Ma che vuole Macron dall’Italia?

Improvvisamente, in un primo pomeriggio qualunque di febbraio, siamo entrati in “guerra” con la Francia. Ma il conflitto arriva in un precipitare di dichiarazioni, risposte, e ragioni esposte e negate, che si susseguono in un percorso affrettato, imprevisto, caotico: nessun passo formale fra i governi delle due nazioni, nessun passaggio istituzionale o telefonata fra i vertici dei due paesi. Precipitiamo nel faccia a faccia Italia-Francia in via extraistituzionale, come se si trattasse di uno scontro fra due partiti. Che, alla fine, è esattamente quello di cui si tratta: due campagne elettorali che si incrociano e che esplodono nello spazio comune europeo.

Il primo colpo arriva da Parigi, ma nemmeno ufficialmente. Arriva in verità da un alert del Financial Times (è la globalizzazione bellezza) che ci annuncia che la Francia ritira “per consultazioni” il suo ambasciatore in Italia. Arriva poi, stilato in due lingue, dal Ministero degli Esteri di Parigi un comunicato stampa, in cui si accusa l’Italia di ingerenze nella politica francese.

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