Siamo in recessione, ma anche di più

Alberto Quadrio Curzio Economista, presidente emerito Accademia dei Lincei

La notizia anticipata ieri dal Presidente del Consiglio Conte e oggi ufficializzata dai dati Istat è brutta anche se era attesa, ma forse non così. Nel IV trimestre il Pil è sceso dello 0,2 sul precedente trimestre cosi accentuando la caduta già registrata nel III trimestre e portando la crescita di tutto il 2018 allo 0,8%. La (de)crescita acquisita del PIL per il 2019 è di meno 0,2%. Per trovare una performance peggiore di questa bisogna risalire al quarto trimestre del 2013 quando l’Italia era ancora nella peggiore crisi da decenni. Le rassicurazioni del Presidente del Consiglio Conte e quelle del Ministro Tria sul fatto che nel secondo semestre ci riprenderemo non bastano e comunque non risolvono i problemi italiani. Che per il vero non dipendono dalle due personalità di Governo citate, ma semmai, almeno in parte, da altri esponenti “innovatori” del Governo. Personalità che daranno la colpa ai precedenti Governi e all’Europa mentre l’opposizione darà la colpa al Governo in carica.

Ci sono alcune ragioni da ambo le parti, ma resta il fatto che da 17 trimestri crescevamo e che il trend di discesa dei tassi si è interrotto con questo Governo. E’ vero che rallenta l’Europa, ma noi andiamo peggio. Regge ancora il nostro export in forza della capacità innovative del manifatturiero concentrate in alcune regione del nord. Troppo poco per far crescere un paese con 60 milioni di abitanti in un contesto di concorrenza internazionale e di innovazione tecno-scientifica. Eppure l’Italia resiste avendo molti punti di forza (risparmio delle famiglie, capacità di sopportare -ma non di ridurre- un debito pubblico enorme, primati mondiali in alcuni settori, ecc.)

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