Petrolio vola su intesa Opec, ma Wall Street spegne entusiasmi in Borsa

 

L’accordo di Vienna tra i grandi produttori, Opec e non, di petrolio e l’atteggiamento più accomodante della Federal Reserve sui tassi Usa innescano un recupero per le Borse europee insieme anche ai messaggi di Trump sull’avanzamento del dialogo Usa-Cina dopo il caso Huawei. Le Borse europee hanno così chiuso la settimana con rialzi tuttavia contenuti dal netto peggioramento degli indici di Wall Street e in particolare dei titoli tecnologici. Secondo qualche operatore l’andamento della Borsa Usa, già fiacco dopo i dati sull’occupazione, è stato influenzato dalle dichiarazioni del consulente economico della Casa Bianca Peter Navarro sull’aumento delle tariffe verso la Cina in caso di mancato accordo entro 90 giorni. Così Piazza Affari, che è arrivata a guadagnare anche l’1,5%, ha terminato le contrattazioni a +0,53% nel FTSE MIB. Nuovo calo per St (-1%) e per altri titoli industriali come Pirelli, Prysmian e Fiat Chrysler. Deboli i bancari con Bper fanalino di coda (-1,4%) nel giorno delle indiscrezioni su una possibile accelerazione del dossier Unipol Banca. Il possibile passaggio delle attività bancarie a Modena ha invece permesso a Unipol (+4%) di essere tra i migliori di giornata. Brillanti i petroliferi (+5,6% Saipem, +2% Eni) con il greggio in rimbalzo del 4% a 53,6 dollari al barile nel Wti gennaio e a 63 dollari al barile nel Brent febbraio. Sale l’euro/dollaro tornato in area 1,14 (a 1,1396 da 1,133).

Questa mattina a favorire gli acquisti erano state le indicazioni provenienti da Oltreoceano di una Fed più cauta sul rialzo dei tassi che potrebbe adottare un atteggiamento «wait and see» nella riunione del 18-19 dicembre. Parlando in serata all’Economic Outlook Forum della Indiana Bankers Association, il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha ipotizzato apertamente che il rialzo ai tassi Usa possa essere posticipato a gennaio.

Usa-Cina, scende la tensione
Sembrano rientrare i timori di un impatto del caso Huawei sulla trattativa in corso tra Stati Uniti e Cina che potrebbe scongiurare l’introduzione di nuovi dazi commerciali nei prossimi mesi. Senza fare alcun riferimento al caso all’origine del sell-off – l’arresto della direttrice finanziaria del colosso cinese Huawei, realizzato in Canada proprio sabato scorso su richiesta degli Usa – il presidente americano si è detto «d’accordo» a una dichiarazione secondo lui fatta dalla Cina. Nel tweet Trump ha citato la nazione asiatica con la seguente frase: «I team di ambo le parti stanno avendo comunicazioni e stanno cooperando bene. Siamo totalmente fiduciosi che un accordo possa essere raggiunto entro i prossimi 90 giorni». Alla fine della frase lui si è detto «d’accordo».

Fresenius crolla e frena Francoforte
Solo Londra, trascinata da minerari e industria petrolifera (anche se sono stati i supermercati Tesco, +4,1%, a registrare la migliore performance), ha terminato le contrattazioni con un rialzo superiore a un punto percentuale (+1,28 nel Ftse100). L’andamento è stato favorito anche dalla flessione della sterlina britannica (tornata a 0,8937 per un euro e a 1,2744 dollari per un pound) a pochi giorni dal voto del Parlamento britannico, in calendario martedì salvo slittamenti, sull’accordo per la Brexit tra Ue e Regno Unito. Parigi e Madrid hanno guadagnato poco più di mezzo punto percentuale (+0,68% il Cac40, +0,58% l’Ibex35) mentre Francoforte è stata penalizzata (-0,21% in chiusura) dal crollo di Fresenius(-17,7%) e di Fresenius Medical Care(-8,5%), la società che raccoglie le attività relative alle cure dell’insufficienza renale: il gruppo ha rivisto la guidance su 2018 e 2019 annunciando che alla luce di questo i target 2020 non sono più da considerare raggiungibili. A livello europeo gli acquisti hanno favorito energetici e minerari mentre l’auto e la farmaceutica hanno viaggiato sottotono.

