L’accordo cinese/ Le regole condivise che servono all’Europa

ROMANO PRODI

Non solo in Italia, ma nel mondo intero, succedono tante cose quando vi è un vuoto di potere. Non voglio in questa sede ritornare su quanto è successo negli Stati Uniti da quando Biden ha vinto le elezioni, perché su questo si è già detto molto. Mi limito semplicemente ad attirare l’attenzione su quanto è avvenuto al di fuori degli Stati Uniti, durante i due mesi e mezzo nei quali il complicato passaggio dei poteri ha lasciato un vuoto nella politica estera del Paese ancora leader del mondo. Partiamo da Est. La Cina si è affrettata in poche settimane ad occupare lo spazio lasciato libero da Trump quando, improvvisamente, si ritirò dal grande progetto di accordo commerciale fra gli Stati Uniti e i Paesi del Pacifico, un progetto nato per emarginare la Cina. Il ritiro, per molti incomprensibile, era dovuto non solo al fatto che il trattato era stato concepito da Obama, ma alla profonda convinzione di Trump che gli Stati Uniti, data la loro forza, dovessero preferire i rapporti bilaterali con i singoli Stati rispetto agli accordi multilaterali. Con questa strategia, Trump ha minato definitivamente il sistema del commercio mondiale, che pure era largamente imperfetto, senza però proporre alcuna alternativa e lasciando del tutto interdetti i suoi alleati. Fedele al principio che la politica non tollera il vuoto, la Cina si è sostituita all’America nell’organizzare un grande mercato asiatico, che comprende quasi un terzo della popolazione e del commercio internazionale di tutto il pianeta. Il fatto straordinario è che questo nuovo schema di accordo, voluto dalla Cina, include anche Paesi strettamente alleati agli Stati Uniti, come il Giappone, la Corea del Sud e Singapore. Da Est ci spostiamo a Ovest, dove l’Europa non è stata da meno in termini di velocità. Dopo sette anni di trattative ad andatura di lumaca, l’Unione Europea ha firmato, con la velocità di un fulmine, uno schema di accordo con la Cina sugli investimenti, sulle regole del commercio, sul ruolo dello Stato e sulle pratiche distorsive esistenti nei rapporti fra Europa e Cina. La fretta europea è stata favorita non solo dal vuoto americano, ma dalla necessità di concludere il progetto di accordo durante il semestre di presidenza tedesca dell’Unione, dati gli immensi interessi germanici nei rapporti economici con la Cina.

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