Cosa sta facendo Parmitano sulla Stazione Spaziale e perché

AMS-02 è di gran lunga il più grande e complesso esperimento presente sulla Stazione Spaziale Internazionale: non è un caso, fin dall’inizio è stato concepito per sfruttare al meglio le risorse fornite dalla Stazione Spaziale, il più grande laboratorio mai realizzato nello spazio, e dal sistema di trasporto rappresentato dalla Shuttle.    

Figura 1: AMS-02 opera sulla Stazione Spaziale Internazionale dal 2011
Figura 1: AMS-02 opera sulla Stazione Spaziale Internazionale dal 2011  

La storia di AMS è molto particolare, si sviluppa lungo 25 anni ed è davvero  avventurosa per un esperimento di astrofisica: la conosco bene avendo partecipato all’ideazione dell’esperimento e avendo svolto il ruolo di vice responsabile.   

Agli inizi degli anni ’90 lavoravo all’esperimento L3 presso il grande anello di accumulazione elettrone positrone (LEP) del CERN, diretto dal premio Nobel per la fisica Samuel C.C: Ting, professore del MIT che svolge le sue ricerche al CERN da più di quart’anni.

Nel 1994 formammo con Ting un piccolo gruppo per discutere quali ricerche fare dopo la fine del LEP. Dopo un po’ di riunioni, decidemmo che la ricerca dell’antimateria nello spazio era la cosa più interessante e che per fare questo occorreva realizzare una versione in miniatura degli esperimenti che operano ai grandi  acceleratori del CERN: AMS, l’Alpha Magnetic Spectrometer,  è infatti  uno spettrometro magnetico, in grado di determinare l’ energia e ed il segno della  carica delle particelle elementari che lo attraversano alla velocità della luce, piegando e misurando la  loro traiettoria in un intenso campo magnetico.

Dotati di vari strumenti di misura in grado di identificare le particelle, gli  spettrometri a tutti gli effetti sono delle macchine fotografiche che riconoscono le particelle che li attraversano, una a una. Al CERN questi rivelatori sono collocati attorno a fasci di particelle che si scontrano producendo decine o centinaia di nuove particelle, nello spazio invece i raggi cosmici passano uno alla volta. 

I raggi cosmici sono delle particelle elementari che percorrono gli spazi interstellari. Accelerate da campi magnetici nel corso di milioni di anni, esse possono raggiungere energie molto più elevate di quelle che si raggiungono con i grandi acceleratori. Naturalmente non si possono controllare come con i fasci agli acceleratori: si possono solo osservare e misurare, un po’ come le gocce di pioggia; più l’energia è alta, meno ce ne sono e più occorre aspettare per misurarne qualcuno.

I raggi cosmici sono principalmente formati da protoni e da nuclei ionizzati degli elementi via via più pesanti, dall’elio in su passando per litio, berillio, boro e così via; uno su venti sono elettroni. Ma esistono anche le antiparticelle: per esempio i positroni, circa un decimo degli elettroni, gli antiprotoni, circa una parte per 10.000 dei protoni e così via. Più sono pesanti più le antiparticelle sono rare: del resto è normale, viviamo in una parte di universo dominato dalla materia. Le particelle di antimateria, quelle che interessano ad AMS, se rallentano ed entrano in contatto con la materia si annichilano, producendo un flash di luce, per cui sono molto rare.

Che l’antimateria esista, che per ogni tipo di particella esiste una antiparticella, lo sappiamo dagli anni ’30 grazie ad una straordinaria intuizione di Paul Dirac che scrisse una equazione fondamentale da cui derivava l’esistenza di una simmetria tra particelle aventi carica opposta. Pochi anni dopo un fisico trentenne, Anderson, scoperse l’antielettrone, il positrone. Per queste scoperte entrambi ricevettero il premio Nobel.

Al momento del Big Bang, materia ed antimateria esistevano in parti equali. Nei primi istanti è avvenuta una annichilazione gigantesca, a cui è sopravvissuta una parte per miliardo della materia: questa è la materia di cui siamo composti noi, i pianeti, le stelle che ci circondano.

