoloso Paese africano, avanzano due jeep bianche. Davanti c’è una missione del World Food Programme, dietro c’è l’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio: l’accompagna un funzionario italiano del Wfp, Rocco Leone, e lo scorta un carabiniere, Vittorio Iacovacci. Due autisti, due bodyguard congolesi, sette persone in tutto: un piccolo e discreto convoglio, solo i distintivi Onu sulle portiere. È una missione informale, l’addetto consolare Alfredo Russo doveva parteciparvi ma all’ultimo è rimasto a casa. L’ambasciatore ha passato la domenica da un amico saveriano, padre Franco Bordignon, e ora in sneaker e occhiali scuri va a Rutshuru per visitare una scuola che deve ricevere aiuti alimentari. Nessuno porta l’auricolare di sicurezza, non ci sono ponti radio d’allerta, la strada è considerata «pulita» e relativamente sicura.

L’agguato è rapido. Simile a tanti da queste parti: un mucchio di pietre nel mezzo della strada Rn4, le macchine costrette a rallentare, a frenare. Dalla boscaglia spuntano sei, forse sette uomini con armi leggere. All’inizio è una raffica d’avvertimento, verso l’alto. Un’altra mira subito alla macchina del diplomatico e uccide l’autista, Mustafa Milambo. L’ambasciatore Attanasio, Rocco Leone e il carabiniere Iacovacci vengono fatti scendere: sono loro l’obbiettivo, i bianchi. I banditi danno ordini in swahili ai tre italiani — «fate presto, camminate veloci!» —, ma parlano fra loro in kinyarwanda: è una lingua ruandese comune tanto tra i fuorusciti hutu delle Fdlr, le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda, quanto fra jihadisti ugandesi Adf che vantano legami con l’Isis e imperversano in questi confini del Congo. Di chiunque si tratti, sembra in tutto e per tutto un rapimento. L’ambasciatore e gli altri vengono fatti camminare per qualche decina di metri. Poi la sorpresa, almeno secondo la versione ufficiale di Kinshasa: compaiono dal nulla i soldati e i ranger governativi, richiamati dai colpi dei banditi, e c’è una sparatoria. Non si sa bene chi ammazza chi. Il carabiniere Iacovacci, 30 anni, latinese di Sonnino, muore subito. L’ambasciatore Attanasio, 43 anni, brianzolo di Limbiate, moglie e tre bambine, è colpito all’addome e perde molto sangue. Lo caricano su un pick-up, la bodyguard di Leone gli tiene la testa: quando arriva all’ospedale di Goma, una ventina di chilometri di strada, non c’è più nulla da fare. Rocco Leone finisce ricoverato, sotto choc, ma senza ferite. Non è chiaro che ne sia degli altri del convoglio: secondo alcune fonti sarebbero stati rapiti, ma padre Bordignon lo esclude. È ancora meno chiaro che cosa cercassero i killer, che certo non agivano per caso. Soldi? O magari un’arma di ricatto sugli investimenti energetici, anche italiani, nel Nord Kivu?

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