Ideali mandati in soffitta, così la politica è fragile



Terzo: l’antipolitica populista, rifiutando il governo della competenza, ha fatto calare il silenzio su quella parte del nostro sistema che chiamiamo autorità indipendenti. Erano lo strumento con il quale si assicurava la neutralità dell’azione statale nei settori «sensibili» (ad esempio, le comunicazioni, i trasporti, le fonti di energia, la tutela della vita privata). Sono entrate in un cono d’ombra. Suscitano insofferenza nella politica, o solo appetiti di posti.

Ha acquistato, invece, un ruolo tutto particolare la magistratura, sostituendosi al voto popolare: ieri da essa sono dipese le sorti del presidente della regione Calabria e qualche giorno fa da una sua decisione si è fatta dipendere una candidatura a sindaco di Roma.

Da ultimo, la burocrazia è ogni giorno vituperata, anche da parte di chi ne ha le chiavi, ma è oggetto della più grande incuria (l’apposito centro di cura governativo è «sede vacante»). Per questo si assumono persone con la licenza elementare, inconsapevoli che solo un terzo degli attuali dipendenti pubblici ha il titolo di studi universitari (in Parlamento i laureati sono invece circa due terzi). Per questo si ignorano i più elementari criteri meritocratici nelle assunzioni e nelle promozioni, senza capire che questo vuol dire affidarsi alle clientele, ai partiti, alle caste, ai clan, ai legami familiari. Per questo è potuto passare sotto silenzio il clamoroso fallimento dello sciopero dei dipendenti pubblici proclamato e sostenuto dalle principali centrali sindacali.

Lo storico israeliano Yuval Harari, nel tracciare le vicende dell’uomo, ha ripreso un’idea già accennata in sede sociologica, quella che le istituzioni sono «ordini immaginari», nel senso di non reali, diretti ad assicurare il consenso mediante la cooperazione, per forgiare una società migliore e meno conflittuale. Le torsioni alle quali stiamo sottoponendo le istituzioni italiane sembrano, al contrario, dirette a produrre squilibri e conflitti, compensati in questi ultimi anni soltanto da una maturità sociale che ispira a cercare la forza di insistere e perseverare, sia pure con una «amara serenità» (sono sempre parole di Calvino).

CORRIERE.IT

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