I big d’Europa dalla parte di Guaidó. L’Italia resta senza alleati e blocca il testo comune della Ue

Gli aiuti umanitari

Dunque il partito di Matteo Salvini si trova, nei fatti, a sostenere la linea grillina. Una neutralità che piace al Cremlino e che trova consenso in altri otto Stati europei: sono per il non-riconoscimento anche Grecia, Slovacchia, Slovenia, Malta, Cipro, Romania, Bulgaria e Irlanda. Eccezion fatta per Dublino, si tratta di un gruppo di Paesi appartenenti a un’area geografica omogenea, l’Europa sudorientale, non nuova a posizioni filo-russe. Mike Pompeo, il segretario di Stato americano, ha fatto appello proprio a loro: «Li esortiamo a riconoscere Guaidó». Anche il diretto interessato si è rivolto all’Italia, «Paese fratello», per spronarla a «compiere questo passo». Ma Nicolas Maduro ha invece chiesto ai suoi sostenitori europei di «non andare dietro alle pazzie di Donald Trump». Tra i due leader c’è stato anche uno scontro sugli aiuti umanitari, che Maduro continua a rifiutare. Guaidó ha fatto appello ai militari per consentire l’accesso di cibo e medicine, poi ha accusato il rivale di aver spostato i fondi in Uruguay.

La diplomazia Ue

I governi dell’Unione hanno cercato anche ieri un testo di compromesso da firmare in Ventotto. La scorsa settimana l’Italia aveva rifiutato di avallare una dichiarazione che «prendeva atto» della leadership di Guaidó.

I contatti tra le capitali sono proseguiti per tutto il week-end con nuove bozze, molto più generiche. L’ultima si limitava a dare «sostegno all’Assemblea nazionale e al suo presidente» e lasciava il riconoscimento di Guaidó «ai singoli Stati membri». Il testo è stato fatto circolare sulla rete CorEu, il sistema interno di corrispondenza utilizzato per concordare le decisioni di politica estera, con la regola del silenzio-assenso. Se nessuno si oppone, il testo viene approvato. Una risposta era attesa per le 10 di ieri mattina e nessuno ha avuto nulla da ridire.

Tranne l’Italia, che ha chiesto altre tre ore di tempo. Prima di mezzogiorno è arrivato il monito di Mattarella. E alle 13 il governo giallo-verde ha detto «no».

LA STAMPA

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