Cassa integrazione per l’indotto ex Ilva, partono le lettere

Le lettere sono già state inviate. A Taranto, i primi a rischiare il posto di lavoro sono gli operai che lavorano nell’indotto dell’ex Ilva. Alle sei di questa mattina erano già di fronte al cancello cosiddetto “imprese” perché è da qui che entrano ed escono gli impiegati delle ditte esterne. Stiamo parlando di circa 10mila impiegati che si aggiungono ai 10mila dipendenti ArcelorMittal. In maglietta rossa ci sono i metalmeccanici della Fiom: “Vede, vede, cosa c’è scritto? C’è scritto che 46 operai più 4 impiegati finiscono in cassa integrazione, c’è scritto qui. Cinquanta in tutto su cinquantasei”.

E mostra la lettera che l’Enetec, l’azienda che si occupa di progettazioni, costruzioni e montaggi ha inviato ai sindacati e a Confindustria Taranto: “Il ricorso alla procedura Cigo appare oggi inevitabile”, si legge. E a seguire: “In data 4 novembre la Società ha ricevuto da ArcelorMittal comunicazione circa l’avvio della procedura di recesso. Tale circostanza, pur in assenza di comunicazioni ufficiali circa la possibile sospensione degli ordini, pone a rischio tutte le commesse ad oggi in fase di lavorazione”. Nelle condizioni di Enetec ce ne sono tante. Si tratta di tantissime piccole  e medie imprese del territorio che lavorano quasi ed esclusivamente per l’ex Ilva e che adesso rischiano la chiusura, quindi stanno già avviando le trattative per la cassa integrazione.

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