M5s e il caso Ilva. I duri e puri che remano contro Conte

 La Lezzi, molto seccata per aver perso il ministero, guida la pattuglia di puri-e-duri che mettono in croce Luigi Di Maio e anche Giuseppe Conte. È stata la Lezzi a ottenere che la maggioranza giallorossa cancellasse il salvacondotto giudiziario ad Arcelor Mittal. Gli indiani non aspettavano altro e giocano sporco. Ma giovedì sera a ‘Porta a porta’ Conte è rimasto impassibilmente basito quando – dopo aver detto di esser pronto a restituire l’immunità al signor Mittal – ha sentito Di Maio sostenere esattamente l’opposto. Il presidente del Consiglio sta facendo ogni sforzo per salvare l’Ilva, ma ieri sera a Taranto si è trovato come il procuratore di Giudea al tempo di Cristo: sicuro che la folla tenesse per Gesù, la trovò schierata per Barabba. Ambientalisti e grillini lo hanno assediato chiedendo la chiusura dello stabilimento, mandando sul lastrico diecimila famiglie tarantine, il Pil e l’industria manifatturiera nazionale. Conte non è Pilato e va avanti per la sua strada, ma non si sa bene come possa procedere un governo con queste turbolenze.

Le personalità ragionevoli del Movimento fanno fatica a tenere a bada i puristi. Questi si fanno forti del calo di consensi, ma l’alternativa alla ragionevolezza è un ritorno all’opposizione, il loro vero habitat naturale dove l’ideologia non deve confrontarsi con la realpolitik. Così si capisce perché il Pd non possa concedere un millimetro di terreno in più di quello che ha già dato, pena il suicidio assistito. Noi crederemo alla caduta del governo solo quando il premier lo avrà detto al Quirinale. E non sembra circostanza vicina. A meno che la maionese impazzisca.

QN.NET

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