Così Montanelli difese le vittime del killer rosso

Negl’imbarazzanti resconti dell’indomani, gli attributi di «fascista» e «neosquadrista» scomparvero. Ma quello di «capitalista» rimase, esplicito o sottinteso. Su di esso insisteva anche il solito volantino con cui i criminali rivendicavano l’eccidio presentandolo come un «atto di giustizia proletaria» contro chi, «in nome del sacro valore della merce non ha esitato a decretare ed eseguire sentenze di morte contro migliaia di proletari, colpevoli solo di riprendersi una parte di quel reddito che ogni giorno il capitale e le sue strutture estorcono».

Forse gli assassini del Torregiani erano solo dei malviventi che non avevano nulla a che fare con le organizzazioni terroristiche. Ma se ne usurpavano il messaggio era perché sapevano ch’esso sortiva un certo effetto sulla pubblica opinione, o almeno su quella che tiene ad apparire più «aperta» e «progressista». Infatti l’esecrazione fu contenuta e parsimoniosamente espressa in termini di circostanza: un commentatore cercò addirittura di farseli perdonare scrivendo che il povero morto era, sì, un orefice, ma di serie C, poco più che un rigattiere. Sottintendendo che, se fosse stato di serie A, non avrebbe avuto diritto alla commiserazione. (…)

Il Giornale, 5 novembre 1981

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