L’intrigo come metodo

Quello che inquieta, dicevamo, è altro e riguarda da una parte la democrazia e dall’altra la sicurezza nazionale, cioè qualcosa che ricorda più la criminalità politica di quella comune o il Decamerone. Perché ormai è accertato che quello di Giulia Sarti non è il classico caso di «revenge porn», cioè di «vendetta pornografica» del fidanzato tradito o abbandonato, se non forse (ma non credo) come concausa. Qui parliamo di telefonini e computer violati e di politici, i grillini, che filmano riunioni (non solo conviviali ma anche di lavoro), che registrano l’audio di incontri e telefonate, che archiviano ogni messaggino e Whatsapp a futura memoria, ovviamente uno all’insaputa dell’altro, pronti a usare questo materiale alla bisogna per difendersi o per attaccare il rivale interno o trarne qualche tipo di vantaggio.

In altre parole, da questa apparentemente banale storia boccaccesca sta emergendo il quadro di una nuova comunità politica fondata non su valori comuni ma sul sospetto, sull’intrigo, sulla bugia, sull’odio personale e sul depistaggio e sul ricatto in stretto contatto – professionale e personale – con strani faccendieri. E non escluderei neppure la manina di qualche pezzo di servizi segreti, da sempre molto legati al Movimento creato da Beppe Grillo attraverso la Link University di Roma, dalla quale stranamente e forse non casualmente proviene molto del personale Cinque Stelle.

Immagino che presto questa storia si mostrerà con il suo vero corpo, che non è solo quello nudo della Sarti. Perché è noto che l’unico cospiratore che può sentirsi al sicuro è quello che cospira da solo. Cosa rara e non certo quella di cui stiamo parlando.

IL GIORNALE

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