La trappola giustizialista

Cadere nella trappola moralista dei giustizialisti è pericoloso e stupido. Stupido perché loro sono i primi a non far valere la regola quando sono toccati in prima persona, come è successo di recente per le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la sindaca Raggi, non solo indagata ma pure rinviata a giudizio. Feroci con gli avversari, indulgenti con gli amici è la regola, e le rare volte che non viene applicata – come nel caso del presidente grillino del consiglio comunale di Roma – è solo per allontanare rapidamente i sospetti da se stessi.

Se Matteo Salvini arrivasse a sacrificare Siri in nome della tenuta del governo commetterebbe un grave errore e non potrebbe più essere il leader di uno schieramento, qualsiasi esso sarà, che si candida a succedere al vecchio centrodestra. Abbiamo bisogno di qualcuno che difenda lo Stato dalla mania di protagonismo della giustizia e dal suo essere politicizzata. Se ci sono sospetti e indizi si facciano le inchieste e i processi, ma non si permetta ai magistrati di decidere chi ci deve governare con il semplice invio di un «avviso» prima che una sentenza definitiva sancisca colpe e responsabilità.

Se Di Maio applicasse a se stesso il suo moralismo dovrebbe per prima cosa disconoscere suo padre, finito nei guai con la giustizia, e la stessa cosa dovrebbe farla quell’altro fenomeno di Di Battista. Noi stiamo con Armando Siri, non perché mettiamo la mano sul fuoco sulla sua innocenza, ma perché è innocente fino a prova contraria. Come tutti noi.

IL GIORNALE

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