Una giornata contro i poteri che non amano l’informazione

di MARIO CALABRESI

Cosa hanno in comune il presidente filippino Duterte e il rivoluzionario a 5 Stelle Di Battista? L’idea che i giornalisti vendano la loro penna: siamo “puttane” nella versione grillina, “presstitute” in quella asiatica.E cosa tiene insieme Matteo Salvini e Donald Trump? Un uso spregiudicato dei social per sfuggire alle domande e per mettere all’indice oppositori, disturbatori e “nemici del popolo”.

Il potere non ha mai amato le domande, le intrusioni, lo svelamento. Ha sempre attaccato chi le faceva e provato a buttarlo fuori strada, ma mai prima d’ora aveva cercato di costruire un fronte comune con i cittadini per squalificare l’informazione. Si rivolge al popolo per convincerlo che è la stampa a tradirlo, perché asservita a interessi diversi e menzognera. E così facendo il potere si presenta come una sorgente di verità indiscutibili.
Se ciò è possibile è evidente che i giornalisti hanno molte colpe, la prima delle quali è di essere apparsi troppo legati allo status quo e troppo poco critici con l’esistente. La stessa accusa che si muove alla sinistra a ogni latitudine: aver perso la capacità di ascoltare.

Non voglio qui difendere la categoria o fare un elenco di meriti per bilanciare gli errori ma denunciare la grande truffa che stanno cercando di venderci.

È una truffa presentare come meravigliosa l’idea che il futuro dell’informazione sia il rapporto diretto tra il potere e i cittadini, senza più bisogno di media e di giornali: è ancora e solo propaganda, da cui diventa sempre più difficile difendersi.

È una truffa che chi governa si presenti come vittima mentre occupa ogni spazio di potere possibile e squalifichi chi osa criticarlo, indicandolo al servizio di presunti contro poteri.

È una truffa essere il potere ma pretendere di avere i caratteri dell’opposizione o delle persone comuni. È solo un modo per non rispondere dei propri atti.

È una truffa chiedere al giornalismo di essere asettico e senza opinioni: è solo un tentativo per trasformarlo in un megafono e svuotarlo di senso critico.

La partita è appena cominciata, sarà lunga e difficile e la nostra società ne uscirà profondamente mutata, ma è indispensabile giocarla indicando ogni giorno manipolazioni e falsità. Proprio per raccontare questa mutazione del nostro discorso pubblico e i pericoli che corre quel sistema di valori che chiamiamo democrazia, vi invitiamo a stare con noi domenica mattina. Per chi sarà a Roma appuntamento al teatro Brancaccio, tutti gli altri potranno seguire la diretta sul sito di Repubblica.

REP.IT

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