Paga il popolo

di RAFFAELE MARMO

Doveva essere la prima manovra del “cambiamento” tutta investimenti e meno tasse. Ma, alla fine del costoso gioco dell’oca con ritorno al punto di partenza senza passare dal via (ma semmai da Bruxelles), ci ritroviamo una legge di Bilancio con meno investimenti e più tasse. Doveva essere la “manovra del popolo”, ma, al dunque, sarà proprio il popolo dei consumatori e degli imprenditori a dover mettere mano al portafogli per tirare fuori qualche migliaio di euro in più tra rincari di balzelli, eco-tasse, e sforbiciata a sconti e agevolazioni fiscali. Per non citare i rincari di mutui e prestiti dovuti allo spread sull’ottovolante. Doveva essere, dopo anni di austerity e rigore, la manovra della politica economica “espansiva”, tutta rivolta alla crescita. E, invece, dopo la “cura” della Commissione europea, siamo di fronte a un drastico, ma realistico, ridimensionamento delle stime sul Pil per il 2019.

Insomma, siamo partiti da una scommessa azzardata, da una manovra-sfida o manifesto sovranista e anti-Europa e siamo finiti a un pacchetto di interventi di finanza pubblica come avrebbe potuto congegnarlo un ministro del Tesoro della tarda Prima Repubblica: risorse congelate, tagli di programmi di investimento, nuove tasse e proroga del blocco del turn over nel pubblico impiego.

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