Vaccino Covid e penali: i rischi della guerra Ue-AstraZeneca

di Lorenzo Salvia e Fiorenza Sarzanini

Vaccino Covid e penali: i rischi della guerra Ue-AstraZeneca

La regola (generosa) è la stessa. Anche per AstraZeneca, arrivata al braccio di ferro con Bruxelles per i tagli alle forniture del vaccino anti Covid, con uno scambio di accuse che sembra non fermarsi più. Il contratto con l’azienda britannica, come tutti quelli firmati dalla Commissione europea con le altre case farmaceutiche, non fissa le forniture da garantire ogni settimana. Ma stabilisce solo le quote da rispettare ogni tre mesi. All’interno dei trimestri l’azienda può frenare o accelerare il ritmo, a seconda delle esigenze produttive. L’importante è che alla fine di marzo per il primo trimestre, alla fine di giugno per il secondo, e così via, la fornitura venga garantita. Ma anche se questo vincolo non dovesse essere rispettato, le carte in mano alla Commissione europea non sono poi così buone. Senza escludere effetti collaterali sull’ok alla vendita da parte di Ema, ormai questione di ore.

Il contratto

Le penali non sono automatiche, anzi risultano improbabili. A definire i «rimedi» in caso di violazione delle forniture trimestrali deve essere un nuovo accordo tra la casa farmaceutica e la Commissione. La penale può essere uguale al 20% del valore delle dosi non consegnate. Una sanzione abbastanza contenuta, che può essere messa in conto da un’azienda con le spalle larghe e con gli affari che vanno bene. Ma i «rimedi» possono essere anche altri, come la restituzione delle somme versate o addirittura la risoluzione del contratto. Un’ipotesi, questa, che sarebbe un suicidio perché significherebbe rinunciare alla consegne in un momento in cui di vaccini c’è grande domanda e poca offerta.

Le forniture

Da AstraZeneca, in un primo momento, l’Italia doveva avere nel primo trimestre 16 milioni di dosi. Una fornitura, che pur senza suscitare scandalo, era già stata dimezzata qualche settimana fa, scendendo a 8 milioni. Poi è stata ridotta di nuovo con quel taglio del 60% che ha innescato lo scontro con la Commissione europea. Per l’Italia significa avere nel primo trimestre appena 3,4 milioni di dosi a disposizione. Non solo. A proposito della possibilità di risoluzione del contratto, nel secondo trimestre di dosi ne dovremmo avere 24 milioni. Si tratta della fornitura più consistente di tutte, in un momento in cui saremo ancora esposti alle oscillazioni nelle consegne delle case farmaceutiche. E in cui non si sarà ancora concretizzata la strada della parziale autarchia, con la produzione del vaccino italiano Reithera che non arriverà prima dell’estate. Che fare, quindi?

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