Di Maio e Di Battista dai gilet gialli con il leader che sogna “la guerra civile”

«Avevamo contatti con loro da una quindicina di giorni e alla fine hanno deciso di incontrarci – spiega – Ne siamo onorati, perché qui in Francia il governo non ci vuole ricevere e invece uno come Di Maio, che è vicepremier, è venuto fin qui per conoscerci. Per noi è anche l’inizio di un riconoscimento internazionale». Loro cercano questo riconoscimento. Di Maio, invece, una sponda francese e un alleato per dare forma a un gruppo alternativo a socialisti, popolari e sovranisti. Per ora la ricerca si è fermata a tre piccoli partiti, tra cui uno polacco , Kukiz 15, il cui leader, un ex cantante, è accusato di essere xenofobo, omofobo e antiabortista. Di Maio spera nei gilet gialli per dare maggiore visibilità e solidità alla sua strana alleanza europea. Anche se Chalençon è costretto a frenare gli entusiasmi e smentire l’accordo dopo l’avvertimento di un altro leader dei gilet, Eric Drouet, «contrario a ogni iniziativa politica fatta a nome» del movimento .

Nessuna alleanza, dunque? «Un’alleanza sarebbe un matrimonio – continua Chalençon – Non andiamo troppo in fretta. Noi preferiamo dire che siamo diventati concubini. Vorremmo avere la libertà di svegliarci la mattina a letto insieme ma di poterci rimettere le mutande e andarcene». «Ci sono tanti luoghi comuni sui 5 Stelle, soprattutto qui in Francia -continua -. Dato che sono alleati della Lega Nord, una formazione di estrema destra, si pensa che lo siano anche loro. Ma non è vero, siamo stati rassicurati. E ci siamo resi conto che abbiamo molti punti in comune, soprattutto l’attenzione alla democrazia diretta». Con Di Maio hanno parlato di Rousseau, e della promessa di mettere a disposizione la piattaforma della Casaleggio. «Dovrebbe essere complementare con la nostra e potremmo utilizzarla per elezioni future». Ma l’intesa ci sarebbe anche su altro. «La Tav, ad esempio, pensiamo anche noi che sia una cretinata. Spendono soldi per collegare le grandi città e come al solito dimenticano i territori rurali». O i migranti. «Siamo d’accordo che il problema vada curato alla radice, aiutando l’Africa. Ma la spinta deve arrivare da loro, per questo anche noi, come Di Maio, pensiamo che bisognerebbe mettere fine al franco Cfa». Infine, la politica internazionale e il Venezuela. «Anche per noi vale il principio di non ingerenza negli affari interni di un altro Paese. La posizione del M5S riguardo a Caracas è la nostra. D’altra parte, se uno pensa a quello che Sarkozy ha fatto in Libia, andrebbe messo a giudizio e incarcerato».

LA STAMPA

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