Tra Confucio e Di Maio, Salvini crede nella spallata

E l’ex rottamatore si serve di una battuta che scatena la risata collettiva: “Io accetto solo prestiti”. Poi Renzi incrocia Salvini: “Ciao compagno”.  Ecco, oggi è il giorno della rivincita.  Conte versus Salvini. Raccontano  i leghisti che “Matteo si stia preparando da giorni”.

Il fischio di inizio è alle 15 e 40. Tutto è pronto. La tribuna dei giornalisti parlamentari è stracolma, pubblico delle grandi occasioni. Il Capitano si siede al suo posto. Alla destra c’è Gianmarco Centinaio, protagonista di una rissa finale, alla sua sinistra lo stratega dei giochi di palazzo, Roberto Calderoli.  In abito blu, camicia bianca, cravatta a pois, il leader di via Bellerio si accomoda e inizia a consultare una serie di fogli che ha davanti a sé.  Sembra nervoso a causa dell’ansia da prestazione. Legge, poi tamburella la penna sul banco, poi sottolinea qualcosa, poi ancora scrive qualcosa. Alza gli occhi, li abbassa. Ricorda uno studente del Liceo dopo avere letto la traccia del tema di italiano. I suoi, da Calderoli al capogruppo Massimiliano Romeo, provano a suggerirgli qualcosa. E lui da buon “compagno di scuola” prende nota.

Due banchi più giù c’è Alberto Bagnai, il guru dell’euroscetticismo leghista,  la mente di questa polemica sul Mes. Ecco, a un certo punto il presidente della Commissione Finanze del Senato si mette in piedi e sussurra una cosa all’orecchio di Salvini. E quest’ultimo che fa? Prende la penna e appunta qualcosa su un foglio. L’atmosfera è un po’ questa. Con i leghisti attorno al Capo che lo coccolano, che lo incitano, e che fanno gruppo puntando gli occhi dritto sui banchi del governo in gesto di sfida. E con Giuseppe Conte pronto a riferire qui al Senato sul “Fondo Salva Stati” e a ripetere le parole che ha già detto alla Camera: “Sarei uno spergiuro perché venuto meno al vincolo di essere fedele alla Repubblica. Si è adombrato che avrei tenuto questa condotta per biechi interessi”. L’avvocato del popolo comincia il suo discorso alle 15 e 45. Nei banchi del governo si scorge una assenza di quelle che fanno rumore: non c’è infatti Luigi Di Maio. Ma torniamo all’arringa dell’inquilino di Palazzo Chigi. Salvini rizza le orecchie,  ma subito si distrae. Forse perché troppo preso dalla sua replica, forse per fare un dispetto al vecchio compagno di governo. Scrive, poi cancella, poi riscrive. Non riesce a stare fermo un attimo. I suoi urlano dai banchi rivolgendosi a “Giuseppi”: “E basta ”. A differenza dello scorso 20 agosto Salvini non si scompone, non ci sono da parte sue smorfie. Appare in modalità british. Solo le sue truppe rumoreggiano. A un certo punto nel banco del capogruppo Massimiliano Romeo compare un pupazzetto che ritrae Pinocchio, il Principe di Collodi.  E il pupazzetto diventa l’oggetto di una sospensione dell’aula. La presidente del Senato se ne accorge: “Vedo un Pinocchio”. Pausa. “Ma perché?”. I commessi si mettono alla ricerca del pupazzo e lo fanno sparire. Nel frattempo Salvini sbadiglia e chiede una cortesia a un commesso: “Mi porterebbe un caffé?”. Un soldato del Capitano manda messaggi di questo tenore: “Direi che i 40 assenti di oggi siano già un segnale evidente”. Il riferimento è ai cinquestelle, è sul gruppo di Di Maio che punta tutte le fiches Salvini, convinto che possa riformarsi l’asse Lega-Cinquestelle. D’altro canto, c’è chi come Gianluigi Paragone,   in Transatlantico non solo fa il tifo affinché il governo caschi ma mostra dal suo cellulare il programma dei cinquestelle: “Lo vedete, noi  eravamo per l’abolizione del Mes…”.

Detto questo in aula prevalgono gli sbadigli, la noia. Si fa il conto alla rovescia. Sono tutti in attesa della replica di Salvini. Alle 17 e 10 è il suo turno. Si alza e si rivolge a chi sta guardando la diretta dell’aula in televisione, ovvero al popolo. E’ il solito Salvini che non entra nel merito della questione Mes, restando in superficie, semmai annuncia per sabato e domenica in mille piazze una raccolta di firme  per dire no al meccanismo europeo di stabilità. Salvo poi fare un appello ai cinquestelle: “Non siate complici di questa menzogna”. E che scomoda il filosofo Confucio per sferzare il presidente del Consiglio: “L’uomo superiore è calmo senza essere arrogante, l’uomo dappoco è arrogante senza essere calmo’. Le lasciamo la sua arroganza e ci teniamo la nostra umiltà”. E ancora: “Sui banchi del governo qualcuno sta mentendo: o Conte o Gualtieri”. Premier e ministro dell’Economia ridono. Ma Salvini non ci sta: “Uno di voi due mente”. Va da sé che c’è spazio anche per la campagna elettorale, con tanto di passaggio sull’Umbria, sull’Emilia Romagna. L’obiettivo è sempre e solo Conte: “Guardi là, presidente del Consiglio”. Ma l’inquilino di palazzo Chigi non lo ascolta e continua a fissarlo. Eppure il Capitano vuole insidiarsi nel mezzo delle questione interne alle truppe di Di Maio: “Guardi là quanti banchi vuoti fra i cinquestelle, fossi in lei mi preoccuperei”. La testa è sempre li, a quei cinquestelle che potrebbero far mancare i numeri al Senato.  E anche se a sera Di Maio sdrammatizza, “il M5S oggi più che mai è compatto di fronte alla necessità di dovere rivedere questa riforma”, l’ex ministro dell’Interno rivolge l’appello ai cinquestelle per ben tre volte. Come se da lì possa arrivare la famosa spallata al governo. Solo da lì. “Si vergogni”, conclude il Capitano il suo intervento. Ma è un”si vergogni” che preconizza un altro match con l’odiato avversario Giuseppe Conte.

L’HUFFPOST


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