Lo “scippo” dei beni culturali: così lo Stato perde i suoi tesori

di Laura Larcan

ROMA Da Leonardo a Mantegna, passando per Tiziano e Tintoretto, abbracciando a volo d’uccello le Grotte di Catullo, i palazzi sul Canal Grande e la Villa Pisani sulla riviera del Brenta, la corsa per l’autonomia della Lombardia e del Veneto passa anche per i grandi tesori d’arte. La strategia sta tutta nello strappo di quella “potestà” statale su musei, monumenti, palazzi, siti archeologici, persino biblioteche e archivi storici, con l’obiettivo di traghettare tutte le responsabilità lontano da Roma e dagli uffici centrali del Collegio Romano. Una scacchiera costruita ad arte, ça va sans dire. Lo si legge con chiarezza nelle riservatissime bozze di intesa tra il premier Giuseppe Conte e i governatori di Lombardia e Veneto che Il Messaggero ha potuto leggere, dove vengono richieste tutte le competenze in «valorizzazione dei beni culturali e ambientali, promozione e organizzazione di attività culturali», e «tutela». Più funzioni, più risorse e più beni saranno dirottati verso il Nord, più forte diventerà il gettito Irpef che potrà conservarsi nei territori lombardo-veneti. Non solo. 

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