Non abbiamo idea di che fine abbia fatto la corrispondente parte di antimateria. In teoria potrebbe essersi separata a sufficienza da avere creato antistelle in grado di creare antinuclei pesanti e via via lo stesso tipo di strutture che caratterizzano l’universo osservabile. Da un punto di vista osservativo, però, la luce emessa da un antistella è assolutamente identica a quella emessa da una stella. Per cui, se c’è antimateria nel cosmo, per identificarla occorre che ci raggiunga.

Secondo i modelli consolidati della fisica dei raggi cosmici, nel corso di tre anni di operazioni nello spazio AMS avrebbe dovuto rivelare un certo numero di positroni e di antiprotoni, qualche antideuterio ma  nessun evento di antielio-3, antielio-4 o antinuclei più pesanti. Deviazioni da queste previsioni sarebbero indizi di nuova fisica. Questo era esattamente quello che volevamo verificare.

Preparammo la proposta di AMS nel corso di pochi intensissimi mesi. Dopo averla pubblicata su una rivista scientifica  internazionale la sottoponemmo  alle principali agenzie di finanziamento di  vari paesi: negli Stati Uniti alla NASA ed al Dipartimento dell’ Energia (DoE), in Italia all’ INFN e poi all’ ASI in Italia. La risposta della NASA fu entusiastica: l’amministratore Goldin si disse disposto a farci fare un volo di prova con una versione prototipale, AMS-01, nel 1998 per poi installarci sulla Stazione Spaziale, per la prima volta, nei primi anni 2000.

Una volta approvato l’esperimento, la costruzione di AMS-01 fu frenetica: in quattro anni sviluppammo uno spettrometro magnetico basato su un magnete permanente realizzato in Cina: mentre i due tipi di rivelatori di particelle che lo equipaggiavano, un grande tracciatore al silicio e il sistema di tempo di volo, furono progettati e costruiti in Italia presso i centri dell’INFN di Perugia,   Bologna e Milano. AMS-01 fu lanciato nel 1998 con la missione Shuttle STS-91 e operò in orbita per 12 giorni, raccogliendo più dati sui raggi cosmici che tutti i precedenti esperimenti realizzati con palloni stratosferici nei 50 anni precedenti!

Il prototipo funzionò perfettamente. Ma non c’era tempo da perdere: subito iniziammo a sviluppare la versione finale AMS-02 che avrebbe dovuto essere installata sulla Stazione Spaziale per  periodi di tre anni, intervallati da ritorni a terra per manutenzione e rifornimento.

Per sfruttare appieno le possibilità di rifornimento periodico garantite dallo Shuttle, la Collaborazione propose di sviluppare un magnete superconduttore raffreddato a elio liquido, avente le stesse dimensioni di quello permanente per mantenere lo stesso tipo di rivelatori. In questo modo si poteva raggiungere un campo magnetico più intenso e identificare i raggi cosmici più energetici che via via venivano osservati. Di questo si occuparono i collaboratori svizzeri e americani.

La collaborazione italiana si era nel frattempo rafforzata con la partecipazione dei gruppi di ricerca di Pisa e Roma: decidemmo di concentrare il nostro sforzo sul completamento dei rivelatori di particelle, che nel frattempo erano diventati otto. L’Italia si trovò così a coordinare la realizzazione di ben sei degli otto sistemi di rivelazione di AMS-02, un ruolo decisamente importante peri ricercatori del nostro paese. 

Ma nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo il primo febbraio 2003. Ricordo ancora quella mattina: mi trovavo a casa e mi chiamarono al telefono per dirmi di accendere la televisione. Fu così che partecipai in diretta all’orrore delle immagini dei frammenti del Columbia che percorrevano i cieli americani prima di schiantarsi a terra.

Cosa sta facendo Parmitano sulla Stazione Spaziale e

Iniziò un lungo periodo molto complesso per la Collaborazione AMS-02. La Commissione Gehman che indagò sul disastro fece la chiara raccomandazione di terminare quanto prima l’impiego dello Shuttle. Conseguentemente, sarebbero stati effettuati  solo i voli necessari per il completamento della Stazione Spaziale. Il volo di AMS-02 fu tolto dal manifesto dello Shuttle e noi ci trovammo nella sfortunata situazione di stare costruendo un complesso  rivelatore spaziale senza la possibilità di poterlo lanciare in orbita.

