Gentiloni osservato speciale

L’Italia non conquista la vicepresidenza della Commissione, inizialmente promessa al premier Giuseppe Conte nel Consiglio europeo sulle nomine prima dell’estate, quando il portafoglio per Roma doveva essere la Concorrenza. Va detto che Roma non è mai stata in pole per una delle tre vicepresidenze esecutive, ma per una delle 5 vicepresidenze non esecutive, ora assegnate con questo schema:allo spagnolo Josep Borrell (Alto rappresentante per la politica estera), il greco Margaritis Schinas (‘Proteggere il nostro stile di vita europeo’, con la delega sull’immigrazione), lo slovacco Maroš Šefčovič (Relazioni interistituzionali e prospettiva), la ceca Věra Jourová (Valori e trasparenza), la croata Dubravka Šuica (Democrazia e demografia). E va sottolineato il ruolo, per niente irrilevante, dell’austriaco Johannes Hahn, commissario al budget e amministrazione, risponde direttamente a von der Leyen e ha sotto di sé ben 5 direttori generali.

Ad ogni modo, il punto per l’Italia non è nemmeno la vicepresidenza: anche il predecessore di Gentiloni, il francese Pierre Moscovici, non è vicepresidente nella Commissione Juncker, anche lui ha dovuto ‘mediare’ con il falco Dombrovskis. Il punto è l’impostazione della Commissione: per ora, si parla di flessibilità solo all’interno delle regole esistenti e a patto che si riduca il debito. Di revisione del patto di stabilità e crescita, materia sulla quale si è espresso esplicitamente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non se ne parla.

Oltre che dalle parole della nuova presidente in conferenza stampa, è chiarissimo anche dalla lettera di incarico di von der Leyen a Gentiloni: “Gli attuali alti livelli di debito sono una fonte di rischio e un limite per i governi che vogliono offrire stabilizzazione macroeconomica quando serve. Dovrai guardare a come affrontare i livelli di debito pubblico e privato. Dovrai assicurare l’applicazione del Patto di stabilità, usando la piena flessibilità consentita dalle regole”.

L’accoppiata tra Paolo Gentiloni commissario e Roberto Gualtieri nuovo ministro dell’Economia, esperienza da presidente della commissione problemi economici del Parlamento europeo, è per Bruxelles la garanzia che il nuovo governo di Roma non sfiderà i vincoli europei con la legge di bilancio che dovrà presentare entro il 15 ottobre. All’Italia insomma va una delega importante da gestire secondo regole che Roma però vorrebbe cambiare. Non è proprio una roba da sogno. Una sfida, al limite, ma non una vittoria da stappare bottiglie di spumante, semmai dopo. Chissà.

Von der Leyen parte così. Con un perfetto equilibrio di genere (13 donne sul totale di 27 commissari), geografico e politico. Lei stessa in conferenza stampa sottolinea molto il fatto che le tre vicepresidenze esecutive rispecchiano perfettamente la maggioranza parlamentare che a luglio ha deciso la sua nomina: Dombrovkis per il Ppe, Timmermans per i socialisti, Vestager per ‘Renew Europe’, il gruppo dei liberali di cui fanno parte anche gli eletti de ‘La Republique en marche’ di Macron. Ma il test parlamentare è ancora da vedere: non è detto che tutti i commissari passino la prova delle audizioni in commissione all’Eurocamera a Bruxelles. Rischia il polacco Janusz Wojciechowski, con delega all’Agricoltura, portafoglio importante e operativo per i fondi europei destinati a questo settore, espressione del governo del nazionalista Jaroslaw Kaczynski, ma soprattutto indagato per frode. E potrebbe rischiare anche la rumena Rovana Plumb, commissaria ai Trasporti, candidata di un governo socialista sotto l’occhio del ciclone europeo da tempo per gli scandali di corruzione.

Il primo novembre la nuova Commissione dovrebbe ufficialmente entrare in carica. In era Brexit o post Brexit, si vedrà. “Se Londra chiederà una proroga (della scadenza fissata al 31 ottobre, ndr.) la daremo”, dice la nuova presidente mentre a Londra – si sa – regna il caos sull’uscita del Regno Unito dall’Ue. Intanto la presidente si è premurata di assegnare il portafoglio al Commercio all’irlandese Phil Hogan, riconoscimento politico a Dublino che si ritrova stretto tra Europa e Gran Bretagna e che si troverà sulla linea del fronte nella gestione degli accordi commerciali futuri se Brexit sarà. 

“La neo presidente Ursula von der Leyen riconosce all’Italia il portafoglio più forte che c’è – sottolinea intanto Conte nel giorno del voto di fiducia del Senato al nuovo governo M5s-Pd – La polemica politica e le logomachie sono intense e vivaci, ma vi invito a considerare il commissario come colui che rappresenterà l’Italia intera. Lo farà per cinque anni, sarà un importante presidio non per la maggioranza di turno”.

Domani il premier italiano sarà a Bruxelles per il suo primo colloquio con von der Leyen. Giornata intensa: in agenda anche incontri con il presidente uscente Jean Claude Juncker, il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, il presidente uscente del Consiglio europeo Donald Tusk e quello che subentrerà, il belga Charles Michel. Per Conte sarà la prima visita a Bruxelles nel nuovo corso di governo con il Pd. E giovedì toccherà al ministro Gualtieri il debutto all’Eurogruppo a Helsinki per una prima verifica dei margini di manovra sulla prossima legge di stabilità. La nuova Commissione tende la mano, senza esagerare

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