Una sfida per tutti nel segno della necessità

Se vogliamo proprio trovare una formula, si può dire che quello che Cinquestelle e Pd stanno provando a far nascere è un «governo di necessità». È una necessità innanzitutto per le due forze politiche. Sono come due acrobati che camminano sul filo con un tizio che gli spara addosso. Devono per forza arrivare fino in fondo. Salvini ha incredibilmente sbagliato il primo colpo quando li aveva nel mirino, ora non possono dargli una seconda chance. Per questo alla fine, dopo una giornata convulsa, ancora una volta ieri hanno prevalso, come ogni sera, quelli che l’accordo lo vogliono fare; e così la trattativa, che Di Maio aveva portato a un passo dal fallimento, è stata riaperta da Conte, di cui il Pd si fida ormai di più.

È inoltre un governo di necessità perché per un grande Paese è sempre meglio un governo che una campagna elettorale permanente. Per questo, dalla Merkel a Landini, in tanti hanno fatto conoscere la loro preferenza. E se Salvini se ne meraviglia, considerandolo un complotto straniero, non ha capito l’interdipendenza dei nostri tempi, che spinge giù lo spread ogni volta che l’intesa si avvicina, e induce perfino Trump ad augurarsi che «l’amico Giuseppi Conte» resti a Palazzo Chigi.

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