Andamento dello spread Btp / Bund

Wti e Brent corrono, accordo fatto sui tagli alla produzione
I prezzi del petrolio sono tornati in netto rialzo, dopo il brusco ribasso delle sedute precedenti e la cautela delle ore scorse. Dopo le indiscrezioni delle ore precedenti, è stato ufficializzato l’accordo per un taglio di un totale di 1,2 milioni di barili al giorno della produzione di petrolio da parte dell’Opec, con il sostegno degli alleati non Opec, a partire dalla Russia. Come comunicato al termine della due giorni di riunioni a Vienna, i Paesi Opec ridurranno l’output di 800.000 barili al giorno a partire dal primo gennaio 2019 e per sei mesi. E’ prevista una revisione ad aprile. I produttori non appartenenti all’Organizzazione contribuiranno con tagli ulteriori per 400.000 barili al giorno, sempre a partire da gennaio. Sono state concordate esenzioni per tre Paesi, ovvero Nigeria, Venezuela e Iran, per altro già penalizzato dall’imposizione di sanzioni. Durante il meeting il ministro all’Energia venezuelano, Manuel Quevedo, è stato nominato nuovo presidente a rotazione per il 2019. Il ministro russo all’Energia Alexander Novak, che già prima della riunione si era detto fiducioso sulla possibilità di trovare un’intesa, ha definito l’accordo «molto razionale», spiegando che «contribuirà a riequilibrare il mercato più velocemente». I future del Wti gennaio salgono del 4% a 53,6 dollari al barile, mentre i contratti di pari scadenza del Brent aumentano del 4% a 62,8 dollari.

Cala lo spread sotto 290 punti
Resiste sotto i 290 punti nel finale di seduta lo spread tra BTp e bund sul mercato secondario telematico dei titoli di Stato. Il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano (Isin IT0005340929) e il pari scadenza tedesco, già partito in calo questa mattina ha accentuato la flessione nel corso della seduta per mantenersi poi ancorato sui 288 punti del closing, dai 297 punti base del riferimento della vigilia. Scende anche il rendimento del BTp decennale benchmark che si attesta al 3,14% dal 3,20% di ieri.

Dati sul lavoro Usa in chiaroscuro, Fed più attendista?
Ad alimentare le “speranze” dei mercati su una Fed più attendista è stato un articolo del Wall Street Journal che ieri ha permesso anche il recupero della Borsa Usa. L’impressione è che la banca centrale americana voglia adottare un approccio attendista in materia di tassi. Secondo il giornale, dentro l’istituto si sta discutendo se segnalare un tale approccio nella riunione del 18 e 19 dicembre prossimi, quando è previsto comunque un rialzo di 25 punti base. Un ruolo, in questo senso, sarà giocato anche dall’andamento del mercato del lavoro che ieri il numero uno della Fed Powell ha definito «molto forte». Per quanto riguarda il dato sul lavoro, a novembre le aziende americane hanno continuato ad assumere ma lo hanno fatto a un passo più lento delle stime, mentre tasso di disoccupazione è rimasto come previsto invariato al 3,7% e sui minimi del 1969. In particolare, sono stati creati 155.000 posti di lavoro, mentre gli analisti attendevano un aumento di 198.000 unità. I salari orari sono cresciuti dello 0,22% su base mensile, mentre le previsioni erano per un +0,3%.

Brexit e Draghi al centro dell’attenzione nei prossimi giorni
Bilancio pesante a livello settimanale per i listini azionari europei: dopo l’avvio promettente, favorito dalla tregua di Buenos Aires tra Stati Uniti e Cina sul fronte commerciale, il caso Huawei e le incertezze sui negoziati dei grandi produttori di petrolio hanno fatto scivolare tutti i listini a cominciare da Francoforte (-4,1%) che è anche la peggiore da inizio anno (-16%). Parigi è scesa del 3,8%, Parigi e Madrid del 2,9% circa. Piazza Affari ha perso complessivamente il 2,3% portando a -14 il saldo da inizio anno. Campari e Italgas sono state le migliori della settimana, mentre StMicroelectronics è caduta del 7,6%. Nella prossima ottava, Brexit e Bce saranno i due temi centrali: martedì il voto del Parlamento Uk sull’uscita dall’Unione europea, giovedì l’appuntamento con la conferenza stampa di Mario Draghi che dovrebbe fornire indicazioni rilevanti sulla fine del Quantitative Easing, su eventuali misure allo studio (in primis il nuovo T-Ltro per i finanziamenti delle banche all’economia reale) e sulle prospettive di rialzo dei tassi di interesse. Per il calendario macroeconomico, focus sull’inflazione e sulla produzione industriale Usa ma anche sull’economia dell’eurozona, in particolare sull’andamento dell’attività manifatturiera.(Il Sole 24 Ore Radiocor)

 

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