Assieme a Sam Ting, cominciai una serie di visite al congresso americano per spiegare ai senatori e ai deputati americani l’importanza scientifica di AMS-02 e della collaborazione internazionale. Ricordo benissimo che rimasi sorpreso, molto positivamente, dalla competenza e professionalità dei politici americani: tutti, in modo bipartisan, erano fortemente a favore della scienza scientifica e dell’attività spaziale, e promisero che avrebbero sostenuto una azione sistematica per rimettere AMS-02 nel manifesto della NASA. E così fu: dopo qualche anno, il penultimo volo dello Shuttle, STS134,  fu inserito nel manifesto per lanciare AMS-02 ed installarlo sull’asse principale della ISS.

A questo punto si i trattava però di un volo senza ritorno, in quanto lo Shuttle sarebbe stato, da lì a poco, ritirato dal servizio.

Questo fatto ci poneva un serio problema: il magnete superconduttore consumava elio liquido per potere rimanere a temperature vicino allo zero assoluto: sapevamo che avrebbe funzionato solo 2-3 anni e poi si sarebbe spento.

Decidemmo quindi di ritornare al magnete permanente, che avrebbe garantito un funzionamento praticamente illimitato: i calcoli mostravano infatti che, con opportune modifiche all’apparato, barattando la durata dell’esperimento con l’intensità del campo magnetico, avremmo ottenuto risultati  anche migliori, solo un po’ più lentamente. 

E così è stato: lanciato nel 2011 AMS-02 ha già operato per 8 anni raccogliendo 150 miliardi di raggi cosmici. Dopo la riparazione di Luca, per sostituire il blocco di pompe che mantiene a temperatura costante il tracciatore al silicio, il cuore dell’esperimento che permette di separare particelle da antiparticelle misurandone la carica elettrica, potrà continuare a raccogliere dati per l’intera vita  della Stazione Spaziale Internazionale.

I dati raccolti fino a ora da AMS-02 hanno portato a dei risultati sorprendenti,  pubblicati negli anni scorsi e ad alcune indicazioni, non ancora pubblicate, davvero intriganti. In particolare, quanto riguarda le antiparticelle, sono stati osservati molti più positroni del previsto, concentrati a energie molto elevate (grafico nella figura seguente).

Si tratta di un effetto imprevisto a cui si sta cercando di dare una spiegazione o in termini di un nuovo fenomeno astrofisico, mai rivelato prima, o in termini di nuova fisica. Nel primo caso si tratterebbe di positroni generati da una pulsar, una stella a neutroni in rapidissima rotazione, nel secondo caso dal decadimento o dall’annichilazione di particelle di materia oscura, il tipo di materia che riempie l’universo ma che risulta completamente invisibile e che non abbiamo mai identificato fino ad ora, nonostante decenni di ricerche. 

Figura 2 Misura dell’eccesso di positroni pubblicato da AMS-02 (puntini rossi) confrontato con...
Figura 2 Misura dell’eccesso di positroni pubblicato da AMS-02 (puntini rossi) confrontato con l’interpretazione che l’effetto sia dovuto all’ipotetica esistenza di  una particella di materia oscura dotata di grande massa.   

AMS-02 ha inoltre rivelato alcuni rarissimi eventi compatibili con anti nuclei di elio e antinuclei di deuterio. Si stratta di eventi inattesi e attualmente sottoposti ad attento scrutinio da parte degli scienziati della Collaborazione AMS: infatti sono ancora troppo pochi per potere concludere con certezza che si tratti di un segnale fisico e non di effetti spuri.

Sta di fatto che si tratterebbe di un risultato interessantissimo relativo all’esistenza di evidenza di effetti dovuti a una catena di eventi che ci collega all’antimateria primordiale, che, forse, non è scomparsa dopo il big bang: occorre però accumulare più eventi e questa è la motivazione principale che ha spinto la NASA, tre anni fa, a pianificare  la complessa riparazione che sta realizzando @astro_luca con Drew Morgan. 

Per tutti questi motivi facciamo un tifo da stadio per il lavoro del nostro Comandante spaziale: #VaiLucaVai!

L’HUFFPOST

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.