Governo, dal Pd mossa sul «bis» e condizioni per la squadra I sospetti su Di Maio

«Comincio a pensare che questo governo Di Maio non lo voglia più fare. Ma se ci fosse l’accoglimento delle proposte emerse dalla Direzione del Pd, l’approvazione della nostra road map sulle riforme più l’elenco dei ministeri che vi hanno detto, a queste condizioni il mio veto su Conte presidente del Consiglio non ci sarebbe più».

Chiuso coi suoi più stretti collaboratori nel suo ufficio al Nazareno, in tempo per non perdersi nemmeno un secondo dell’esordio stagionale della Roma né le immagini commoventi del sorprendente ritorno in panchina di Sinisa Mihajlovic, Nicola Zingaretti pronuncia le parole che potrebbero imprimere alla crisi una sterzata decisiva. L’eco delle frasi pronunciate nella conferenza stampa di metà pomeriggio ancora non si è spenta, quel «non sarà un rimpastone» è diventato un mantra. Ma l’apertura alla prima condizione alla condizione posta dai Cinque Stelle, e cioè la riconferma di Giuseppe Conte alla guida del nuovo governo sostenuto da una maggioranza che cambia un colore (dal verde al rosso) mantenendo l’altro (il giallo), c’è. Anche se accompagnata da quell’oscuro presagio che riguarda Di Maio. Quel «comincio a pensare che questo governo non lo voglia più fare», attribuito al capo politico del M5S scomparso dai radar della Capitale per materializzarsi su una spiaggia di Palinuro, lascia aperta una finestra sul possibile showdown.

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