Così il governo architetta ​la furbata per raggirare la Ue

Augusto Minzolini

Alle 17,30 del pomeriggio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, lascia Montecitorio dal portone di piazza del Parlamento. Il maxiemendamento che dovrebbe ridisegnare la manovra con l’ok di Bruxelles ancora non è arrivato al Senato, ma il numero due della Lega che ormai ha maturato un’allergia verso i grillini, si affida alla speranza: «Alla fine chiuderemo spiega perché a nessuno conviene rompere.

Poi ognuno lo interpreterà a suo modo… All’italiana». Appunto, quell’intesa con l’Europa che ieri il ministro dell’Economia Tria dava già per fatta, forse per mettere Di Maio e Salvini di fronte al fatto compiuto, e Palazzo Chigi ancora no, potrebbe essere nella peggior tradizione italica, un accordo con grandi ombre, che ognuno commenterà a suo modo oggi, lasciandosi margini per il domani. Nel bene e nel male: e questo vale per la Ue, come per il governo italiano.

In fondo è il massimo che si può ottenere dopo mesi di follia, in cui si è scatenata una guerra di parole per poi rifugiarsi in un armistizio per salvare la faccia. «Incrociamo le dita e speriamo di farcela», dice sul portone della Camera che si affaccia su piazza Montecitorio il sottosegretario grillino, Vincenzo Spadafora.

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