I grillini del Conte bis: altro che vaffa, è giunta l’ora del post-populista a Cinque Stelle

di Susanna Turco

Ogni volta che facciamo un governo mi aumentano le rughe». Sono le due e mezza di martedì 10 settembre, è in pieno svolgimento la seduta per la fiducia al governo Conte II e Paola Taverna, vicepresidente di Palazzo Madama e pezzo grosso del Movimento Cinque Stelle, esce da un ascensore laterale del Senato facendo questa battuta a una sua collega: scherza pesante, è la sua cifra, e dice una verità universale. Più governi, più rughe. Il potere invecchia chi ce l’ha. Ed è così del resto che anche i Cinque Stelle hanno fatto la muta, hanno cambiato la pelle. Populisti quando erano al governo con la Lega di Matteo Salvini, come si potranno definire, adesso: post-populisti?

Post, di sicuro. Siamo ai primi segnali. Il bis-premier Giuseppe Conte di certo ha fatto tutto il giro: partiva élite, si è fatto popolo, adesso è così borbonico da apparire ringiovanito. Modello Dorian Gray. Il ciuffo se possibile ancora più scuro di quindici mesi fa, dismessa però rispetto ad allora qualsiasi rigidità accademica: si è fatto più soffice, spumoso, elastico. La parola chiave del suo primo discorso di presentazione alle Camere, nel giugno 2018, fu «cambiamento». Stavolta più che un termine si tratta di una circonlocuzione, un trittico: verbo all’infinito, seguito dall’espressione «e, in prospettiva», seguita da verbo all’infinito. Esempio base, da leggere calcando sulle virgole: «Affrontare e, in prospettiva, risolvere». Le lentezze della giustizia, le tasse eccessive, l’acqua pubblica, le nomine, qualsiasi cosa. «In prospettiva». È il punto chiave, il vero programma del suo esecutivo. Una specie di garanzia di eternità. Vivere e, in prospettiva, sopravvivere. Il contrario della rivoluzione: pazienza.

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